Ospedale Cto: rilancio, o inarrestabile declino?
di Sandra Girolami
Il vecchio ospedale ortopedico di via San Nemesio è divorato dall’osteoporosi? Sembra proprio di si, visto il progressivo rosicchiamento dei posti letto e il declassamento del Pronto Soccorso. E’ incredibile, ma i circa 160 mila cittadini che abitano nell’VIII Municipio, pur avendo un nosocomio a due passi da casa, quando si rivolgono al pronto soccorso del Cto per emergenze diverse da ferite, fratture od ossa rotte vengono dirottati al San Giovanni, al San Camillo o al Sant’Eugenio. Inutile dire che, a volte, la vita della gente è legata a un filo e mezz’ora di tempo può anche essere fatale. Eppure un cartello ben visibile all’esterno indica proprio “Pronto Soccorso”, con tanto di rampa dedicata per accedervi. In realtà si tratta solo di un punto di primo intervento, tant’è vero che le ambulanze non ci arrivano più da diverso tempo. Manca tuttavia un’adeguata informazione ai cittadini, molti dei quali continuano a recarsi al Cto anche per problemi gravi non ortopedici, che richiedono un servizio di primo livello, senza naturalmente poter ricevere assistenza.
Ma questa non è la sola questione che affligge la popolazione, angustiata nel vedere svuotato quel bellissimo impianto, che tutt’oggi ammiriamo e che ricorda la sperimentazione finlandese del sanatorio di Paimio, progettato dai coniugi Alvar e Aino Aalto negli anni Trenta. La sua costruzione fu un’opera poderosa durata quattro anni e fu il primo nosocomio non strutturato in padiglioni separati, bensì composto da reparti tutti comunicanti tra loro. Nato come ospedale ortopedico e inaugurato nel giugno del 1957 alla presenza del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, il Cto si era arricchito negli anni di altre specialità: urologia, neurologia, oculistica, cardiologia, rianimazione, tutte di ottimo livello. Oggi non c’è più nulla di tutto questo. Per giunta le divisioni di ortopedia si sono ridotte da quattro a due, di cui una week: chiude il venerdì e riapre il lunedì successivo. I posti letto sono passati da circa 430 a 100 e la lista di attesa per un’operazione all’anca, quando va bene, supera i sei mesi; la rianimazione, che aveva dodici posti letto, ora ne ha 6 solo di post acuzie.
E non è finita qui: il reparto di Unità spinale per i medullolesi (fratture alla colonna vertebrale), fiore all’occhiello dell’Ospedale Traumatologico della Garbatella, quando aprì i battenti sotto la direzione del manager prematuramente scomparso Andrea Alesini aveva 38 posti letto, ora ne sono rimasti solo 16, esclusivamente per la riabilitazione. Ferma anche la Gamma Unit, l’apparecchio in grado di bombardare i tumori cerebrali. E’ funzionante, ma non utilizzata perchè le eliambulanze non vi atterrano più, l’elisuperfice costata quattrocento milioni nel 1992 e realizzata dalla Asl per il decollo e l’atterraggio degli elicotteri per i ricoveri di emergenza: un’area di 35 metri quadrati per 50, con un gruppo elettrogeno in grado di garantire il suo funzionamento anche di notte in assenza di alimentazione di rete.
Intanto, dal dicembre 2013 il Cto ospita una Filiale del Centro Protesi di Vigorso di Budrio realizzata dall’Inail per rispondere alla domanda di prestazioni sanitarie protesiche e per garantire una maggiore diffusione del servizio sul territorio nazionale. Autorizzata dalla Regione Lazio, eroga prestazioni protesico-riabilitative in regime residenziale, semiresidenziale non ospedaliero e ambulatoriale. La Filiale, che si avvale di personale altamente specializzato e di attrezzature e tecnologie all’avanguardia, realizza e fornisce protesi personalizzate, eroga il training riabilitativo per un migliore utilizzo dei presidi insieme a trattamenti di rieducazione funzionale per infortunati sul lavoro nel periodo di inabilità temporanea assoluta. Dal settembre 2015 la struttura include il Punto di assistenza, che fornisce a infortunati sul lavoro e tecnopatici dispositivi e ausili personalizzati per la cura e l’igiene personale, la mobilità, la comunicazione e gli adattamenti della casa.
Ma i cittadini continuano ad interrogarsi su quale sarà la fine della storia, che ne sarà dei reparti chiusi e del Pronto Soccorso. Oggi che, grazie alle politiche della Regione Lazio e alla lotta agli sprechi, il deficit sanitario sembrerebbe rientrato, la speranza è che si cominci di nuovo a ragionare sul futuro del Cto e che non sembri una semplice utopia pensare a un rilancio di questa storica struttura, che può tornare ad essere un punto di riferimento vitale per un grosso bacino di utenza, sia a livello locale che per tutto il Centro sud. Noi vogliamo avere l’ardire, quanto meno, di sollecitare questa riflessione.