Lo stracciarolo e la raccolta porta a porta d’altri tempi Alla Garbatella, Leone lo stracciarolo, col suo sgangherato triciclo, era un autentico personaggio

 Lo stracciarolo e la raccolta porta a porta d’altri tempi

Alla Garbatella, Leone lo stracciarolo, col suo sgangherato triciclo, era un autentico personaggio

di Enrico Recchi

stracciaroloE’ di qualche tempo fa l’articolo che si poteva leggere sulla cronaca di Roma di alcuni quotidiani, che raccontava come in alcune zone della periferia romana (Ottavia e Palmarola) la gente avesse raccolto firme e presentato una petizione in municipio per protestare contro il chiasso prodotto dai furgoncini privati che passano più volte al giorno in giro per le strade di quelle borgatee che, armati del classico nastro registrato e del megafono, ricordano agli abitanti che: “Donne è arrivato lo stracciarolo…”, disturbando la quiete pubblica.
No, niente di tutto questo: niente furgoncino, niente voce registrata, niente megafono. Ricordo benissimo che ancora nei primi anni ’70 passava per le vie del nostro quartiere un personaggio storico e davvero antico: “Leone lo stracciarolo”, che con la sua bicicletta trasformata in un triciclo, con un piano di trasporto anteriore, lanciava con la sua voce stentorea il suo grido di battaglia, lento e forte allo stesso tempo: “STRACCIAROLO” con l’ultima “o” che si allungava per poi perdersi nella pedalata.
Forse io ero piccolo , ma a me sembrava un omone forzuto, coi baffi e bei muscoli. In canottiera nei mesi caldi, pedalava per tutta la Garbatella (e forse oltre?), in genere di prima mattina a raccogliere quello che agli altri non serviva più. E come ben sapete alla Garbatella ci sono tante salite (…e discese) quindi era assai dura.
Le donne di casa allora portavano giù quella sedia, o quel mobiletto vecchio e malandato e non più utilizzabile oppure il fagotto annodato che racchiudeva vestiti vecchi (a volte questo innocuo sacco veniva lanciato dalle finestre o dai balconi). Lo stracciarolo raccoglieva tutto, metallo (ottone, rame), vecchi oggetti rotti, bottiglie di vetro (la plastica ancora non ci aveva sommerso). Qualche “pischello” più sveglio raccoglieva le bottiglie per proprio conto per poi cederle al “robbivecchi” (con due B in romanesco) per qualche lira da spendere in figurine, giornaletti, pescetti di liquirizia o, per i più accorti, nell’acquisto del biglietto per il cinema.
Quando a casa non c’era più la possibilità di riparare un paio di pantaloni o una camicia, né quella di passarli ad un fratello o cugino più piccolo, la madre diceva: “Questo lo mettiamo nel sacco degli stracci che poi quando passa Leone glielo diamo”.
Lo stracciarolo poi cercava, appunto tra gli stracci raccolti, qualcosa che ancora potesse avere valore per essere rivenduta. Se invece quei capi di vestiario erano davvero in condizioni disperate allora venivano venduti a ditte specializzate nel recupero dei tessuti e nella cardatura degli stessi attraverso complessi processi industriali. Il cardato, ovvero la materia prima derivante da vecchi tessuti, veniva lavorato fino ad ottenere il tessuto rigenerato.
Parliamo di una professione vera e propria, antica e ben radicata nella romanità, tanto da essere celebrata anche in un sonetto del Belli (“Lo stracciarolo” marzo 1834).
Altro che raccolta differenziata! Era addirittura “Porta a Porta”. Ieri come oggi c’era chi sopravviveva recuperando materiali e cose scartati da altri. Ma lo stracciarolo era un precursore del riciclo e del recupero, una figura di tempi andati quando non si parlava ancora né di ecologia né di raccolta differenziata.

Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 11 – Aprile 2015

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