Dedicare una strada alla rivolta degli schiavi?

Dedicare una strada alla rivolta degli schiavi?

Via Usodimare e Via Anton da Noli, traverse della Circonvallazione: due nomi diversi ma la persona è la stessa. Si vorrebbe abolire una delle due intitolazioni per sostituirla con una dedicata ai rivoltosi della nave Amistad

di Pasquale Navarra

Leggiamo: “…Immediatamente prima di perdere conoscenza, Sengbe Pieh ebbe una terribile visione, una visione di incubi infantili: un mostro sdentato, bianco come il demonio, con dei buchi al posto degli occhi, attraverso i quali splendeva il cielo, …..

Dedicare una strada alla rivolta degli schiavi?

Via Usodimare e Via Anton da Noli, traverse della Circonvallazione: due nomi diversi ma la persona è la stessa. Si vorrebbe abolire una delle due intitolazioni per sostituirla con una dedicata ai rivoltosi della nave Amistad

di Pasquale Navarra

Leggiamo: “…Immediatamente prima di perdere conoscenza, Sengbe Pieh ebbe una terribile visione, una visione di incubi infantili: un mostro sdentato, bianco come il demonio, con dei buchi al posto degli occhi, attraverso i quali splendeva il cielo, e serpenti rosso sangue, e lumache che si allungavano dalla sua testa e dal fondo del suo viso. Un odore acre, in cui non riuscì a riconoscere un corpo europeo non lavato, gli dava il vomito.
La ferita sulla fronte stillava sangue sui suoi occhi e lo accecava. Con le ultime forze rimastegli, raccolse la sua saliva e sputò in faccia alla bestia”.

“Bastardonegrofigliodiputtana”, farfugliò quella. E’ questo, nel romanzo “La rivolta della Amistad” della scrittrice afroamericana Barbara Chase-Riboud, l’inizio della descrizione del rapimento di Sengbe Pieh, un giovane contadino dell’attuale Sierra Leone. Rapimento avvenuto, nel 1839, per mano di negrieri spagnoli che lo avrebbero imbarcato, insieme ad altre centinaia di sventurati, dapprima sulla Nave Tecora poi sulla più grande Amistad.
Dove Sengbe Pieh, dopo mesi di navigazione in condizioni di orribile prigionia, avrebbe guidato la rivolta degli africani che, riusciti a liberarsi, si impadronirono della nave e tentarono di tornare alla loro terra nativa.
Dopo due mesi di navigazione vengono catturati davanti al Connecticut dalla marina statunitense e incriminati per ammutinamento e pirateria.
Al processo diventano, loro malgrado, il simbolo di una nazione divisa.
Il presidente in carica, Martin Van Buren, schiavista convinto, è disposto a sacrificare gli africani per garantirsi i voti del Sud e il favore della bimba regina Isabella II di Spagna nella speranza di venire rieletto. Tuttavia troverà sulla sua strada gli abolizionisti Theodore Joadson, Lewis Tappan e il giovane avvocato Roger Baldwin, strenui difensori degli africani. Dopo avere vinto in prima e seconda istanza, il terzetto chiede aiuto all’ex presidente John Quincy Adams perché dibatta il caso davanti alla Corte Suprema.
In quella occasione, Adams convince la giuria del fatto che l’assoluzione per i rivoltosi della Amistad è già sancita dagli articoli e dai valori della Costituzione degli Stati Unuti d’America.
Dal romanzo della Chase-Riboud – che è ispirato ad una storia vera – Steven Spielberg ha tratto il film “Amistad”, realizzato nel 1997, e che molti ricorderanno.
Abbiamo accennato a questo romanzo e a questo film poiché dal Municipio XI è stata avanzata la proposta di cambiare nome a Via Antoniotto Usodimare per darle il nome “Via Rivoltosi della nave Amistad”. Riteniamo che la proposta sia condivisibile, pur comprendendo gli iniziali disagi che deriverebbero ai cittadini residenti nella via. Ma aggiungiamo che a tale problema si potrebbe in parte ovviare intitolando ai rivoltosi dell’Amistad l’attuale Via Anton da Noli che porta lo stesso nome di Antoniotto Usodimare ma è molto meno abitata. Sì, perché Antoniotto Usodimare ed Anton da Noli erano la stessa persona: un navigatore genovese della fine del ‘400 al servizio del Portogallo, scopritore dell’arcipelago del Capo Verde, personaggio della marineria più noto col soprannome di Usodimare.
Facciamo questa proposta con molta pacatezza, e con la stessa pacatezza ci rivolgiamo a coloro che hanno manifestato la loro contrarietà.
Vogliamo piuttosto dire che, una volta individuata la via in cui il cambiamento di nome si riveli meno disagevole, sarebbe bello se tale proposta venisse approvata all’unanimità.
L’episodio storico della rivolta della Amistad e soprattutto il processo che ne seguì, sancirono per la prima volta che la schiavitù non doveva essere considerata una cosa “normale” né “tollerabile. Ed oggi, una piccola iniziativa che ricordi quel pezzo di storia perché non dovrebbe ricevere il consenso di tutti?

 

Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 3 – Maggio 2006

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