Cile. Per non dimenticare

Cile. Per non dimenticare

a cura della Redazione

Sono passati trent’anni da quell’11 settembre 1973, quando in Cile un colpo di stato militare capeggiato dal Generale Augusto Pìnochet soffocò nel sangue il governo democratico di Salvator Allende. Allende era stato eletto presidente nel 1970 con libere elezioni alla testa della coalizione di Unidad Popular …..

Cile. Per non dimenticare

a cura della Redazione

Sono passati trent’anni da quell’11 settembre 1973, quando in Cile un colpo di stato militare capeggiato dal Generale Augusto Pìnochet soffocò nel sangue il governo democratico di Salvator Allende. Allende era stato eletto presidente nel 1970 con libere elezioni alla testa della coalizione di Unidad Populare guidava un governo composto da socialisti, comunisti, radicali, socialdemocratici e democristiani di sinistra dissidenti. Il Cile era la nazione dell’America Latina con più salde tradizioni democratiche, ma subiva le ingerenze delle multinazionali straniere che controllavano le miniere di rame e salnitro, mentre la sua agricoltura era ancora dominata dal latifondo. In un paese con 9 milioni di abitanti, circa 600mila bambini avevano uno sviluppo irregolare per insufficienza alimentare.
Nella campagna elettorale Allende aveva promesso di cambiare la situazione degli operai che in otto ore di lavoro guadagnavano IO escudos, mentre i culo di pane ne costava 3: Allende conosceva bene quella realtà, poiché, sebbene proveniente da una famiglia agiata, aveva fatto il medico dei poveri contadini e aveva poi fondato il partito socialista cileno. L’elezione di Allende suscitò in tutto il mondo e particolarmente in Italia la speranza nella realizzazione di una transizione democratica e legalitaria ad una forma di sociaismo aderente alle peculiarità di ciascun paese. Però, fin dai primi giorni di vita del nuovo governo, la destra cilena mostrò la propria ostilità a qualsiasi cambiamento, con un attentato che costò la vita al capo di stato maggiore dell’esercito. Un episodio oscuro e un monito minaccioso.
Allende comunque varò nel 1971 la nazionalizzazione delle miniere di rame ed altre riforme finalizzate a scuotere il Cile dall’immobilismo economico e sociale, incontrando la crescente avversione della destra e dei monopoli internazionali. Iniziò il sabotaggio da parte delle oligarchie. L’aria s’incupì. I capitali vennero trasferiti all’estero, i proprietari chiusero le aziende o licenziarono gli operai. Si verificarono manovre di accaparramento per eccita re l’inquietudine, l’insicurezza, la paura: nell’ottobre del 1972 una serrata di autotrasportatori, dei forni e delle botteghe lasciò la capitale Santiago senza alimenti.
Infine il tragico epilogo. Nella notte dell’11 settembre 1973 le forze armate, capeggiate dal generale Augusto Pinochet (che aveva giurato fedeltà alla costituzione nelle mani di Allende), appoggiate dall’amministrazione Nixon, attuarono il colpo di stato. In tutto il Cile si scatenò una feroce caccia all’uomo, mentre il palazzo presidenziale La Moneda veniva bombardato dai cani armati e dall’aviazione.
Allende, benché sessantacinquenne, combatté armi in pugno con i suoi collaboratori, ma quando capì che la resistenza sarebbe stata presto sopraffatta, dopo aver lanciato un ultimo messaggio via radio al paese, si suicidò per non cadere vivo nelle mani dei traditori golpisti. La feroce dittatura militare che si instaurò portò all’incarcerazione, alla tortura ed alla morte di decine di migliaia di democratici.

Da alcuni anni il Cile è tornato ad una parziale democrazia, perché ancora sotto il controllo dei militari, che, infatti, hanno ottenuto dal parlamento l’approvazione di una legge che impedisce di sottopone a giudizio Pinochet e chi con lui compì quei crimini. Né miglior esito hanno avuto i tentativi dei magistrati europei di processare i colpevoli dei reati perpetrati ai danni di cileni con cittadinanza anche europea.
Evidentemente nella politica internazionale i dittatori possono essere o meno giudicati a seconda degli interessi che hanno servito. A chi guardò con appassionata partecipazione al generoso tentativo di Unidad Popular forse resta solo quella speranza che Allende ripose nelle sue ultime parole lanciate via radio: “… il mio sacrificio non sarà vano, viva il Cile, viva il popolo cileno…”

 

Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 0 – Settembre 2003

   

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