Giornalista e collaboratore di Cara Garbatella, aveva 89 anni

L’ultimo saluto a Cosmo Barbato un maestro per tutti noi

di Gianni Rivolta

Il 30 ottobre scorso è morto Cosmo Barbato,  instancabile collaboratore di Cara Garbatella e nostro carissimo amico. Aveva 89 nove anni e con lui se ne è andato l’ultimo grande vecchio della Villetta. Nella primavera del 1944 venne a Roma, sfollato da Cassino bombardata e si stabilì con suo padre l’avvocato Guido Barbato, sua madre e  una sorellina in due stanze in una casa in coabitazione nelle vicinanze di piazza Mazzini. Si iscrisse al partito comunista da giovanissimo studente del liceo Mamiani nel 1946, tre anni dopo la famiglia ottenne una casa Iacp e si trasferì alla Garbatella. Nel 1950 era tra i gloriosi compagni, premiati da un giovane Enrico Berlinguer, che difesero la Villetta dall’assalto missino del 1° febbraio.

La nostra conoscenza risale alla metà degli anni Ottanta, quando con altri giovani, dopo una lunga militanza nelle formazioni della sinistra extraparlamentare, decidemmo di iscriverci al Pci e varcammo la soglia di quella casetta rossa in via Passino 26, che era il simbolo della ortodossia comunista. Lui era un uomo tutto d’un pezzo, affabile, ma poco propenso a raccontare della sua vita privata particolarmente a noi giovani  poco affidabili, che venivamo dalla sinistra rivoluzionaria. Atteggiamento comune a quasi tutti gli inquilini della Villetta, compreso Orlando Lombardi il segretario, che guidò il partito locale per vent’anni da metà degli anni Settanta fino alla sua morte nel 1995.

Le cose cambiarono in meglio quando le frequentazioni, al di là del comune sentire politico, divennero professionali. Lui, giornalista militante prima di Vie Nuove, il settimanale fondato da Luigi Longo, e poi di Paese Sera, io giovane aspirante cronista per le pagine dei Quartieri del Messaggero. Qualche volta, nel mio praticantato, prima di trasmettere il pezzo alla redazione, glielo facevo leggere per avere una sua preventiva approvazione. Dopo che lo aveva letto Cosmo mi sentivo più tranquillo.

Quando nel 1988, insieme ad altri colleghi del Messaggero, decidemmo di aprire N.12 e N.11, mensili di cronaca locale nella Dodicesima e poi nell’Undicesima Circoscrizione, pensai a Cosmo che già era andato in pensione dopo la crisi di Paese Sera. E lui cominciò questa collaborazione con estrema serietà e professionalità garantendo ogni mese quegli indimenticabili servizi, corredati da fotografie, sulla Resistenza locale o sui tesori archeologici dell’Appia antica, che hanno caratterizzato quelle prime esperienze di free press .Li chiamavamo “i paginoni di Cosmo”. Durante questa collaborazione le nostre frequentazioni divennero più amichevoli e cominciammo a vederci anche con le rispettive famiglie in occasioni di festa e in vacanza. Fino a che la salute lo ha assistito Cosmo, oltre ad essere un instancabile viaggiatore insieme a Gabriella, sua moglie, era anche una buona forchetta e non si tirava mai indietro davanti ad una amatriciana o una cacio e pepe. Inoltre non sopportava il caldo e talvolta in estate si trasferiva in un albergo a Rocca di Papa, a qualche decina di metri dalla mia casa in campagna. Proprio in quei tardo pomeriggi, alla frescura di un tiglio e sorseggiando una limonata ebbi il piacere di conoscerlo più da vicino.  Dopo il congresso di Rimini non aderì alla proposta di Achille Occhetto di cambiare nome e simbolo al Partito, tanto che si iscrisse a Rifondazione comunista. Furono anni difficili, di divisioni anche familiari, ma al di là delle posizioni politiche diverse la nostra collaborazione e la nostra amicizia è rimasta sempre salda nel tempo. Con il peggiorare della sua salute e dopo la morte di Gabriella, che ha amato profondamente, le frequentazioni si sono allentate, ma qualche volta con Giancarlo andavamo a casa sua a mostrargli Cara Garbatella o lo andavamo a prendere in occasione di qualche cena comune. Ormai non ci vedevamo di frequente, ma era sempre nei nostri pensieri e lui lo sapeva. La sua è stata una esistenza piena e intensa, ricca di curiosità e amore per la vita, un esempio per tutti i giovani. Pochi giorni prima di morire, alla notizia del crollo del pino secolare della Villetta, ha voluto tornare nella sua casa politica, non solo una sezione ma un luogo di affetti e passioni. Gli abbiamo voluto bene per tanti anni. Ci sentiamo vicini a Guido e a Laura, suoi figli. Il suo ricordo rimarrà per sempre nei nostri cuori.

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