Padre Guido-Garbatella: un binomio inscindibile
Nell’aprile scorso, a 87 anni, ci ha lasciati il “prete” che per cinquant’anni ha rappresentato l’anima dell’oratorio dei Filippini. Intere generazioni gli sono grate per la sua paterna infaticabile opera di cultura e di amore. Ai funerali una generale commossa partecipazione
Padre Guido, Garbatella: un binomio inscindibile. Così scrivevamo qualche anno fa sulle pagine di questo giornale. E questo è stato tangibile il 24 aprile scorso, il giorno del suo funerale. Una folla immensa, il popolo della Garbatella che ha riempito la chiesa di San Filippo e l’antistante parco, ha partecipato commossa all’ultimo saluto. Il prete, chiamato così dalle varie generazioni dei ragazzi dell’oratorio, se n’era andato due giorni prima in un caldo giorno primaverile, a poco più di un mese dal suo ottantasettesimo compleanno.
La sala del teatrino dell’oratorio per due giorni era stata meta di centinaia di persone che hanno voluto omaggiare la salma esposta, mentre i ragazzi più giovani continuavano a giocare nel polveroso campetto di calcio proprio come si era raccomandato padre Guido. Per due giorni, all’oratorio e fuori ai giardinetti, si sono rincontrate intere generazioni, ragazzi, ragazze, uomini e donne, che in molti casi, dato il tempo trascorso, avevano anche difficoltà a riconoscersi. Tutti parlavano un unico linguaggio fatto di ricordi, le partite, la scuola, la magica colonia di Tor Vaianica, una crescita, una maturazione e una forte nostalgia che spesso sfociava in una grossa emozione. E il fulcro, il punto d’unione, il centro di questa comunità era lui, padre Guido.
Tempo fa il “nostro sacerdote” ci raccontava di come, dopo qualche anno di presenza nel nostro quartiere, si interrogava sul suo modo di essere prete.
Diceva: “Passo, la mattina, 5 ore a scuola o, nei mesi estivi, al mare, a guardare questi ragazzi, il pomeriggio all’oratorio a guardarli giocare, parlare; tutto qui è portare avanti la mia missione?”. Il tempo gli ha dato la risposta, vedere questi ragazzi che a distanza di anni avevano il loro punto di riferimento proprio lì, il saluto al prete prima di partire militare, il celebrare matrimoni, battesimi, condivisione vera di gioie e dolori, il cercare un consiglio, un colloquio come si fa con un vero padre dava un senso alla sua scelta. Questo era padre Guido, il suo insegnamento fatto di poche parole e di fatti concreti, l’insegnamento della libertà nel rispetto della persona, dell’autonomia, il trasmettere la voglia di viaggiare, di conoscere, l’amore per il mare, il vento, la montagna, l’amore per la natura: queste le preghiere che ha insegnato.
Di lui in questi anni abbiamo scritto molte cose, sappiamo che amava ricevere sempre l’ultimo numero di Cara Garbatella. E con la sua grossa onestà intellettuale, che talune volte rasentava la rigidità, non ci risparmiava costruttive critiche.
Vogliamo continuare il nostro omaggio a padre Guido riportando qui di seguito qualche brano di alcune delle tante lettere giunte in redazione, brani dei sui diari e brevi cenni di articoli dedicatigli in passato, proprio per sottolineare quanta gente ha amato la sua opera e la sua capacità di far sentire unico ogni ragazzo e ogni ragazza che ha vissuto questa esperienza.
Giancarlo Proietti
“Er Prete”, questo è stato per tutti il suo “nome d’arte”. Un nomignolo al quale lui stesso era affezionatissimo; il suo nickname; un escamotage linguistico, tutto romano, per evitare di limitarsi ad un appellativo tanto importante, quanto riduttivo, come “padre” Guido. Per rappresentarlo a pieno si sarebbe dovuto chiamarlo, a seconda delle circostanze, anche “madre” Guido, “fratello”, “amico”, “maestro” Guido. Troppo complicato per le giovani vite della Garbaltella e zone limitrofe. Meglio “er Prete”: semplice, diretto, indicativo del punto di riferimento che rappresentava per tutti i ragazzi dell’Oratorio e per i genitori che gli affidavano, con cieca fiducia il tempo libero dei loro figli e nipoti. Il mio Padre Guido è stato maestro di scienze e di vita che ha insegnato, con la stessa gioiosa e quasi infantile naturalezza, le stelle e la fede, il gioco e l’impegno, la metereologia e la geologia, l’amicizia e il servizio. Il mio Padre Guido è una gemma preziosa custodita nel cuore, un’eredità da tramandare, una fortunata coincidenza o un dono di Dio.
Grazie di tutto Padre Gui’.
Fabrizio Mastrantonio
Come fai a spiegare l’odore dell’oratorio, la terra dura, i pali di legno con gli spigoli, la rete bucata, la raccolta della carta, gli spogliatoi senza docce, il gioco del sasso, l’ottovolante, la coppa disciplina, le magliette per i primi classificati, i calzoncini ai secondi, i calzini ai terzi, gli atomi, i purcini con la erre.
