La Valle della Caffarella piccolo regno della natura
di Benedetto Mercuri e Sabina Giovenale
Percorrendo con l’auto la Circonvallazione Ostiense in direzione della Via Cristoforo Colombo, arrivando al termine, di solito voltiamo a destra o a sinistra secondo se desideriamo andare all’EUR o al centro della città. Per una volta abbandoniamo l’auto e proseguiamo a piedi, dritti davanti a noi.
Dopo poco ci troveremo in una valle immersi completamente nella Campagna Romana. Proseguendo, dopo qualche ora di cammino ci troveremmo ai Castelli ed avremmo percorso una delle aree più importanti al mondo sotto il profilo storico ed ambientale: il Parco dell’Appia Antica.
La parte iniziale di questa area è conosciuta come Valle della Caffarella ed è compresa tra il quartiere Latino, un tratto di Via Appia Nuova, Via dell’Almone e l’Appia Antica.
Il giornale che ospita questa breve nota ha pubblicato nel passato numerosi articoli riguardanti quest’area che è molto vicina al quartiere, prendendo in considerazione gli aspetti storici ed archeologici, citiamo “Via della Moletta: un pezzo di storia della Garbatella” (dicembre 2003) “Giallo in una villa dell’Appia Antica. La morte di Annia Regilla: morte naturale o assassinata?” (giugno 2010).
Si vogliono invece qui sottolineare alcuni aspetti naturalistici e l’importanza ecologica che riveste questo lembo di verde che arriva quasi al centro della città.
La Valle della Caffarella è una ampia pianura alluvionale con pendii tufacei più o meno scoscesi, percorsa in tutta la sua lunghezza dall’Almone, antico fiume sacro che, nonostante la sua sacralità, venne intubato, in epoca recente, sotto la Via C. Colombo e la Circonvallazione Ostiense, mentre precedentemente caratterizzava tutto il suo tratto conclusivo con ampi meandri. Il ponticello riportato alla luce qualche anno fa in Piazza Eugenio Biffi serviva probabilmente ad attraversare l’Almone se non addirittura un piccolo affluente dello stesso. Tra l’altro coloro che abitavano nei pressi della Circonvallazione Ostiense fino agli anni Cinquanta ricordano la presenza di “Marane” (fossi, zone paludose) tra la strada e la ferrovia della Ostiense; per notizie più accurate sul fiume della Garbatella si rimanda a CaraGarbatella, numero di aprile 2005, “Un sepolto vivo l’Almone fiume sacro della Garbatella”.
La Valle della Caffarella è caratterizzata dal paesaggio tipico conosciuto come “Campagna Romana”. In questo ambito, le componenti naturali preesistenti e le modificazioni introdotte dalle attività umane si integrano in un equilibrio peculiare. La vegetazione stessa evidenzia questo aspetto: infatti le zone pianeggianti sono ricoperte da estese praterie adibite a pascolo o ad altre attività agricole che, se abbandonate, cedono il posto ad arbusti tra i quali il rovo, la ginestra, l’alaterno, il pruno selvatico, il corniolo, l’olmo campestre, il sambuco; se lasciato indisturbato questo tappeto arbustivo viene col tempo naturalmente sostituito da una coltre arborea sempre più simile a quella che un tempo era la vegetazione originaria.
Durante i secoli questo paesaggio è rimasto in equilibrio tra le attività umane e la vegetazione che spontaneamente tendeva a riconquistare la superficie disponibile.
Nella pianura di fondovalle percorsa dal fiume, dove i suoli sono più umidi, è presente una vegetazione idrofila (legata a questi ambienti), con pioppi neri, salici comuni e con la cannuccia di palude lungo il corso d’acqua; i prati sono popolati da equiseto, luppolo comune e, degna di nota, dall’orchidea palustre, che è possibile trovare solo qui e nel Parco del Pineto (Valle Aurelia); nelle aree adibite a pascolo, attualmente o nel recente passato, è molto frequente il cardo mariano, pianta che predilige suoli molto ricchi di nitrati dovuti appunto alla presenza di animali.
