Un giorno di ordinaria follia

La morte assurda di Aldo Murgia, un uomo buono della Garbatella

Un giorno di ordinaria follia

di Guido Barbato

La follia non dovrebbe essere una condizione ordinaria. Invece negli ultimi tempi sembra essere la normalità: nel mondo, in Italia, e ora anche nel nostro quartiere.
Non c’è settimana in cui non si abbia notizia di fatti cruenti accaduti tra individui di solito, …..

La morte assurda di Aldo Murgia, un uomo buono della Garbatella

Un giorno di ordinaria follia

di Guido Barbato

La follia non dovrebbe essere una condizione ordinaria. Invece negli ultimi tempi sembra essere la normalità: nel mondo, in Italia, e ora anche nel nostro quartiere.
Non c’è settimana in cui non si abbia notizia di fatti cruenti accaduti tra individui di solito,ma non sempre, giovani. E la sensazione è che intorno al nostro quartiere, spazio di serenità e di civiltà, si stia stringendo un cerchio implacabile di barbarie: mesi fa un indiano bruciato vivo a Nettuno da adolescenti annoiati, più di recente un ragazzo accoltellato all’Ostiense per uno sguardo di troppo ad una ragazza. Ora è toccato a noi.

Aldo MurgiaIl denominatore comune a tutti questi fatti è quello dei futili motivi e proprio in questo sta la follia. Non che la violenza trovi mai una giustificazione, ma l’inesistenza di un serio motivo scatenante la rende ancor più incomprensibile e intollerabile. Quali ne sono le cause?
La diffusa violenza “godibile” in televisione, al cinema e su internet come mero strumento di intrattenimento; lo svuotamento dell’esistenza di ognuno da riferimenti ideali che non siano quelli del successo e del denaro; il miserevole esempio di una classe politica rozza e cinica che non ripudia guerre incomprensibili e violenze economiche, psicologiche, legalizzate e fisiche ai danni di interi stati, popoli o gruppi minoritari (siano essi tali per cultura, etnia, religione o princìpi
etici), una classe politica che spesso addirittura fomenta questa violenza per biechi obiettivi di
consenso, diffondendo la cultura dell’individualismo e dell’intolleranza.
Si potrebbe andare avanti così, parlando di quanto sia dannosa la cultura dell’illegalità e del farsi giustizia da sé, l’incertezza di un futuro, la vita in città frenetiche e disumanizzanti, e tanti altri obbrobri dei quali sentiamo di dare la responsabilità alla nostra classe politica.
La rabbia è tanta e non si placa, quindi potremmo proseguire ad oltranza su questo filone, ma nel momento tragico che viviamo non servirebbe a nessuno. L’unica cosa utile che possiamo fare è raccontare il fatto che ci ha colpiti tutti da vicino, e soprattutto far conoscere ai lettori chi era l’amico Aldo Murgia.
Aldo, 44 anni, impiegato postale, è stato stroncato in Via Costantino la sera di mercoledì 15 aprile dal gesto folle di un ragazzo della stessa zona di Roma, che lo ha pugnalato a morte per un diverbio causato da un parcheggio. Il tutto è avvenuto davanti agli occhi della moglie Marzia e dei due figli Giovanni ed Eliana, di 6 e 8 anni.
Il fatto è agghiacciante e ci fa rimbombare all’infinito nella testa e nelle viscere una domanda, più che altro un urlo, angosciante: Perché?
Perché si può morire (e dare la morte) per un parcheggio? Il senso di smarrimento è ancora più grande perché Aldo era uno di noi. Era nato e cresciuto alla Garbatella. Qui aveva studiato e lo avevamo conosciuto, nei giorni dell’adolescenza passati al liceo Borromini, all’oratorio della parrocchia San Filippo Neri e nei giardini antistanti, tra una partita a pallone, una pizza, una birra e una chitarrata.
Lo ricordiamo allegro e pieno di vitalità, prodigo di ironia e di risate.
Ma chi era da adulto? Abbiamo voluto parlarne col suo amico del cuore Fabio, col quale peraltro condivideva la grande passione per la musica.
Proprio dalla musica vuole partire Fabio per dipingere l’amico. Aldo fin dall’adolescenza suonava (chitarra e basso) e scriveva testi e musiche, ormai praticamente a livello professionale.
Con Fabio avevano fondato il gruppo Albadoro nel 2002, ma Aldo suonava contemporaneamente con numerosi altri gruppi, spaziando nei generi rock, blues, rock’n roll, reggae, cantautori. La sua versatilità musicale rispecchiava la poliedricità della sua anima, sempre impegnata nella ricerca interiore.
La musica era per lui uno strumento di questa ricerca e allo stesso tempo di comunione con l’universo. Dice Fabio: “Parlavamo spesso di universo, e la solarità di Aldo, il suo modo di fare, insieme alla raffinatezza dei suoi testi e delle sue musiche, ci costringevano a mettere a nudo la nostra anima”.
