Quei “sovversivi” della Garbatella


Quei “sovversivi” della Garbatella

I comunisti irriducibili che operarono negli anni della clandestinità tra la borgata e le fabbriche dell’Ostiense

di Gianni Rivolta

Non hanno avuto targhe alla memoria, medaglie di riconoscimento e la storia delle loro vite si è persa negli anni. Eppure, durante la dittatura fascista, quando tutto sembrava immutabile, un drappello di uomini della Garbatella, come in altre borgate e rioni di Roma, non abbassò la testa al …..


Quei “sovversivi” della Garbatella

I comunisti irriducibili che operarono negli anni della clandestinità tra la borgata e le fabbriche dell’Ostiense

di Gianni Rivolta

Non hanno avuto targhe alla memoria, medaglie di riconoscimento e la storia delle loro vite si è persa negli anni. Eppure, durante la dittatura fascista, quando tutto sembrava immutabile, un drappello di uomini della Garbatella, come in altre borgate e rioni di Roma, non abbassò la testa al Regime, sfidando carcere e confino. Chi erano questi irriducibili sovversivi che hanno mantenuto viva negli anni bui della clandestinità una flebile rete organizzativa, agitando attraverso la propaganda spicciola i temi dell’antifascismo?

Una foto segnaletica di Ruggero Favilla

Per lo più furono comunisti, tutti di estrazione proletaria. Erano muratori, scalpellini e operai delle officine del gas, eredi della tradizione anarchica e socialista, che tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento si era insediata nella zona industriale di Roma, nelle fabbriche dell’Ostiense e del porto fluviale, come nei quartieri residenziali di Testaccio e San Saba.
Quei comunisti “pericolosi” tra la fine degli anni Venti e nei primi anni Trenta si contavano sulle dita di una mano. Giuseppe Favilla era uno di questi. Segatore di pietra e poi stuccatore, abitava all’ Albergo Rosso con la moglie e cinque figli. Era in contatto con Ruggero Galeotti, comunista romano già noto alla polizia, che aveva conosciuto a Lipari al confino. Al suo ritorno alla Garbatella, nel 1931, era stato coinvolto in una nuova catena di cellule che volevano passare alle vie di fatto.
Nell’officina del gas di San Paolo il segretario della cellula comunista, già nel 1928, era Giuseppe Menenti, che aveva casa popolare in via Francesco Saverio Cabrini al Lotto 32. Era amico di Fernando Nuccitelli, pervicace organizzatore di reti sovversive nella Capitale, con cui si incontrava spesso in un bar di via Macerata. Sempre nello stesso Lotto Icp si era trasferito fin da ragazzo Renato Pini, un muratore finito nella rete della polizia politica già nel dicembre del 1928 con Ariosto Gabrielli di Testaccio. Confinato a Ponza, ritornò a Roma nel 1931 per espatriare clandestinamente a NewYork, dove visse nel Bronx. E poi Spartaco Proietti, il verniciatore d’auto del terzo Albergo di via Percoto, che venne arrestato nella retata del marzo 1932 all’osteria delle Tre Rose sull’Ostiense.
Spartaco insieme ad Ariosto Gabrielli, Alfredo Di Giovampaolo operaio del gas, stava ricostituendo una cellula comunista tra i lavoratori della zona industriale.
Ma in quella sera di primavera, in seguito ad una spiata, dalla trattoria del Ponticello uscirono in tredici in manette. I più giovani furono spediti sotto le armi e sorvegliati, altri con precedenti politici furono portati in carcere ed inviati al confino nelle isole.
Furono anni difficili. L’organizzazione clandestina del Partito Comunista d’Italia era continuamente devastata dalle spie. I contatti con il Centro estero del partito
erano spesso interrotti a causa degli arresti dei fiduciari interregionali. Bisognerà attendere l’entrata in guerra dell’Italia perché la situazione cominciasse a cambiare. Le condizioni di vita erano sempre più difficili e il fascismo iniziava a perdere consensi.
Anche alla Garbatella c’erano stati episodi di ribellione popolare. Nel novembre del 1931 e nella primavera seguente le donne della borgata erano scese per le strade contro l’aumento dei prezzi. Avevano preso d’assalto i forni e la milizia non era riuscita ad arginare la protesta che aveva assunto una dimensione di massa. Nei primi anni Quaranta la propaganda antifascista si intensificò. Ma la repressione poliziesca si abbattè nuovamente sulla gracile organizzazione comunista locale. Nel novembre del 1941 l’Ovra mise le mani su una cellula dell’Ostiense, che aveva dei contatti con i giovani intellettuali romani Antonello Trombadori e i fratelli Bufalini.

Sopra, Maceo Moretti. Antifascista abitava nel cuore della Garbatella, in via Carlo Randaccio.

Gli uomini di punta erano Mario Leporatti, studente di lettere, Pio Minù, un disegnatore tecnico che abitava in via del Commercio e Giovanni Maramao. In quell’arresto, che coinvolse più di quaranta militanti, cadde anche Maceo Moretti. Il muratore abitava ai villini di piazza Carlo Randaccio alla Garbatella. Era il cognato di Roberto Forti, uno dei dirigenti di origine operaia della federazione romana, che insieme a Pompilio Molinari aveva traghettato nei primi anni Quaranta il partito comunista clandestino, ancora influenzato da posizioni filotrotzchiste, sotto la guida di una nuova generazione di giovani intellettuali comunisti. La caduta del fascismo il 25 luglio e le giornate di Porta San Paolo nel settembre del ’43 aprirono una nuova fase per il Pci.
Il partito si diede una organizzazione militare al centro e nelle otto zone in cui fu divisa la città. La Garbatella faceva parte della Settima, guidata dal commissario
politico Salvatore Petronari, un facchino dei mercati generali detto “l’avvocatino” e da Giuseppe Lombardi. A Petronari, dopo la sua fucilazione per mano dei tedeschi l’8 ottobre del 1943, subentrò il tipografo Giovanni Valdarchi. Si trattava di più di 200 uomini impegnati nei quartieri di Testaccio, San Saba, Ostiense, Garbatella ed Acilia in azioni di propaganda e di sostegno ai gap di zona in cui operavano i più temerari. In una di queste perse la vita Spartaco Proietti. Era la notte tra il 6 e il 7 novembre e, come tutti gli anni, in occasione dell’anniversario della Rivoluzione russa, sui ponti e sui palazzi della Capitale sventolavano nello stupore generale le bandiere rosse. Spartaco era salito su un traliccio dell’energia elettrica nei pressi dell’attuale Cristoforo Colombo per issarne una. Ma una svista gli fu fatale e cadde a terra fulminato.
Gli americani erano alle porte della città. E nella notte tra il 3 e il 4 giugno del ’44, prima dell’ingresso delle gip a stelle e strisce, un gruppo di gappisti prese d’assalto armi in pugno la sede del Fascio alla Villetta di via Passino. Tra loro c’erano Peppe e Orlando Lombardi, Libero Natalini, Armando Bartolucci, Sandro e Andrea Coltellacci e i fratelli Mario e Alberto Polimanti. Nomi e storie che ricorrono spesso nei discorsi dei vecchi militanti come quelle dei morti alle Fosse Ardeatine, a cui la Garbatella pagò un tributo altissimo: quello dei fratelli Giuseppe e Francesco Cinelli entrambi comunisti, di Enrico Mancini di Giustizia e Libertà, del socialista Libero De Angelis, trucidato per mano dei tedeschi alla Storta il 4 giugno del ’44 insieme al dirigente sindacale della Cgil Bruno Buozzi e ad altri dodici compagni.

 

Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 3 – Dicembre 2006

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