Dalla Garbatella a Parigi lo spirito dei miei quadri

A colloquio con il pittore Duilio Appetecchia

Dalla Garbatella a Parigi lo spirito dei miei quadri

di Pasquale Navarra

Mentre mi avvio verso Largo delle Sette Chiese, dove ho appuntamento con Duilio Appetecchia, pittore, benché ancora non lo conosca penso che l’intervista che seguirà sarà particolarmente stimolante: ritengo da sempre che fra pittura e narrativa ci sia un stretta parentela: entrambe, infatti, creano da qualcosa che già c’è. Ed essendo il sottoscritto un appassionato di narrativa, nonché figlio di un pittore, si può capire la ragione del mio ottimismo.
Siamo entrambi puntuali. Dopo i saluti, mi invita a salire a casa sua, che è proprio di fronte al luogo dove …..

A colloquio con il pittore Duilio Appetecchia

Dalla Garbatella a Parigi lo spirito dei miei quadri

di Pasquale Navarra

Mentre mi avvio verso Largo delle Sette Chiese, dove ho appuntamento con Duilio Appetecchia, pittore, benché ancora non lo conosca penso che l’intervista che seguirà sarà particolarmente stimolante: ritengo da sempre che fra pittura e narrativa ci sia un stretta parentela: entrambe, infatti, creano da qualcosa che già c’è. Ed essendo il sottoscritto un appassionato di narrativa, nonché figlio di un pittore, si può capire la ragione del mio ottimismo.
Siamo entrambi puntuali. Dopo i saluti, mi invita a salire a casa sua, che è proprio di fronte al luogo dove ci troviamo. L’idea della casa di un artista, che ho ben chiara da tempo, mi viene confermata: le pareti del salotto e del corridoio sono interamente occupate dai  suoi quadri: per me questa è una casa normale, cioè “vestita”. Nel presentare se stesso, Duilio mi
dice che è del ’42. Ma l’età conta poco, poiché anche in lui traspare quella reale magia per cui un artista non ha età. Rientra a casa sua moglie, una gradevolissima, semplice, giovane signora.
Per Duilio, la Garbatella è davvero casa sua, non solo perché vi è nato e ci vive, ma soprattutto perché l’identità della Garbatella – mi fa capire – è quella di un quartiere a misura d’uomo. “Spesso si guarda alla pur bella realtà architettonica in modo superficiale”, mi dice, con inconfondibile accento d’artista. “La si ammira, ma con poca immaginazione verso l’essenza poetica del tempo passato.
Una volta, mentre facevo una passeggiata, mi sono fermato davanti alla ‘Scoletta’ (la ‘Casa dei Bimbi’) e ho notato dei particolari che non potevo lasciarmi sfuggire. Sono corso a casa, ho preso tela, pennelli e colori e sono tornato sul posto: ho impresso sulla tela un luogo che tutti conoscono qui alla Garbatella, ma proprio per questo credo, spero, di aver reso un effetto migliore di quello di una fotografia. Si è artisti quando si sa rivelare l’anima delle cose. Non si tratta tanto di immortalarle, ma soprattutto di trasmettere la loro storia e la loro essenza. La parte storica della Garbatella ci ricorda con forza che si capisce il presente se del passato si conosce quel che è ancora vivo, poiché, del resto, passato non è…”. L’identità, l’anima di un quartiere, in effetti, va al di là dei mutamenti prodotti dal tempo che passa. Il mio sguardo intanto lo lascio scorrere sui quadri esposti nel salotto, dove tutti e tre ci siamo accomodati.
Mi soffermo su “La femme du poulet”, opera del ’70, cioè del periodo in cui Duilio visse a Parigi: grande espressività nella vecchina ritratta, quel personaggio realmente esistito che si recava ogni giorno al mercatino della Moutefarde a vendere le sue uova. Poi dedico sguardi intesi ad una natura morta del ’67, a “La maternità”, a “La meditazione”, a “La mela” a “Les femmes de Paris”, a “Il Pensiero”, ad un ritratto della donna dell’artista. Mentre sono assorto, interviene Duilio: “Vedi, nel mio lavoro cerco, ho sempre cercato di far trasparire questo interrogativo: siamo noi che guardiamo gli oggetti o viceversa sono gli oggetti che si offrono a noi?”. Chiedo sia lui a rispondere: “Ci si guarda reciprocamente… Infatti, quando un oggetto ci colpisce, che sia la merce esposta in vetrina o un quadro, l’attrazione è reciproca, poiché quel dato oggetto corrisponde ad una parte di noi…”.
Io continuo a guardare i suoi quadri e Duilio continua a parlarmi: “E’ grazie agli architetti che realizzarono con ricercatezza questo quartiere, la Garbatella, che ho trovato il piacere di trasporlo in pittura. La buona architettura è notoriamente una forma d’arte, quindi la pittura è spesso un’arte nell’arte…”. E’ nel 1965 che Duilio tiene la sua prima mostra, alla Galleria “La Spatola” in Via dei Serpenti; poi due mostre, fra il 1972 ed il 1977, al Museo del Folklore. Qualche anno dopo, un’esposizione a Parigi, alla Galerie Calette di Place des Vosges.
Nel 2001, il Castello del Sangallo di Nettuno ha ospitato la sua “personale”, una vasta rassegna delle sue opere. Infine, nel 2004 e agli inizi dell’anno in corso, Duilio ha esposto presso la sala consiliare del Municipio XI. La conversazione volge al termine, quando Duilio mi fa dono di un privilegio, mi mostra il quadro che deve ancora terminare: “La Scoletta”, sì, “La casa dei bimbi” sullo sfondo di Piazza Nicola Longobardi in un’ambientazione anni ’20. Anche in quest’opera la pittura è molto realistica: pare di sentire il fruscio delle gonne plissettate delle donne dell’epoca, il rumore dei loro passi affrettati. I vari oggetti rappresentati, dal bastone dell’anziano al carretto della frutta, sono vivificati da una luce che non svela un orario della giornata, bensì un modo di essere del quartiere.
Duilio ha in progetto di ritrarre anche la fontana di Carlotta. Avrà così completato i “Sette piccoli grandi angoli della Garbatella”, che saranno i pezzi forti della sua prossima esposizione.

 

Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 2 – Giugno 2005

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