Rievocato il bicentenario dell’incendio della Basilica di San Paolo fuori le mura

Quando

In una notte d’estate di duecento anni fa bruciava la Basilica di San Paolo. Tra il 15 e il 16 luglio del 1823, infatti, andò a fuoco il tetto del tempio più grande di Roma dopo quello di San Pietro in Vaticano, provocando danni ingenti alla struttura religiosa. Nel luglio scorso è stata proprio l’Università Roma Tre a rievocare il bicentenario del catastrofico rogo con una conferenza “San Paolo infiamma” nel giardino del Parco Schuster, a poche decine di metri dall’imponente chiesa.

Il disastro, all’epoca, impressionò anche il poeta Giacomo Leopardi, che parlò di “ una disgrazia veramente europea”; l’incendio, infatti, si consumò in poche ore e arrecò gravi e ingenti danni alla chiesa.

Chi ne parlò all’epoca

Della sciagura parlò persino Stendhal nelle sue Passeggiate romane. Patrizia Burdi, nella sua Storia della Basilica di San Paolo fuori le mura, riporta quanto annotava lo scrittore francese, amante del Bel Paese, all’indomani  dell’immane rogo: “ Io visitai San Paolo il giorno dopo l’incendio. Ne ebbi un’impressione di severa beltà, triste quanto la musica di Mozart. Erano ancora vive le vestigia dolorose e terribili della sciagura; la chiesa era ancora ingombra di nere travi fumanti, semibruciate; i fusti delle colonne, spaccati per tutta la loro lunghezza, minacciavano a ogni istante di cadere. I romani costernati, erano andati in massa a vedere la chiesa incendiata. E’ uno dei più grandiosi spettacoli che io abbia mai visto”.

Delle fiamme si accorse un vaccaro, Domenico Perna, mentre portava le sue mucche al pascolo (la zona dove sorgeva la Basilica era all’epoca tutta campagna). Egli udì un boato molto forte, si spostò per vedere e, scorgendo l’imponente chiesa avvolta dalle fiamme, dette l’allarme.

Purtroppo i soccorsi arrivarono con un ritardo di circa tre ore e il forte vento che quella notte tirava alimentò ulteriormente l’incendio.

Il tetto della Basilica andò completamente a fuoco; si salvarono solo il transetto, la tela di Arnolfo Di Cambio, il ciborio medievale e l’abside.

Al Papa Pio VII, già gravemente malato, non si disse nulla dell’accaduto, tanto che egli morì di lì a poco senza sapere niente.

Il cardinale Enrico Consalvi, segretario di Stato, dopo la morte del Papa, ereditò il gravoso compito di indagare sulle cause del rogo e su chi lo avesse provocato.

Le origini dell’incendio

Sulle origini dell’incendio furono formulate molte ipotesi, alcune alquanto fantasiose, ma nessuna di esse si rivelò completamente convincente. Le cronache del tempo liquidarono la questione attribuendo la causa del rogo alla negligenza di alcuni stagnini, che stavano restaurando il tetto della Basilica e che avrebbero fatto cadere inavvertitamente il fuoco di alcuni fornelli utilizzati per riscaldare ferri che servivano per liquefare lo stagno.

Secondo l’architetto Marcello Zalonis, puntiglioso studioso della storia del territorio di San Paolo,  questa ipotesi sarebbe priva di sostanziale fondamento, perché nel mese di luglio si faceva notte tardi e gli operai avevano presumibilmente lasciato le impalcature alle ore  venti, mentre l’ incendio si sarebbe verificato alle ore quattro del mattino successivo.

I fornelli usati dagli “stagnini” erano alimentati con il carbone di legna, materiale che bruciava senza fiamma per un tempo limitato ( da una a due ore). Il fuoco, quindi, non avrebbe potuto covare per circa otto ore ( tempo intercorso  dal momento che gli operai avevano lasciato il lavoro e quello in cui l’ incendio era divampato), a meno che ci fosse stata “una manina sacrilega” che lo avesse deliberatamente acceso.

Chi erano i sospettati

Zalonis faceva una considerazione importante al riguardo: gli operai non avrebbero avuto interesse a far scoppiare l’incendio per non perdere il lavoro e rischiare di finire per tutta la vita nelle galere papali. L’ipotesi più probabile potrebbe essere quella che a compiere l’atto fosse stato un gruppo di neo-Carbonari, provenienti dal Nord, che si erano infiltrati nella Roma papalina.

Molti di loro, infatti, erano stati arrestati e avevano giurato di vendicarsi, tanto più che il papa Pio VII nel 1821 aveva emanato la bolla “Ecclesiam a Jesu Cristo”, con la quale si mettevano in guardia i fedeli dal credere alle parole di costoro (Carbonari), che “si presentavano come agnelli mentre erano lupi rapaci”. Essi appartenevano a società segrete, odiavano profondamente la Chiesa ed erano capeggiati dal Rettore e dal Gran Maestro.

Probabilmente i Carbonari avevano appiccato il fuoco alla Basilica a scopo dimostrativo,  avevano scelto il momento in cui la Chiesa veniva restaurata e quindi erano presenti i ponteggi su cui ci si poteva arrampicare. Inoltre, in quella stagione, l’imponente edificio religioso era quasi deserto, perché  i preti erano quasi tutti partiti per le vacanze. Gli attentatori forse pensarono che l’incendio sarebbe stato domato in breve tempo; resisi  conto in seguito dell’enormità dei danni provocati, fuggirono lontano senza rivendicare l’azione.

L’inchiesta

Il cardinale Consalvi e la Commissione d’inchiesta nominata ad hoc, sulla base delle indagini svolte, pur avendo probabilmente la convinzione che dietro l’incendio ci fosse stato un attentato, decisero di attribuirlo all’imperizia di alcuni operai.

Questa fu la scelta dettata dal momento più che delicato per il Papato, sede vacante per la morte di Pio VII. La Chiesa temeva, inoltre, le influenze politiche da parte delle potenze europee, e il dilagare dell’indignazione dei fedeli particolarmente affezionati alla Basilica.

Il nuovo pontefice Leone XII prese in mano la situazione e decise di chiamare a raccolta i cristiani per una colletta universale finalizzata alla ricostruzione della Basilica.  A questo scopo il 25 gennaio 1825, giorno di festa per la ricorrenza della conversione di San Paolo, emanò l’enciclica “Ad Plurimas” .

La ricostruzione

Quasi per miracolo i contributi arrivarono da ogni dove, anche da parte di musulmani e di persone di altre fedi. Alcune di queste donazioni furono di grande pregio, come le finestre e le colonne di alabastro offerte dal re d’Egitto Fouad I e dal vicerè Mohammed Alì, e i blocchi di malachite e lapislazzuli devoluti dallo zar di Russia, Nicola I.

Tra l’altro nell’anno 1825 a Roma ricorreva anche il Giubileo. I lavori di ricostruzione durarono parecchi anni.  La Basilica di San Paolo fu riconsacrata il 10 dicembre 1854 da Papa Pio IX. E’ interessante notare che solo due giorni prima di tale data ( 8 dicembre) lo stesso Papa aveva proclamato il dogma dell’Immacolata Concezione con la bolla “Inneffabilis Deus”.

La storia dell’incendio della Basilica potrebbe apparire come un evento eccezionale , ma questa convinzione è stata fugata di recente per  il rogo che ha interessato la chiesa di “Notre Dame” a Parigi.  Anche in questo caso i danni sono stati molto ingenti e le cause  non sono state ancora accertate, a testimonianza di quanto le grandi opere artistiche possono essere stupende ma contemporaneamente anche molto fragili.

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