Il “Manciola”, quel partigiano dell’Albergo Bianco

Il “Manciola”, quel partigiano dell’Albergo Bianco

Breve ricordo di Armando Bartolucci, antifascista della Garbatella

di Gianni Rivolta

Biondo con gli occhi azzurri, Armando Bartolucci lo conoscevano tutti alla Garbatella come il “Manciola”.
Era comunista come tanti altri proletari degli Alberghi suburbani, dove abitava. La sua attività di antifascista cominciò durante gli anni terribili della dittatura e dopo anni di clandestinità dopo l’8 settembre entrò nelle fila dei Gap della VII zona del Pci, insieme al suo amico Spartaco Proietti, a Libero Natalini e ai fratelli Lombardi.
Il “Manciola” era nato il 22 luglio del 1906 e abitava, come tanti proletari sradicati dai quartieri di origine, all’Albergo Bianco della Garbatella, il Lotto 41. Sposò Giovanna ed ebbe otto figli, cinque maschi e tre femmine. Veniva, come molte altre famiglie della Garbatella, da Viale Angelico e fu confinato all’Albergo, in dieci in una stanza: con lui, “attaccacalce” …..

Il “Manciola”, quel partigiano dell’Albergo Bianco

Breve ricordo di Armando Bartolucci, antifascista della Garbatella

di Gianni Rivolta

Armando Bartolucci detto il Manciola

Biondo con gli occhi azzurri, Armando Bartolucci lo conoscevano tutti alla Garbatella come il “Manciola”.
Era comunista come tanti altri proletari degli Alberghi suburbani, dove abitava. La sua attività di antifascista cominciò durante gli anni terribili della dittatura e dopo anni di clandestinità dopo l’8 settembre entrò nelle fila dei Gap della VII zona del Pci, insieme al suo amico Spartaco Proietti, a Libero Natalini e ai fratelli Lombardi.
Il “Manciola” era nato il 22 luglio del 1906 e abitava, come tanti proletari sradicati dai quartieri di origine, all’Albergo Bianco della Garbatella, il Lotto 41. Sposò Giovanna ed ebbe otto figli, cinque maschi e tre femmine. Veniva, come molte altre famiglie della Garbatella, da Viale Angelico e fu confinato all’Albergo, in dieci in una stanza: con lui, “attaccacalce” di professione, la moglie e sei figli, c’erano anche i suoi due fratelli, Aldo e Renato, anche loro antifascisti.
I figli non sapevano nulla della sua attività clandestina e solo dopo la sua morte, avvenuta ad appena 47 anni, seppero dalla madre che cosa aveva fatto loro padre. Compagno irreprensibile e molto determinato, Armando frequentò fin dalla gioventù Spartaco Proietti, Maceo Moretti, Mario Marinelli e Filippo Veneri, un gruppo di antifascisti della Garbatella. Al suo funerale – racconta Cesare, il figlio più giovane – c’era una marea di bandiere rosse lungo Viale Massaia.
A quell’epoca, era il 1954, segretario del Pci alla Villetta era Libero Natalini: “E non bisogna scordarsi che ad occupare l’ex sede del fascio, armi in pugno, insieme a Natalini e a Peppe Lombardi, c’era anche mio padre”. Come tanti antifascisti, Armando era ammonito e sorvegliato dalla polizia ma, grazie alla simpatia di un maresciallo di Ps, spesso riusciva a scappare alle retate.
Anche la moglie, Giovanna “la ranocchiara”, dopo la morte di Armando, continuò la militanza nel partito per lunghi anni. Era una delle più instancabili divulgatrici dell’Unità. Continua Cesare: “Erano tempi magri. Mi ricordo che alcune volte si svoltava mangiando uccelli, ranocchie e “ruelle” ( dei pesci di acqua dolce) che mia madre e mio padre pescavano nelle ‘marane’ qui intorno. Mi ricordo molto bene anche di mia nonna, Angela Tordeschi, che morì inferma sotto i bombardamenti del 7 marzo del “44 all’Albergo Bianco.
L’hanno tirata fuori dopo sette giorni, con mio padre che scavava le macerie con le mani”. Il “Manciola”, combattente antifascista troppo presto dimenticato, nei ruoli della VII Brigata Garibaldi, col grado di sergente maggiore, era vicecomandante della Seconda squadra del 2° plotone (1° battaglione).

 

Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 3 – Marzo 2006

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