di Enrico RECCHI
Dopo un lungo periodo di inattività è ripresa anche nelle zone del nostro quadrante la potatura degli alberi di alto fusto. Recentemente abbiamo visto dare una riordinata al cospicuo patrimonio arboricolo della Circonvallazione Ostiense, di Via G. Massaia ed altre strade. Le squadre dei manutentori hanno operato ripulendo il verde in eccesso di siepi, giardini e potando i grandi alberi. Ma sono ancora molte le strade che aspettano il maquillage dei giardinieri e che soffrono ancora i danni causati dalle cadute di rami e di interi tronchi avvenute in inverno. Purtroppo non ci scordiamo i danni provocati dai crolli sotto i colpi sferzanti del vento o più semplicemente causati dall’incuria in via G. Massaia, Piazza O. da Pordenone, via Pigafetta, ecc. Muri abbattuti, intonaci danneggiati, auto schiacciate. Questo è accaduto anche in altri quartieri di Roma.
Nonostante gli ultimi interventi la situazione è sempre in emergenza. In certi casi i rami ancora oggi entrano nelle finestre e nei balconi riducendone la luce e causando un grave disagio per gli inquilini anche dei piani alti. Addirittura in alcune circostanze non possono aprire le finestre o ancor peggio in caso di caduta, come è avvenuto in via G. Massaia e in piazza O. da Pordenone, si sono visti sfondare le tapparelle da rami di notevole dimensione. Ci si chiede perché non vengono potati i rami più alti? Perché non vengono “abbassati” gli alberi quando i rami arrivano a coprire le facciate dei palazzi?
Iniziamo con il dire che il taglio indiscriminato del fusto o di grandi rami di un albero prende il nome di capitozzatura. A detta dei botanici questa è la tecnica più dannosa di potatura e sembrerebbe che oggi è stata definitivamente abbandonata, in quanto non adeguata ad assicurare la riduzione dell’altezza dell’albero e tantomeno a ridurre il pericolo di ribaltamento o cedimento dello stesso. Anzi nel lungo periodo si ottiene l’effetto esattamente opposto, ovvero il tronco si indebolisce e la sua stabilità è ancor più precaria.
Rimuovendo i rami e di conseguenza le foglie più alte, l’albero resta senza la forza per alimentare tutte le sue parti. Perdendo tanto fogliame, che rappresenta il suo nutrimento, attiva un meccanismo di sopravvivenza ed andrà a produrre diramazioni di lunghezza maggiore, ma più esili per cercare di recuperare il fogliame perso. Quindi produrrà uno sforzo enorme, e se l’albero non ha una riserva di energia per sostenere questo affaticamento, il rischio che muoia è consistente. Inoltre diventa altresì più soggetto all’attacco di insetti e malattie.
Il problema è a monte naturalmente: nella scelta sbagliata degli alberi che vengono messi a dimora, senza tenere conto di quali specie sono adatte per un certo luogo, per le dimensioni che quei fusti raggiungeranno nel tempo e per le caratteristiche della loro vegetazione, il mancato rispetto della distanza …Solo da cinquant’anni circa si è arrivati a capire che piantare i pini lungo le strade ad intenso scorrimento di traffico (la Cristoforo Colombo un esempio) ha significato condannare a morte diverse persone che hanno perso la vita in incidenti causati dalle radici.
Quale è la soluzione? Scelta oculata degli alberi da piantumare in una città dove tra l’altro asfalto (basi degli alberi soffocati dal catrame dei marciapiedi) e inquinamento producono i loro effetti dannosi sulle piante, interventi di manutenzione costante, abbattimenti di vecchi alberi e piantumazione di nuovi, piuttosto che rischiare la loro caduta e i danni conseguenti.