200 missini assaltano la Villetta Il quartiere reagisce e li caccia

ALL’EPOCA DEI FATTI – 28 GENNAIO 1950

200 missini assaltano la Villetta Il quartiere reagisce e li caccia

di Claudio D’aquanno

Un anno proclamato santo, quello del 1950, e accolto da Pio XII con ispirato fervore anticomunista. L’assunzione di Maria diviene dogma e in varie parti d’Italia si moltiplicano Madonne pellegrine, cortei di fedeli con statue piangenti, apparizioni miracolose benedette a monito di tutti “gli anticristi rossi e i senza Dio”. Lo choc d’inizio gennaio viene però da Modena dove la polizia spara sugli operai dell’industria Orsi, in sciopero a difesa del posto di lavoro, lasciando sul terreno 6 morti e 51 feriti. “Non so – dichiara Togliatti – se Scelba ordini personalmente gli eccidi. Certo egli è il responsabile di una situazione che la coscienza civile non può tollerare. Egli deve lasciare il suo posto”.  …..

ALL’EPOCA DEI FATTI – 28 GENNAIO 1950

200 missini assaltano la Villetta Il quartiere reagisce e li caccia

di Claudio D’aquanno

Un anno proclamato santo, quello del 1950, e accolto da Pio XII con ispirato fervore anticomunista. L’assunzione di Maria diviene dogma e in varie parti d’Italia si moltiplicano Madonne pellegrine, cortei di fedeli con statue piangenti, apparizioni miracolose benedette a monito di tutti “gli anticristi rossi e i senza Dio”. Lo choc d’inizio gennaio viene però da Modena dove la polizia spara sugli operai dell’industria Orsi, in sciopero a difesa del posto di lavoro, lasciando sul terreno 6 morti e 51 feriti. “Non so – dichiara Togliatti – se Scelba ordini personalmente gli eccidi. Certo egli è il responsabile di una situazione che la coscienza civile non può tollerare. Egli deve lasciare il suo posto”.
Il capo del governo, Alcide De Gasperi, per tutta risposta rimpasta un nuovo esecutivo ma il suo ministro di polizia è più che mai inamovibile. In cronaca romana tengono comunque banco i processi alle spie e ai collaboratori del passato regime fascista mentre i rigori dell’inverno rendono più dura anche la vertenza sindacale all’OMI da oltre due mesi senza contratto. Nello sport volano basso le squadre romane con la Roma di Trerè e Tontodonati, alle prese col sistema di Bernardini, preoccupata dalla trasferta di Padova mentre la Lazio aspetta in affanno il Como.

Il campione delle sinistre si chiama invece Roberto Proietti, viene da Testaccio, sostiene le campagne per la pace e sul ring di Londra difende la corona europea
dei pesi leggeri contro il temibile Billy Thompson. Per l’occasione l’Unità spara la notizia del match in prima pagina e, in maniera sfacciatamente allusiva, titola: “Proietti Vince. Riscattata la sconfitta del 1948”.

E’ in questo clima che matura la provocazione fascista dell’assalto alla Villetta. Sono le 19 e 30 di sabato 28 gennaio e la sezione del Pci viene presa di mira da un gruppo organizzato di oltre duecento squadristi giunto dalla Via Ostiense a bordo di due camion e d’un autotreno Lancia 3 Ro. Il gruppo si raduna prima su un prato in via delle Sette Chiese e poi in piazza Bartolomeo Romano, come riporta il giornale comunista, “incolonnato in due quadrate legioni, passate prima in rivista dai loro caporioni, si avvia per la strada della borgata della Garbatella cantando e inneggiando”. Il pretesto della spedizione è la distribuzione del giornale Lotta Politica, organo ufficiale del Msi di Giorgio Almirante, ma l’intenzione vera è quella di “dare una lezione” al quartiere.
Nella strada di avvicinamento alla Villetta sono numerosi gli aggrediti e bastonati. L’assalto a Via Passino, nonostante tanto spiegamento di gerarchi e alalà, finisce però in disfatta. “Ce l’ho ancora presente – ricorda Luciano Rossi – la scena di quella giornata. Uscivo dal cinema Garbatella, oggi Palladium, assieme a mia sorella quando ecco che ci troviamo l’assembramento di queste persone con uno particolarmente esagitato che li incitava. Lotta Politica, strillava, Lotta Politica. Si riferiva al giornale ma non si capiva se lo volevano vendere o buttarlo in giro. Comunque in testa c’era uno con un catenone che batteva per terra in un modo, per me che ero ragazzo, più buffo che minaccioso. Mia sorella capì subito l’antifona e si mise a urlare: so’ fascisti, so’ fascisti. La voce si propagò e, tanto per dirne una, mia madre la prima cosa che fece fu quella di prendere un bandierone rosso che c’aveva in casa e metterlo al balcone. Mio padre tirò fuori un attrezzo da muratore e si precipitò in strada”. Respinti una prima volta da una dozzina di persone – tutti giovanissimi – presenti in sezione gli squadristi si trovarono a dover fronteggiare la risposta delle centinaia di lavoratori accorsi dai lotti.
“Un sacco di gente – riprende Luciano – uscita dai locali pubblici, dai caffè, dalle osterie e dalle case della zona. Poi il bello è che c’era pure tutto il cantiere del mercato in costruzione a fornire materiali di lancio e per loro fu la rotta. Quelli che pensarono di salvarsi nei lotti beccarono una sveglia che ancora se la ricordano. Manco uno fu consegnato alla polizia. Non era bello. Non stavano in condizioni di poter sostenere l’arresto”. Sulla fine indecorosa di quella parata concorda anche Uccio. “Quel periodo lavoravo alla tabaccheria di piazza Pantero Pantera e – fa il veterano della Villetta – mi trovavo al bancone quando intesi un botto forte provenire dalla piazza del cinema.

M’affacciai in strada e dal trambusto capii che si trattava di fascisti. Mi tolsi subito lo zinale di dosso e andai verso la sezione ma quando arrivai era già tutto finito. Quelle volpi, per scappare, s’erano andate a infilare dentro i lotti e così conclusero in gloria la loro fausta giornata.”.
Di tutta la faccenda, passato l’eco del momento, si tornerà a parlare molto nei mesi successivi quando finiranno sotto processo e saranno condannati Alberto Ribacchi, segretario provinciale del movimento giovanile missino, Giovanni Buongiorno, Giovanni Crucillà, Francesco Calabrò, Alberto Campanella, Gioacchino D’Orazi, Gaetano Lelli, Carlo Rughini, Benito Sirgiovanni e Ugonotto Germanelli. Di tutti è il nome di Ribacchi quello destinato poi alle cronache nazionali di maggior peso.
Non contento della ritirata, con scorno e fellonia, rimediata alla Garbatella il giovane missino finirà infatti arruolato nell’ennesima riesumazione della sigla FAR (Fasci d’Azione Rivoluzionaria) e si troverà inquisito con Julius Evola e gente di vario calibro, si fa per dire, tipo Clemente Graziani, Fausto Gianfranceschi, Gionfrida e Petronio, nonché Sterpa, Rauti od altri baldi frequentatori delle più nostalgiche adunate.

 

Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 5 – Marzo 2008

 

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