Cto: serve un grande sforzo per tirarsi fuori dal pantano

Cto: serve un grande sforzo per tirarsi fuori dal pantano

La Cgil: In attesa di un piano di ristrutturazione e di rilancio, oggi l’ospedale è fermo a quattro anni fa e pare muoversi solo per inerzia

di Massimo Marletti

Sabato 9 febbraio, ore 14.20.
Ospedale Cto. Reparto Radiologia, smonta il turno.
Una giornata nervosa, un’altra.
Ancora una volta l’Ospedale è sulle cronache di un quotidiano della capitale. …..

Cto: serve un grande sforzo per tirarsi fuori dal pantano

La Cgil: In attesa di un piano di ristrutturazione e di rilancio, oggi l’ospedale è fermo a quattro anni fa e pare muoversi solo per inerzia

di Massimo Marletti

Sabato 9 febbraio, ore 14.20.
Ospedale Cto. Reparto Radiologia, smonta il turno.
Una giornata nervosa, un’altra.
Ancora una volta l’Ospedale è sulle cronache di un quotidiano della capitale.
La cosa, contrariamente ad un comune modo di sentire, infastidisce non poco chi, tutti i giorni, tira avanti la baracca, cercando di fare al meglio il proprio dovere. Discussione accesa con i compagni di reparto, tutti Cgil: un drappello di infermieri (ormai sono rimasti in cinque, ce ne vorrebbero almeno sette per assicurare il turno).
Oggi l’ennesima emergenza. Si è ammalata una collega e, sul suo rientro in servizio, nulla è dato di sapere. Da più di due mesi, con l’ultimo pensionamento mai rimpiazzato, insieme a medici, tecnici ed amministrativi, portano avanti un reparto mattina, pomeriggio, notte, con un’affluenza media di oltre duecento persone al giorno. Tutta gente che viene dal quartiere, ma molti anche da fuori, perché “Voi siete bravi per le ossa”, come mi disse una vecchietta che alle tre del mattino, accompagnata dal figlio, arrivò da Sacrofano, scavalcando chissà quanti ospedali nel tragitto, pur di arrivare da noi. Così si lavora in tutti i reparti ormai.

La Radiologia è solo un esempio. Si lavora male, in queste condizioni. 180 sono gli infermieri che mancano per i bisogni della Asl, 31 i tecnici di radiologia, 62 i fisioterapisti, 247 gli ausiliari, razza ormai in via di estinzione. Una situazione difficile, frutto anche del reiterato blocco delle assunzioni, confermato dal Governo nazionale e dalla Regione Lazio, per un piano di rientro dal deficit ereditato dalla dissennata gestione della precedente Giunta Storace. Piano di rientro che ha una sua giustificazione, ma che se mantenuto così com’è rischia di ucciderci, trasformandosi in un vero e proprio scippo alla sicurezza ed al diritto alla salute di operatori ed utenti.
Ma questo è solo un aspetto di una situazione maledettamente intricata. Massacrata dalla banda Celotto, Bultrini, Vaia (solo al Cto tre primari in più con relativo sdoppiamento di divisioni, alla faccia della razionalizzazione della rete ospedaliera), la Asl, pur risanata nei bilanci (di questo se ne dà atto a questa Amministrazione), senza un piano vigoroso di rilancio, rischia il definitivo declino.
Per intenderci un po’ la storia della cura che ammazza il cavallo. Per il Cto i numeri sono impietosi: Riduzione dei ricoveri in questi ultimi trenta mesi di circa il 20%; Riduzione delle prestazioni di radiodiagnostica negli ultimi cinque anni del 70%; Situazione critica per quanto riguarda i tempi delle liste di attesa; Sul versante degli interventi operatori, siamo passati dagli 8000 interventi circa del 2002 (picco delle prestazioni) ai 7567 del 2006 ed i dati del 2007, in via di elaborazione, si mantengono più o meno sugli stessi livelli dell’anno precedente.
Quello che più ci preoccupa non è tanto la flessione pur marcata dell’attività chirurgica, quanto quello che sta “dentro” a questi numeri.
Diminuiscono, quasi del 50% in tutte le divisioni ortopediche, gli interventi cosiddetti di “spessore”. Per intenderci, se una divisione nel corso dell’anno faceva 1000 interventi pesanti, ora ne fa 500. La media quindi (quella dei due polli…) viene raddrizzata attraverso sedute operatorie più “leggere”, molte delle quali trattabili attraverso normalissimi day-hospital.
Insomma, stiamo diventando un ospedale che opera poco, il che non regge proprio per un ospedale che vuole diventare punto di riferimento per l’ortopedia e la traumatologia, e quel poco che fa, con l’andar del tempo, rischia di mortificare le pur eccellenti professionalità che ancora ci sono.
Quindi, il nostro patrimonio rischia di diventare sempre meno appetibile per un serio professionista, sempre più attratto verso altri lidi probabilmente … privati.
Come siamo arrivati a questo punto? Le cause sono molte. Sicuramente la pesantissima eredità che la nuova Amministrazione ha ereditato con un deficit talmente alto (2 milioni di euro, così come certificato dalla Corte dei Conti nella seduta del 26/2/2007), tale da mettere in discussione non solo i livelli di assistenza per l’utenza, ma lo stesso salario dei lavoratori. Ma solo questo non basta.
Immobilismo, timidezza, scarso spessore di politica sanitaria – ormai lo dicono un po’ tutti, non solo la Cgil messa in mostra da questa Direzione aziendale. Livelli di direzione aziendale a dir poco imbarazzanti, specialmente nei due presidi ospedalieri.
Personale, specialmente quello del comparto, sottoposto a ritmi massacranti, sicuramente insufficiente a garantire normali livelli di assistenza.
Dulcis in fundo, organizzazione del lavoro, specialmente nei gruppi operatori, inesistente, dettata più dagli umori di questo o quel primario o direttore sanitario, che da una reale organizzazione del presidio.
Per i non addetti ai lavori significa una organizzazione ondivaga, senza percorsi codificati per l’urgenza e per la normalità, il lavoro di tutti i giorni. Per intenderci, fratture che andrebbero trattate nell’arco delle 4-6 ore dal momento del ricovero seguono un iter di ricovero “normale”, con tutto ciò che ne consegue in ordine alla salute del paziente e del suo recupero, di riduzione della capacità assistenziale, allungamento dei tempi di attesa sugli interventi di routine.
Questo è il quadro impietoso che oggi noi abbiamo davanti, a tre anni dall’insediamento di una Giunta e di una Direzione generale dalla quale ci si aspettava di più, molto di più.
Un volantino, firmato dalla Cgil aziendale Cto così sintetizza il momento: “… A fronte di una crisi che sta lentamente distruggendo l’ospedale, in un’attesa messianica di un piano di ristrutturazione e di rilancio che verrà, oggi il Cto è fermo a quattro anni fa e pare muoversi per inerzia, come una nave senza comando…..”. E, solo grazie ad un personale medico e paramedico straordinariamente attaccato al suo posto di lavoro, riesce ancora a garantire un livello di assistenza più che dignitosa, aggiungo io.
Ed è proprio partendo da questa ultima considerazione, da quel qualcosa di speciale che rende unico il rapporto che lega questa realtà con i suoi operatori e con il quartiere, che mi permetto di chiudere questo ragionamento con un messaggio di lotta ed insieme di speranza. Imprimiamo nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, una svolta alle vicende del Cto e del suo rilancio. Si apra un tavolo di concertazione in cui, ognuno per la sua parte e nel rispetto delle responsabilità di loro competenza, Direzione generale, Sindacati confederali, Forze politiche ed Istituzionali del quartiere, siano chiamati a svolgere il proprio ruolo. A due anni e mezzo dal suo insediamento, ad un anno dalla chiusura del risanamento dei conti, è arrivato il momento di ridare fiato e linfa a questa Asl.
Il tempo che ci riamane è poco … Ma è l’unica strada percorribile.

 

Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 5 – Marzo 2008

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