4 giugno 1944: alla Garbatella arrivano gli Alleati. Tragedia al lotto 2

QUEL BLINDATO SPARÒ PER COLPIRE UN MILITE DELLA PAI, MA FINÌ SULLA CASA DELLA FAMIGLIA RICCI, CAUSANDO LA MORTE DI ANGELA NOVELLI

di Gianni RIVOLTA

Erano le prime ore di sabato 3 giugno 1944 quando le colonne corazzate tedesche, decimate e avvilite, percorrevano l’Appia e la Casilina per dirigersi verso la Flaminia, la Salaria e la Cassia in direzione nord. Per tutta la notte ponte Milvio fu attraversato da queste forze in rotta. Anche il generale Maeltzer, comandante delle forze di occupazione della città, era fuggito in aereo.
Questa litania di tedeschi motorizzati e a piedi continuò per tutta la mattina di domenica. Alcuni cercavano abiti borghesi. Per un vestito c’era chi offriva addirittura una motocicletta. L’atmosfera in città volgeva rapidamente alla festa, la gente riempiva i caffè, sedeva sui gradini delle chiese . “ Gli alleati stanno a San Giovanni” dicevano, ma nello stesso tempo ci fu ancora un rastrellamento. Del resto tra un esercito in ritirata e le avanguardie di un’altra armata che avanza non si può mai tagliare una netta linea di demarcazione. Qua e là ci furono scaramucce, altri episodi di resistenza. Certi tedeschi furono fatti prigionieri, altri cercarono di rifugiarsi in qualche casa. Quella domenica c’era una grande attesa anche alla Garbatella.

“L’americani, l’americani, eccoli so’ loro, stanno a venì giù dalla Colombo”. Era proprio una colonna di blindati quella che stava attraversando il quartiere Icp in quel pomeriggio primaverile. La gente uscita dai lotti, dapprima incuriosita, cominciava a festeggiare. Grida di gioia e applausi accoglievano la colonna dei militari che, percorsa l’Appia e attraversato il tracciato della Cristoforo Colombo, stava imboccando la stretta via delle Sette Chiese in direzione della basilica di San Paolo. In realtà si trattava di una colonna di veicoli corazzati inglesi, degli Humber MK con cannoncino da 37 millimetri. Probabilmente il loro obiettivo era l’occupazione di alcuni centri sensibili, come le Officine del gas, la centrale elettrica e la stazione ferroviaria dell’Ostiense. Gli inglesi avevano fretta di arrivare.

Già avevano perso la gara con gli americani che per primi avevano raggiunto piazza Venezia, il Campidoglio, il Colosseo e la Basilica di San Pietro: i luoghi simbolo della città di Roma, dove avevano impiantato le loro bandiere. La popolazione scendeva dalle case e si affacciava alle finestre. Tra un gruppo di persone che stazionava sullo slargo delle Sette Chiese (dove oggi c’è il monumento di metallo alla Resistenza) faceva capolino anche un milite della Pai, la Polizia dell’Africa italiana, con tanto di mantello e copricapo coloniale. Non poteva passare inosservato, una vera e propria provocazione.

Improvvisamente un blindato si ferma, scende un membro dell’equipaggio con la pistola in mano per arrestarlo.
Un gruppo di donne non lo permettono, si mettono in mezzo e lo fanno scappare. Quello della Pai di buon passo fugge sul marciapiede sinistro di via Enrico Cravero verso piazza Bartolomeo Romano e via Luigi Orlando, dove c’era la caserma (oggi c’è la stazione dei carabinieri). Il blindato non ha esitazione alcuna. Lo segue e quando supera il negozio da barbiere dei Zamiol, punta il cannoncino verso il fuggitivo che stava scappando verso la caserma. La struttura edilizia del quartiere non era quella di oggi (vedi planimetria). Il lotto 9 non era stato ancora costruito.

Al suo posto c’erano erbacce e polvere di un prato incolto sul quale gli inquilini avevano ricavato un rudimentale campo per il gioco delle bocce. Parte un colpo, un boato. La folla sulla piazza sgomenta assiste allo spettacolo del blindato impazzito. Il gran vociare della gente nei lotti e per le strade incuriosì anche la famiglia Ricci che abitava al lotto 2, in via della Garbatella 10.

Era festa e insieme al papà Carlo, alla moglie Angela Novelli e ai tre figli c’era anche la famiglia degli zii. Il pranzo si era protratto a lungo, poi le chiacchiere tra parenti. Si erano fatte quasi le quattro. La mamma Angela, una volta rigovernata la cucina, si era affacciata incuriosita sul terrazzino. Non l’avesse mai fatto. Quel terribile proiettile, dopo una lunga parabola, la colpì ad un braccio e fece crollare la colonnina di cemento addosso alla malcapitata. Angela sanguinante fu portata immediatamente dal marito e dai parenti alla vicina farmacia del lotto 8 e poi fu trasportata all’ospedale del Celio. Morì due giorni dopo, il 6 giugno per un’emorragia interna, probabilmente causata dallo schiacciamento degli organi. Il certificato di morte parla di: Shock traumatico, contusione addominale, frattura esposta dell’avambraccio destro — 2°e 3° metacarpo sn., colpita da una bomba d’aereo (?). Un errore o il tentativo di coprire un incidente imbarazzante causato dai liberatori di Roma? Non lo sapremo mai, ma certamente sappiamo che a sparare fu un blindato.
Il proiettile inesploso, infatti, rimase per settimane sul posto dell’incidente mortale. Angela Novelli era del 1896, aveva 48 anni: lasciava il marito, tre figlie Velia, Lucia, Iole e un maschietto, Oreste. Le foto del 4 giugno 1944 sono state concesse da Carla Monaldi su Garbatella 100 il racconto di un secolo.

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