Da tempo si interessava di religioni e di spiritualità. Coltivava questa seconda passione leggendo tantissimi libri, prevalentemente di filosofia e religioni, tanto da aver sviluppato una grande cultura in campo umanistico, cultura che utilizzava sapientemente nelle sue disquisizioni, ma sempre in modo discreto e senza ostentazione.
Parlava sempre in maniera pacata ed era un abile ascoltatore. Non amava la vita frenetica e, ironia della sorte, è morto per un parcheggio in una città frenetica.
Nel coltivare il suo interesse per l’ambito spirituale dell’esistenza, frequentava spesso anche incontri dedicati a questi temi e fu proprio in una di queste occasioni che conobbe la futura moglie. Riferisce Fabio che, tornato da quell’incontro, Aldo si espresse così: “Ho incontrato questa ragazza e ho visto la luce.
E’ una cosa che non si può spiegare”. Il fratello Filippo, nel discorso tenuto durante il funerale svoltosi sabato 18 aprile nella parrocchia di San Filippo Neri, ha voluto riassumere la personalità di Aldo descrivendolo come “dotato di un cuore immenso dalla singolare configurazione a due piani”. Nel primo custodiva l’amore per la famiglia, nell’altro c’erano le passioni: la musica, la spiritualità e la passione calcistica per la Roma.
In effetti l’amore infinito per la moglie e i figli era noto a tutti gli amici, così come la fede calcistica, che lo induceva spesso a lunghe e accese, seppur sempre civili, discussioni, specie con
gli amici laziali.
Il suo rapporto con gli altri era sempre centrale nella sua vita. Lavorando alle poste da più di vent’anni aveva spesso cambiato ruolo e settore e ogni volta riferiva con gioia di aver subito trovato nuovi amici, “persone che mi vogliono bene”.
Era generoso con gli amici oltre l’immaginabile.
Dopo aver comprato la chitarra di Fabio quando questi aveva smesso di suonare, glie l’aveva regalata anni dopo quando aveva ripreso l’attività artistica. In un’altra occasione nell’ ’89 aveva chiesto un prestito alle Poste (più di 1 milione di lire) sempre per aiutare Fabio.
Vogliamo concludere citando ancora Filippo e le sue parole di addio all’amato fratello: “I due piani del tuo cuore sei riuscito a riempirli così bene che, pur volendo, non poteva esserci neanche uno spazio microscopico per l’odio, per il livore, per la malvagità, per la prepotenza, per la sopraffazione, per la violenza, termini che non sono mai appartenuti al tuo vocabolario di uomo retto e civile, ma che, ahinoi, spesso trovano dimora in altri cuori, quelli che non conoscono parole quali, pietà, comprensione, rispetto, bontà. Vedi, mio Amatissimo Fratello, la qualità di questo tuo cuore sia pure dilaniato, come immagino quelli di quanti oggi sono venuti qui per te, ha fondamenta così profonde e solide che affondano nei cuori di ciascuno di noi e nessuno di noi, credimi, cederebbe alla rabbia, alla vendetta, ai sentimenti più bassi perchè ciò minerebbe alla radice questa tua mirabile costruzione.
Il tuo cuore, Dolcissimo Fratello, è il nostro cuore. E già adesso i nostri cuori ascoltano nitidamente la musica lieve e soave dei tuoi più nobili sentimenti, e questo è sicuramente il tuo concerto più bello, che noi tutti stiamo ascoltando e ascolteremo per sempre.
Grazie Aldo”.
Ciao Aldo. La Garbatella continuerà a pensarti con un amore grande come quello che tu le hai sempre donato. Il testo che segue è una canzone scritta da Aldo Murgia:

Gente della Garbatella
(A.Murgia – F.D’Orazi)

Sarà perché
la notte non ha tempo
e per la strada soffia il vento
Sarà perché
i ricordi, ne ho nel cuore
case basse e tanto amore
e quando sono inquieto
io mi perdo per le vie della città
perché se sono triste
vagabondo per le vie della città

Così mi va
di guardare il mondo fra le nuvole
Così mi va
questo sguardo nel rione
è passione e tentazione
e quando sono inquieto….

Gente della Garbatella siamo tutti qua
un respiro un battito dentro una città
Lotti della Garbatella quanta geometria
so dov’è Carlotta… bevo l’acqua…
… e vado via

Io so perché
quest’angolo di storia fa commuovere
Io so perché
la strada tante voci ha visto nascere
e quando sono inquieto…..

Gente della Garbatella ……

figlio dei ricordi, figlio del passato
figlio del quartiere dove sono nato
i fatti e la memoria di tutte queste strade
sono dentro agli occhi di chi vede
che c’è un amore grande vicino a questa gente
che ogni giorno lotta, non li ferma niente
cade e si rialza e poi riparte…
tu la chiami Vita, io la chiamo Arte
e quando sono inquieto……

Gente della Garbatella ……

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