Toponomastica coloniale

di Claudio D’Aguanno

UNA RICERCA SUI NOMI DELLE STRADE DEDICATE AI MISSIONARI

Un popolo di Santi e missionari, di naviganti e uomini di mare, di capitani coraggiosi e di virtuosi della fede. E anche, ahinoi, di colonizzatori e inquisitori in tonaca e crocefisso nonché di “portatori di civiltà” a mano armata. Questo infatti il quadro dei rimandi storici che viene fuori da un’attenta lettura della toponomastica della Garbatella la cui prima sistemazione risale ai primi anni del regime fascista.

Come informa un documento firmato dal Regio Commissario Filippo Cremonesi – Cav di Gr Cr la raffica di consonanti dei suoi titoli in sigla- datato 30 luglio 1925 la riqualificazione delle strade del Suburbio Ostiense zona Garbatella divideva “l’aprico quartiere” in due porzioni con la linea di separazione segnata dall’asse piazza Sauli — via Giovan Battista Magnaghi. Al di qua della linea, verso l’Ostiense, si celebravano gli armatori, gli scrittori di cose navali, gli ingegneri nautici. Al di là della stessa, nel versante che saliva lungo via delle Sette Chiese in direzione dell’Appia, si santificava invece il ricordo “dei Missionari italiani i quali —recita il testo regio- contribuirono a diffondere insieme al Vangelo la civiltà mentre i più moderni di essi contribuirono all’incremento della nostra cultura e del sentimento patriottico sia nelle Colonie che all’Estero”. Ed è su questa “bella sintesi” di Vangelo e “moderna” civiltà, di sentimento patriottico e cultura coloniale, che alcuni nomi si staccano dagli altri. Le dediche, riportate nelle targhe, sono scarne e ormai opache per il secolo trascorso ma inevitabilmente, una volta scosse dalla sensibilità dei tempi correnti, appaiono più che bisognose di una sana rimessa in discussione.

Il primo nome è Giovanni da Capistrano. Uomo del XV secolo, definito “missionario e Nunzio”, gode d’una viuzza che da Viale Guglielmo Massaia sbuca davanti la fontana Carlotta. Il colpo d’occhio sulla scalinata disegnata da Innocenzo Sabbatini è particolare ma con la bellezza del posto stride il curriculum vitae di quel figlio d’un barone tedesco fattosi frate e poi diventato inquisitore e quindi santo per “zelo a combattere l’eresia, perseguitare gli ebrei e debellare fraticelli e hussiti”. Facendo un salto di secoli arriviamo all’epoca delle esplorazioni geografiche e delle missioni apostoliche in terra d’Africa dove sempre labile è il confine tra spinte alla conoscenza e mire espansionistiche. “Esplorare prima di combattere” ammoniva Manfredo Camperio, eroe risorgimentale protagonista delle cinque giornate di Milano, fervido sostenitore del diritto italiano a piantare “la bandiera, pacifica e civilizzatrice, così nei mari lontani come nelle terre tutt’ora inesplorate, ove aprire nuovi mercati ai commerci”. Le parole sono del 1887 e si trovano nel suo libro di memorie “Da Assab a Dogali. Guerre Abissine”. E, per tanto merito, una via col suo nome, all’altezza di Santa Galla, sbuca proprio sulla Circonvallazione Ostiense, riva opposta alla sagoma dell’Albergo rosso.
E’ qui che del resto si incontrano alcuni nomi che hanno incrociato sul loro percorso i territori della primissima espansione coloniale italiana. Importante appare la figura del Cardinal Guglielmo Massaia, frate cappuccino presente per oltre quarant’anni nel corno d’Africa, attivo nella diffusione del vaccino contro il vaiolo e degno promotore di opere di bene presso i Galla eppure portavoce di Cavour, e dei suoi successori, nel negoziare con i re locali, principi abissini e signori del Tigrè, la possibile penetrazione commerciale del tricolore sabaudo da quelle parti. Più marcata invece, al confronto, quella di Padre Michele da Carbonara, primo prefetto apostolico in Eritrea e protagonista di un lavoro intenso speso alla riorganizzazione dell’attività missionaria al fine di integrarla con l’esercizio dell’autorità coloniale.

Un nome però che sfugge ad ogni possibile doppia interpretazione è piuttosto quello di Giuseppe Sapeto. La piazza a lui dedicata s’apre tra i lotti 28 e 32 e chiude la spina di quel “quartiere dei sbaraccati” disegnato dall’estro di Giovan Battista Trotta, tra Sant’Eurosia e la scalinata di Carlotta. E’ una piazza piena di luce e storia, anche cinematografica, che però stride con le vicende di cui fu protagonista il personaggio. Missionario dell’Ordine di San Lazzaro, il Sapeto, intorno alla metà del XIX secolo seppe ben conciliare la sua attività di evangelizzatore con quella di esploratore svolgendo missioni anche per conto di Napoleone III. Dopo diverse escursioni nelle regioni dei Mensa, dei Bogos e degli Habab, al ritorno in patria fece poi la sua scelta di vita, abbandonando la Propaganda Fide per dedicarsi alla causa della nostra penetrazione coloniale nel Continente Nero. E’ ricordato per aver dato all’Italia il suo primo porto africano, quello della baia di Assab, che nel 1869 fece acquistare a Raffaele Rubattino, proprietario della famosa Compagnia di Navigazione di Genova, che poi nel marzo 1882 il Governo italiano riscatterà per impiantare qui la sua prima testa di ponte “imperiale” sul Mar Rosso.

Il quadro della toponomastica coloniale si completa “in gloria”, almeno per quanto riguarda Garbatella, con il nome di Padre Reginaldo Giuliani. La sua biografia è un inno al protagonismo cattolico di forte impronta fascista: ardito nel primo conflitto mondiale, sacerdote e predicatore antisocialista, è con d’Annunzio a Fiume alla testa degli squadristi cattolici delle Fiamme Bianche. Arcitifoso di Mussolini, cappellano delle Camicie Nere e sostenitore fomentato dei Fasci italiani di combattimento, il Giuliani a 48 anni si arruola volontario nella guerra d’Etiopia, partendo nell’aprile 1935 quale centurione prete del Primo Gruppo Battaglioni Camicie Nere d’Eritrea sotto il comando del generale Filippo Diamanti. Troverà, da “sacerdote crociato” la morte nel gennaio del 1936 nella battaglia di Passo Uarieu entrando così, di diritto, “nel pantheon dei caduti della rivoluzione fascista”. Il regime fascista del resto non mancherà mai di considerarlo nella propria propaganda e spendendolo poi non tanto come martire cristiano quanto come “perfetto milite fascista, obbediente, spartano, fideisticamente convinto della bontà e del successo della causa nazionale”. La figura di un Padre Giuliani tanto ben marcata finirà dunque per accompagnare tutte le nefande avventure del Fascismo più turpe: dai massacri nella guerra coloniale alla collaborazione col golpe di Franco in Spagna, dalla guerra al fianco di Hitler alla repressione antipartigiana guidata dai repubblichini di Salò.

Oggi via Padre Reginaldo Giuliani, offuscato il dovere della memoria, è solo un taglio d’asfalto che riga il quartiere tra gli Alberghi e la Colombo. Pur tuttavia è l’indirizzo di un liceo come il Socrate, istituto di salde tradizioni democratiche e antifasciste, scuola del tutto inserita nel clima di accoglienza e tolleranza di un quartiere come Garbatella. E a 75 anni dalla Liberazione una assegnazione del genere è, prima che un anacronismo incredibile, un insulto al buon senso e alla storia di questa parte della città.

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail