Vecchi giochi dei ragazzi a imitazione delle sfide dei campioni Sui marciapiedi “gare ciclistiche” coi tappi di latta delle bottiglie di Enrico Recchi

Vecchi giochi dei ragazzi a imitazione delle sfide dei campioni

Sui marciapiedi “gare ciclistiche” coi tappi di latta delle bottiglie

di Enrico Recchi

Molti giochi dei bambini spesso altro non sono che l’imitazione di quel che fanno gli adulti, specie se si tratta di campioni dello sport. Negli anni 50/60 del secolo scorso ragazzini della Garbatella che avessero una vera bicicletta e che potessero atteggiarsi a “campioni dello sport” ce ne sarà stato solo qualcuno. Tutti gli altri giocavano alle “lattine”.

gara-con-i-tappiSi trattava di un gioco sociale, quindi da fare in gruppo. Di poco costo i mezzi necessari al gioco: un tappo in lattina di bibita e un marciapiede e poi la fantasia, ingrediente sempre insostituibile. Con un gessetto, ma bastava anche un sasso chiaro, si disegnava la pista a terra. Due linee parallele a distanza di circa 15 centimetri si sviluppavano sul marciapiede, con curve, magari un ponte fatto con una tavoletta di legno, rettilinei, salite, se possibile, ed infine il traguardo. In genere il più bravo a disegnare riceveva l’incarico di fare il percorso.

Era proprio così che i ragazzini dei lotti si ergevano a campioni delle due ruote e potevano celebrare i veri campioni che intanto si cimentavano nel “Giro d’Italia”o nel “Tour de France”.

In genere questi giochi avevano la loro stagionalità, proprio come i veri sport. Per disegnare la pista sul marciapiede c’era bisogno della bella stagione, non doveva piovere. E quindi si cominciava a giocare a “lattine” in primavera e si continuava fino alla fine dell’estate. Naturalmente era necessaria la lattina, ovvero il tappo di latta di una bibita. All’epoca i tappi di plastica erano del tutto sconosciuti, quindi tappi di latta ce ne erano tanti. L’abilità era nel reperire una lattina che avesse tutti i dentini integri, senza “slabbrature”, ovvero non danneggiati durante l’apertura della bottiglia, né che avesse ammaccature nella parte centrale. Si procedeva quindi alla pulitura della lattina togliendo quella sottile pellicola di gomma che era all’interno. Poi i più “scafati” riempivano la lattina di cera, in modo da appesantirla per dargli stabilità. In quel periodo trovare candele in casa non era difficile.

Certo oggi i ragazzini avrebbero qualche difficoltà. Per ultimo il tocco che distingueva. Si collocava nella parte interna della lattina, come abbiamo detto riempita di cera, l’immagine del campione amato: Coppi e Bartali e poi più avanti Magni, Adorni, Gimondi, Motta e per gli esterofili Anquetil, Altig, per finire con Eddy Merckx.

Era chiaro che il dualismo sempre esistito tra i vari campioni della bicicletta era il “sale” che animava i vari gruppi di contendenti che, seppure in calzoni corti, scimmiottavano le discussioni sentite in famiglia dai parenti: “E no! Gimondi è meglio di Motta!!!”. L’immagine del campione veniva ritagliata da qualche giornale oppure presa dalle figurine delle raccolte per ragazzi. Una volta costruito il circuito in miniatura si iniziava la gara stabilendo con una conta l’ordine di partenza. I gruppi più organizzati stilavano proprio una classifica giorno per giorno, proprio come avviene al “Giro d’Italia”, per poi proseguire il giorno successivo con la tappa seguente.

Chiaramente il giorno dopo della pista disegnata poteva rimanere poco sul marciapiede, allora si ripassavano i segni ancora esistenti o si disegnava un nuovo percorso. Così ci si sdraiava a terra e presa la mira si colpiva la lattina con le dita, messe in varie posture a seconda delle teorie e delle capacità personali. L’importante era che con la “schicchera” si mandasse la lattina avanti il più possibile senza farla uscire dal percorso, altrimenti si sarebbe subita una penalità. La lattina ben levigata viaggiava sul marciapiede che era una meraviglia!

Vinceva chi arrivava per primo al traguardo dopo aver fatto il numero di giri stabiliti. La passione per questo gioco continuava anche durante l’estate, quando le piste venivano disegnate sulle spiaggia prendendo, in genere, un bambino più piccolo per i piedi e trascinandolo sull’arenile, in modo che con il didietro di segnasse sulla sabbia la pista. Non venivano utilizzate le lattine, che non potevano scorrere sulla sabbia, ma delle biglie di plastica con all’interno l’immagine del campione del ciclismo ma anche della Formula 1.

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