Come fai a spiegare padre Guido se non parti dai luoghi, dalla sua fisicità dal piede 44 magnum, dalle sberle, dalla sua cultura, dalle sue urla, “vai fuori dall’oratorio”, “alt fine primo tempo”. Come fai a spiegare quel fazzoletto di paradiso impolverato messo a confine tra Garbatella e Tormarancia. Non lo spieghi, non bastano le parole, i ricordi, le fughe per evitare il vespro. Resta solo una sensazione d’infinita tristezza, come le domeniche pomeriggio all’oratorio, quelle sì che erano tristi anche allora, appena appena rinfrancate dalla partitella tra pochi disperati superstiti, la radiocronaca in sottofondo e il gelato offerto dal prete. Lui lì stava, lui lì ha voluto aspettarci. Il corpo inerte nel teatrino, un via vai di facce di popolo segnate dalla vita e il vociare dei pischelli persi anche oggi dietro al pallone così come lui ha voluto che fosse. Così come è sempre stato.
Massimiliano Smeriglio
Padre Guido non ambiva piacere a tutti. Ai discorsi complicati e lunghi preferiva poche e semplici parole. Caparbiamente portava avanti dei progetti folli, attirandosi critiche ed inimicizie da ogni parte. Ma tutto quello che faceva, diceva, pensava e sentiva era finalizzato ad un grande obiettivo, fare del bene agli altri…
…Padre Guido ha dipinto la sua vita come un’opera d’arte, ne è uscito fuori un capolavoro dal valore inestimabile. Al suo penultimo compleanno lui diceva che la sua vita era come un quadro, in quel quadro c’eravamo tutti noi. Vuoi perché gli abbiamo impastato i colori, o a volte lasciando qualche ditata sulla vernice fresca, comunque sia andata penso che, sì, avesse proprio ragione . Quel quadro lo abbiamo dipinto insieme a lui, e cavolo, ne è valsa veramente la pena! Forse è proprio per questo che quando lo ammiriamo rimaniamo colpiti dalla sua bellezza, felici per ciò che abbiamo imparato e tristi per ciò che non tornerà più, ma immensamente grati per tutto ciò che il nostro caro Padre Guido ci ha insegnato.
Consapevoli che a guidarci ancora e sempre sarà il segno che ci ha lasciato.
Fulvia Subania
Se i miei figli da anni mi chiedono con fiducia “papà, che tempo farà domani?” è perché ho sempre descritto loro quel che Padre Guido ha descritto e spiegato a me: il cielo, le nuvole, il vento, le stagioni e l’inclinazione dell’asse terrestre, meridiani, paralleli, tropici e circoli polari e un mare di cose che a quel tempo – 50 anni fa – sembravano misteriose. Quella sera d’inverno di tanti anni fa, con un gruppetto di ragazzi della mia età, stavo sul campetto dell’oratorio per la lezione di astronomia; in silenzio ascoltammo Padre Guido che spiegava come si doveva fare per calcolare l’ora guardando le stelle dell’Orsa maggiore. La lezione durò una decina di minuti. Poi, con un sorriso, chiese:”chi vuole provare per primo?”. Visto che nessuno se la sentiva di rompere il ghiaccio “er prete” fece la sua scelta. Il discepolo aveva imparato talmente bene la lezione che, osservando il cielo, dopo venti secondi di calcolo, esclamò:”Oddio so’ e sette, mo’ mi’ madre me gonfia…!!”
La lezione finì con una risata generale e prolungata, guardando la vera e propria “fuga” di chi immaginava che sarebbe stato “gonfiato” dalla madre severa. Caro Padre Guido ci hai insegnato a guardare il cielo ma per moltissimi di noi la “stella polare” sei stato tu.
Grazie di cuore.
Stefano Mastrantonio
Imiei rapporti con padre Guido risalgono al 1982, al tempo in cui incominciai sistematicamente ad occuparmi della Garbatella e dei suoi abitanti sulla “Gazzetta” , il benemerito giornale locale che era diretto da Gianni Rivolta.
Apprezzava le mie “scoperte” sulla storia, la geografia, i personaggi del quartiere, mi dava idee e suggerimenti, mi raccontava aneddoti, mi ringraziò commosso quando, nel febbraio del 2005. gli feci avere una delle prime copie del “Quaderno della Resistenza Garbatella-Ostiense”. La lettera che mi scrisse e che conservo si concludeva con queste parole: “La sua presenza così attenta nell’evidenziare alcuni aspetti antecedenti ha il suo posto nella vita del quartiere. Del resto quel che rende vera la nostra età è di elaborare con cura qualcosa tratta da una esperienza di vita ed offrirla: qualcosa che rende giovani spiritualmente”.