Nelle zone a pendenza più elevata, quindi più inaccessibili, se non distrutta per diversi motivi, persiste una vegetazione arborea a volte anche molto fitta ed impenetrabile: caratterizzano questi popolamenti querce caducifoglie a volte di dimensioni imponenti come la Farnia, tipica di suoli anche molto umidi ed il Cerro le cui ghiande hanno la cupola coperta da lunghe squame tipicamente “scapigliate”.
Antiche testimonianze riportano la presenza, nei pressi della chiesetta di S. Urbano, di un “bosco sacro”: l’appellativo di sacro era dovuto al timore che incuteva ai viandanti dell’epoca perché era molto scuro e fitto e talvolta poteva celare brutte sorprese a causa di spiacevoli incontri; questo bosco era costituito principalmente da lecci e, in misura minore, da quercia da sughero, querce sempreverdi molto utilizzate come ottima legna da ardere, il leccio e per la corteccia la sughera; di questa formazione vegetale attualmente è rimasto ben poco, tre lecci lungo un pendio nei pressi della chiesetta.
Altro aspetto apprezzabile in questa area, ma comunque presente in tutto il centro storico è la vegetazione ruderale. Questa è costituita da specie che vanno ad occupare gli spazi limitati quasi invisibili sulle superfici dei ruderi; qui possiamo trovare le bocche di leone dai caratteristici fiori purpurei, i capperi e la parietaria che sono in grado di sopportare le temperature altissime che raggiungono le superfici in pietra durante il periodo estivo; nelle parti più umide si può trovare il capelvenere, una felce dai piccioli lunghi e sottili e la cimbalaria, una piantina detta “ombelico di Venere” per la forma arrotondata delle sue foglie. Vi si possono insediare anche piante in grado di diventare addirittura alberelli, come il fico.
La fauna selvatica che popola quest’area, tranne qualche eccezione, anche se molto diversificata non presenta particolari presenze; l’interesse sta invece nella diversità delle specie che vengono rilevate; questo è reso possibile dalla conformazione geografica del parco che si configura come un corridoio, con pochi e trascurabili sbarramenti, che mette in comunicazione l’interno della città con il territorio circostante. Viene così favorito il passaggio degli animali rendendo possibile uno scambio continuo di presenze tra esterno ed interno della città.
Tra i mammiferi è presente la volpe che, nella sua ricerca di cibo, spesso sconfina e viene ritrovata di notte lungo le strade limitrofe; il coniglio selvatico molto più frugale; il riccio, la donnola e la faina; non è raro trovare aculei di istrice; è presente un mammifero che viene spesso considerato poco, quando non viene proprio denigrato, il pipistrello, che invece assume grande importanza per gli equilibri ecologici metropolitani, per questo ne andrebbe favorita la presenza con l’istallazione di “batboxes” nella città.
Tutto considerato, la valle non può che essere frequentata da molte specie di uccelli: la tortora, la passera scopaiola, il picchio rosso maggiore, il merlo, il cardellino, il pettirosso, la cornacchia grigia, la taccola e, vista la ricchezza di acque superficiali, l’usignolo di fiume e la gallinella d’acqua; molto importante per gli equilibri ecologici è la presenza di rapaci diurni e notturni: gheppio, nibbio, poiana, quindi la civetta, il barbagianni, l’allocco e l’assiolo.
Nell’ambito degli anfibi si può trovare il rospo smeraldino oltre quello comune, la salamandra gialla e quella nera; da rilevare la presenza del tritone crestato che vive esclusivamente in acque pulite.
Infine i rettili con la tartaruga terrestre, il ramarro, la natrice dal collare e qualche vipera.
Se poi parteciperete ad una delle visite guidate notturne che vengono organizzate dal Parco dell’Appia Antica nel periodo estivo, vi potrà capitare una sorpresa: il buio potrà punteggiarsi di centinaia di piccole luci intermittenti. Sono le lucciole, che tanti anni fa Pasolini temeva fossero scomparse e che invece, laddove (grazie alle battaglie di Antonio Cederna ed altri grandi personaggi del mondo ambientalista) si è avuta l’accortezza di lasciare un po’ di spazio alla natura, ci regalano ancora uno spettacolo affascinante che ci emoziona e ci commuove.
Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 11 – Dicembre 2015