Un tuffo nel passato tra mestieri e personaggi che animavano le strade del quartiere
Autunno profumo di castagne
di Enrico Recchi
Con questo primo articolo vogliamo raccontare i mestieri e le professioni di quelle persone che animavano la vita e le strade della Garbatella e che oggi non ci sono più o che hanno assunto caratteristiche tanto diverse da renderli proprio diversi per chi li ha conosciuti e li ricordava in un certo modo. Siamo in autunno e quindi cosa c’è di meglio che parlare del frutto principe di questo periodo, ovvero la castagna e del “callarostaro” cioè il venditore ambulante di castagne arrosto.
Un tuffo nel passato tra mestieri e personaggi che animavano le strade del quartiere
Autunno profumo di castagne
di Enrico Recchi
Con questo primo articolo vogliamo raccontare i mestieri e le professioni di quelle persone che animavano la vita e le strade della Garbatella e che oggi non ci sono più o che hanno assunto caratteristiche tanto diverse da renderli proprio diversi per chi li ha conosciuti e li ricordava in un certo modo. Siamo in autunno e quindi cosa c’è di meglio che parlare del frutto principe di questo periodo, ovvero la castagna e del “callarostaro” cioè il venditore ambulante di castagne arrosto.
L’origine del nome non è chiara, c’è chi fa risalire l’etimo alla città di Kastania nell’antica regione greca della Tessaglia e chi invece lo riconduce a “Kastanis” nella Turchia dove secondo Plinio erano presenti vasti boschi di castagno. In ogni caso già Ippocrate nel IV sec. a.C. parlava di “noci piatte” e delle loro proprietà.
Oggi questa figura alla Garbatella non esiste più e si incontra solo nelle strade del centro e la stragrande maggioranza dei venditori è costituita da cittadini del Bangladesh, che le castagne al loro paese non sapevano neanche che esistessero ma che per necessità hanno imparato in fretta come si “governano” e si cuociono.
Una volta, invece, diciamo fino a 10/15 anni fa i “callarostari” che s’incontravano per strada, alla Grabatella fino a 20/25 anni fa, non erano di Roma anzi per la maggior parte si trattava di gente della provincia di Viterbo o dell’Abruzzo che scendeva a Roma per fare proprio questo mestiere per l’autunno/inverno.
L’attrezzatura non si comprava ma in genere era fatta artigianalmente o dal venditore stesso o da un fabbro. Il callarostaro come tutti gli ambulanti era organizzato per trasportare tutto l’occorrente utile per allestire il punto vendita. A volte si serviva di una carrozzina da bambini modificata, a volte di una bicicletta con un piano da trasporto applicato (triciclo) ma spesso caricava tutto sulle spalle. L’attrezzatura era essenziale ed insostituibile: il braciere con i piedini e i bordi rialzati dove mettere il carbone che fungeva da fornelletto, la griglia forata che andava sopra il braciere a debita distanza perché le castagne si cuocessero lentamente senza bruciarsi, la paletta per rivoltare e prendere le castagne, il coltello per inciderle, il sacco con le castagne e quello col carbone, la scorta di carta paglia per fare i cartocci per i clienti.
La sua presenza naturalmente era annunciata dal profumo che veniva dalle castagne sul fornelletto e che si diffondeva in giro, e già salendo da Via Lorenzo da Brindisi si poteva capire se “er callarostaro” era appostato ai giardinetti di S. Eurosia. Infatti, come tutti gli ambulanti anche lui aveva i suoi posti strategici per posizionarsi. I giardinetti davanti S. Filippo Neri e il cinema “Columbus” erano ideali: la domenica per la funzione religiosa e i pomeriggi per gli spettacoli al cinema.
L’unico possibile “competitor”, come si direbbe oggi, era il “fusajaro” di cui parleremo un’altra volta. E così si chiedeva “Un cartoccio de castagne…Sì, però damme pure quelle grosse, nun me dà solo quelle piccole…”.
Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 10 – Novembre 2014