Ecco, padre Guido sapeva elaborare quel “qualcosa” tratta dall’esperienza di vita e soprattutto quel “qualcosa” sapeva dispensarla.
Cosmo Barbato
Ho saputo della sua morte solo al ritorno da Londra, dove ero in vacanza durante la chiusura della scuola a Pasqua.
La prima sensazione è stata un senso di colpa per non esserci stato, lì con tanti altri amici, ex compagni ed ex colleghi di scuola, a dare l’ultimo saluto a Padre Guido.
Non ho provato dolore ed è stato strano accorgermene, ma un gran senso di pace e di serenità, lui che per tanti anni ci ha insegnato a rispettare la vita e non temere la morte, se n’ è andato in pace, come era naturale che fosse. Ho meditato a lungo prima di scrivere qualcosa su di lui, non volevo fosse il solito necrologio di circostanza.
Se andate in giro sulla rete troverete centinaia di storie e aneddoti sulla sua vita e la sua “militanza” di prete di quartiere qui alla Garbatella.
Potrei ricordarne tanti anch’io, sia da alunno, sia da professore del Cesare Baronio.
Qui voglio invece ricordare padre Guido come il sacerdote atipico che è sempre stato, quello che portava gli alunni a copiare sul quaderno le parolacce scritte sui muri, per demistificarne il senso ribellistico e proibito, quello che a messa non parlava mai dell’inferno ma preferiva trarre dalla natura lo spunto dei suoi discorsi. Nel suo insegnamento il messaggio evangelico più schietto partiva sempre dalla grande lezione spiritualista della natura.
Padre Guido è stato per me il prete che ci faceva costruire il sestante e il barometro a scuola ma ci insegnava anche che c’è qualcosa al di là della realtà visibile.
Padre Guido è stato per me l’uomo delle stelle. Da ragazzi spesso ci portava a guardare il firmamento, quando a Roma il cielo non era ancora velato dalle luci delle insegne luminose che oggi deturpano la città e tutt’intorno alla Garbatella c’era ancora la campagna.
Ricordo come fosse ora il miracolo della nostra galassia stagliata contro il nero cristallino del cielo di tramontana. Un’emozione che nessuna parola potrà mai descrivere, nessuno schermo Hd-3D riprodurre, il senso profondo di essere parte di quello spettacolo meraviglioso.
E poi ci insegnava i trucchi del mestiere: come distinguere un pianeta da una stella, dove trovare Aldebaran, Vega, Orione e Cassiopea. Ma soprattutto ci spiegava come orientarci con le stelle e non solo in senso geografico: al di là dell’astronomia, Padre Guido ci indicava come trovare noi stessi…” quando un giorno sarete grandi, e magari vi sentirete smarriti, guardate lassù. Lì troverete tutte le risposte ai vostri dubbi”.
Sono diventato grande e anch’io mi sono smarrito, più di una volta in questa vita.
Grazie a lui ho saputo alzare lo sguardo al firmamento e ritrovare la Via
Grazie padre Guido, ciao!
tratto dalla sua ultima lettera ai parrocchiani:
“….vedo appiattirsi sempre più lo standard (abusivamente) imposto dalle macchine o dai computer che praticamente ignorano il ritmo vero della vita sul Pianeta Terra che annualmente, ruotando attorno al sole, ci propone il susseguirsi delle stagioni e la spiritualità della primavera, dell’estate, dell’autunno e dell’inverno che ogni anno propongono un anello nuovo (pensate ai cerchi annuali del tronco nelle piante)…”
Fabio Mariotti
Grazie padre Guido per averci fatto vedere quel brutto campo dell’Oratorio più bello dello stadio Olimpico, quei bigliardini sempre malandati come la più bella sala da giochi, e quel pezzo di spiaggia a via Bengasi dove centinaia e centinaia di ragazzi devono ogni tanto tornare per respirare un po’ di nostalgia.
Grazie per averci insegnato a viaggiare, a vedere le stelle, a guardare il cielo per vedere se la luna è calante o crescente.
Giancarlo Proietti
“Il prete” ci ha voluto bene, e ce lo ha dimostrato, senza secondi fini, senza alcun interesse, per fede e per vocazione ma anche per pura e semplice bontà personale perché era fatto così. E noi ragazzi e ragazze, uomini e donne di questo quartiere per anni lo abbiamo ricambiato perché non era possibile fare altrimenti.
Mancherà immensamente a tutta la sua comunità.
Massimo Mongai
“Sto progettando le gite, ne sento la necessità. Sono momenti di vita vera, ma la fatica di organizzarle è grande, come grande è l’assenza di collaborazione. Si criticano tanto i sacerdoti, ma senza di loro crollerebbe tutto. Si possono lasciare Pina e Maria Teresa sole a se stesse? Lioi, Colletti e Palmieri in balìa dell’ambiente? Si può ridurre il contatto religioso alla Santa Messa?”
(dal Diario dell’Oratorio di Padre Guido)
Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 10 – Luglio 2014





