Gli americani entrano alla Garbatella

Gli americani entrano alla Garbatella

Le colonne alleate scendono da Via delle Sette Chiese e da Via Roberto de Nobili.
Ma una tragedia al lotto 2 guasta la festa della Liberazione

Già dalle prime ore di sabato 3 giugno le colonne corazzate tedesche, decimate e avvilite, percorrevano l’Appia e la Casilina per dirigersi verso la Flaminia, la Salaria e la Cassia in direzione nord. Per tutta la notte Ponte Milvio fu attraversato da queste forze in rotta; il generale Malzer, comandante tedesco della città, era fuggito in aereo. …..

Gli americani entrano alla Garbatella

Le colonne alleate scendono da Via delle Sette Chiese e da Via Roberto de Nobili.
Ma una tragedia al lotto 2 guasta la festa della Liberazione

Già dalle prime ore di sabato 3 giugno le colonne corazzate tedesche, decimate e avvilite, percorrevano l’Appia e la Casilina per dirigersi verso la Flaminia, la Salaria e la Cassia in direzione nord. Per tutta la notte Ponte Milvio fu attraversato da queste forze in rotta; il generale Malzer, comandante tedesco della città, era fuggito in aereo.
Questa litania di tedeschi motorizzati e a piedi continuò per tutta la mattina di domenica. Alcuni cercavano abiti borghesi, per un vestito c’era chi offriva addirittura una motocicletta.
L’atmosfera in città volgeva rapidamente alla festa, la gente riempiva i caffè, sedeva sui gradini delle chiese: “gli alleati sono a San Giovanni”, alcuni gridavano. Anche se tra un esercito in ritirata e le avanguardie di un’altra armata che avanza non si può mai tagliare una netta linea di demarcazione.
Qua e là ci furono scaramucce, qualche resistenza, certi tedeschi furono fatti prigionieri, altri cercarono di rifugiarsi in qualche casa. Anche alla Garbatella la gente aspettava i soldati “a stelle e a strisce”.
“L’americani, l’americani, eccoli so’ loro, stanno a venì giù dalla Colombo (in costruzione)”.
Era una colonna di blindati delle forze inglesi quella che stava attraversando la Garbatella in quel pomeriggio preestivo.

Liberazione di Roma 25 aprile 1944La gente uscita dai lotti, dapprima incuriosita, cominciava a festeggiare. Grida di gioia e applausi accoglievano un’altra colonna di militari che, percorsa l’Appia, stavano imboccando Via delle Sette Chiese in direzione della basilica di San Paolo.
Il gran vociare della gente incuriosì anche la famiglia Ricci che abitava al lotto 2, in Via della Garbatella 10.
Era domenica e insieme al papà Carlo, la moglie Angela Novelli e i quattro figli c’era anche la famiglia degli zii. Il magro pranzo domenicale si era protratto a lungo, poi le chiacchiere tra parenti. Si erano fatte quasi le 17 e Oreste, il figlio più piccolo che aveva appena 9 anni, non riuscì a resistere: la curiosità era grande, tante persone correvano su Via della Garbatella verso la stradina.
Non c’era tempo da perdere, abbandonò i giochi, scese le scalette a salti e si diresse verso l’incrocio con Via delle Sette Chiese.
La struttura edilizia del quartiere non era quella di oggi. Il lotto 9 non era stato ancora costruito, al suo posto erbacce e polvere di un prato incolto sul quale gli inquilini avevano ricavato un rudimentale gioco di bocce. Il piccolo Oreste giunse appena in tempo per vedere la coda dell’ultimo carro armato che scendeva per la via, quando sentì un boato tremendo.
Impaurito tornò verso casa e a pochi passi dall’abitazione si rese conto che era successo qualcosa di grave perché i vicini cercavano di distrarlo e tenerlo lontano.
Era accaduto l’irreparabile. La mamma Angela, una volta rigovernata la cucina, si era affacciata incuriosita sul pianerottolo davanti al lotto e un proiettile anticarro, sparato da chi
e perché non si è mai saputo, l’aveva colpita ad un braccio e aveva distrutto una colonnina di mattoni che era crollata addosso alla malcapitata.
Angela fu portata dal marito e dai parenti alla vicina farmacia del lotto 8 e poi fu ricoverata all’ospedale. Morì due giorni dopo per un’emorragia interna, il 6 giugno del 1944.
Aveva 47 anni: lasciava il marito, tre figlie e  un maschietto. Così quella festa si tramutò per la famiglia Ricci in una indimenticabile tragedia. I resti di quel proiettile rimasero sul posto per diverse settimane, fino a che un giorno vennero gli artificieri a recuperarli. E quel dramma della Liberazione cadde nel nulla.
Oltre al ricordo drammatico di Oreste Ricci, l’arrivo degli alleati alla Garbatella è testimoniato da diversi racconti, anche se non del tutto coincidenti. Forse le memorie fanno riferimento all’ingresso delle truppe alleate in diverse ore della giornata o forse i “liberatori” seguivano una precisa strategia di occupazione degli obiettivi più importanti. Oltre al centro città, nelle loro mire c’erano i grandi servizi tecnologici sull’Ostiense, l’Officina del gas e la Centrale elettrica e il nodo cruciale della stazione ferroviaria, per cui si giustificano i diversi percorsi delle colonne attraverso la Garbatella, uno su Via delle Sette Chiese, l’altro su Via Roberto de Nobili.
Sicuramente uno dei racconti più attendibili è quello di Adelio Canali, che ha raccolto le sue memorie in un recente libro autobiografico “La terrazza sulla Garbatella”:

“Nel primo pomeriggio un’agitazione insolita, un vociare crescente, tante persone che scendevano in strada o si parlavano dalle finestre; salii di corsa con altri coinquilini sulla terrazza e, affacciandomi su Via Massaia, vidi spuntare da Via Roberto de Nobili camion alleati, alternati con qualche macchina tedesca.
Rimanemmo smarriti, ma poi si seppe che, mentre per i tedeschi era una ritirata, per gli americani si trattava di una gara a chi arrivasse primo in Campidoglio.
Dalla parte di Via Percoto notammo che un gruppo di giovani col fazzoletto tricolore al collo aveva assaltato il commissariato, liberando l’ebreo Leone dalla camera di sicurezza.
Costui uscì di corsa e nel cortile iniziò a saltare per la gioia, gridando ‘Viva l’Italia’- ma i pantaloni senza cintura calarono giù e dall’Albergo Rosso risuonarono risate e sfottò”. 

 

 

Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 6 – Speciale 25 aprile 2009

 

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