“San Paolo infiamma”: una conferenza sull’incendio della Basilica

Di Anna Di Cesare

Un evento inaspettato e catastrofico, quello che nel 1823, esattamente due secoli fa, colpì uno dei luoghi più celebri e rappresentativi del nostro quartiere: l’incendio della Basilica di San Paolo. Di questo episodio si è parlato venerdì scorso durante l’incontro pubblico “San Paolo infiamma”, nell’ambito dell’iniziativa “Propaganda Schuster”.

Durante la serata, organizzata dall’Università di Roma Tre in collaborazione con l’abbazia di San Paolo fuori le mura, sono intervenuti i professori Manfredi Merluzzi, Alberto D’Anna, Giovanna Capitelli, Marina Docci, Stefano Cracolici, Elisabetta Pallottino e Richard Wittman, che hanno tenuto un’interessante lezione sulla storia e l’architettura della basilica, corredata da immagini e ricostruzioni.

I saluti di apertura

“In questa iniziativa c’è qualcosa di straordinario” ha esordito il minisindaco Amedeo Ciaccheri durante i saluti di apertura. “Che la rievocazione di un evento così importante per l’identità del quartiere avvenga all’interno di una manifestazione dedicata ai giovani come Propaganda Schuster è molto importante. Centrale è anche la collaborazione dell’Università di Roma Tre e dell’abbazia di San Paolo.”

Quindi ha preso la parola l’abate don Donato Ogliari. “La basilica di San Paolo non è solo un capolavoro artistico ma anche un luogo di fede” – ha ricordato, dopo aver ringraziato l’università di Roma Tre per i contributi di ricerca dedicati alla basilica-. “Questo luogo fin dagli inizi ha attratto fedeli da tutta Europa, attorno alla figura di Paolo, una delle due colonne portanti della Chiesa, contribuendo a rendere Roma una città accogliente e cosmopolita.”

L’incendio della basilica

Era il 15 luglio 1823 quando, a causa della distrazione di due stagnai, le fiamme iniziarono ad avvolgere la meravigliosa struttura della basilica. Una chiesa con una storia di quattordici secoli, sparita nell’arco di una sola notte. Il tetto crollò, le colonne caddero, le porte di bronzo si sciolsero a causa del calore. E dopo quasi cinque ore di incendio, della chiesa paleocristiana, costruita intorno al 390 sotto l’imperatore Teodosio su una struttura di età costantiniana, non rimaneva altro che rovine fumanti. Solo l’abbazia benedettina, tuttora situata accanto alla chiesa, si salvò dalle fiamme.

L’episodio ebbe una grandissima risonanza: la notizia si diffuse in tutta Europa. Tra le tante e varie testimonianze, colpisce quella del poeta Giacomo Leopardi, allora venticinquenne, che in una lettera al cugino Giuseppe Melchiorri definisce l’episodio “una calamità pubblica” e ne risulta molto scosso.

Il popolo non mancò di interpretare la tragedia come una punizione divina, anche perché avvenuta durante una fase di notevole difficoltà per lo Stato della Chiesa, che sotto il pontificato di Pio VII, negli anni a cavallo tra diciottesimo e diciannovesimo secolo, si vedeva minacciato non solo dalle proprie finanze traballanti, ma anche del progressivo irradiamento della filosofia dei Lumi e delle idee rivoluzionarie dalla Francia di Napoleone.

Ma se da una parte ci fu paura e preoccupazione, dall’altra anche attrazione e curiosità. La vista decadente della basilica distrutta, infatti, incantò moltissimi artisti e viaggiatori. “Uno spettacolo bellissimo: vale da solo il viaggio a Roma”: così annota lo scrittore francese Stendhal nelle sue “Passeggiate romane”, opera scritta tra il 1827 e il 1829 in forma di diario durante il soggiorno in Italia dell’autore.

Di fatto, mentre gli operai lavoravano alla ricostruzione, disegnatori e curiosi si introducevano nel cantiere e, qualche volta, lo immortalavano. Questo è il caso dei calcografi Antonio Acquarone e Luigi Rossini, che con le loro acqueforti contribuirono a rendere le rovine di San Paolo uno dei paesaggi romantici per eccellenza, una tappa imprescindibile del Grand Tour.

Insomma, anche a seguito di questo triste episodio, la basilica di San Paolo continuò ad attirare visitatori, oltre che fedeli, provenienti da tutto il mondo, e in questo modo rafforzò la vocazione cosmopolita e il valore universale della Città Eterna.

 

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