Marzo del ‘44: colpiti la Garbatella e l’Ostiense
Sessant’anni fa le bombe Oggi un impegno di pace
di Cosmo Barbato
Le cronache di quelle drammatiche giornate. Sconvolta la zona della Circonvallazione Ostiense. Centrata la Maternità del Lotto 41. I ricordi del primo parroco di Santa Galla.
Le lancette del grande orologio quadrifronte dell’alta torre che sovrasta l’Albergo Rosso della Garbatella, finalmente restaurato, da 4 anni hanno ripreso a girare, dopo che per 56 anni erano rimaste inchiodate alle 11,25, l’ora funesta del bombardamento aereo del 7 marzo del 1944. Quattro giorni prima erano piovute le prime bombe che avevano colpito marginalmente la Garbatella, mentre avevano fatto scempio soprattutto all’Ostiense: in entrambi i casi, le bombe …..
Marzo del ‘44: colpiti la Garbatella e l’Ostiense
Sessant’anni fa le bombe Oggi un impegno di pace
di Cosmo Barbato
Le cronache di quelle drammatiche giornate. Sconvolta la zona della Circonvallazione Ostiense. Centrata la Maternità del Lotto 41. I ricordi del primo parroco di Santa Galla.
Le lancette del grande orologio quadrifronte dell’alta torre che sovrasta l’Albergo Rosso della Garbatella, finalmente restaurato, da 4 anni hanno ripreso a girare, dopo che per 56 anni erano rimaste inchiodate alle 11,25, l’ora funesta del bombardamento aereo del 7 marzo del 1944. Quattro giorni prima erano piovute le prime bombe che avevano colpito marginalmente la Garbatella, mentre avevano fatto scempio soprattutto all’Ostiense: in entrambi i casi, le bombe erano destinate al vicino scalo ferroviario, dove transitavano truppe e rifornimenti tedeschi.
Ma, sganciate con somma imprecisione, erano finite per la maggior parte fuori bersaglio, vale a dire sulle case. Alla Garbatella la zona più colpita fu quella che si estende intorno alla Circonvallazione Ostiense, la grande arteria che nel lontano 1944 era appena tracciata ma non ancora costruita. In tutta quella vasta area si ergevano soltanto i quattro grandi edifici dei cosiddetti Alberghi (i Lotti 41, 42, 43 e 44 delle Case popolari), la chiesa e l’ospizio di Santa Galla, poco discosti il convento delle monache benedettine di Via della Moletta, le case dei ferrovieri di Via Pigafetta e di Via Girolamo Benzoni e, a ridosso della Via Ostiense, alcuni palazzi di Via Pellegrino Matteucci. Per il resto, in tutta quella vasta area c’era il vuoto, acquitrini, canneti e la marrana dell’Acquataccio, ovvero l’Almone, piccolo affluente di sinistra del Tevere, dove d’estate per anni i ragazzi erano andati a rinfrescarsi e le donne, anche d’inverno, a lavare i panni.
Il 7 marzo le sirene lacerarono l’aria una prima volta verso le 10 e successivamente poco dopo le 11. Questa seconda ondata fu quella che portò le maggiori devastazioni, mentre relativamente ridotti furono i danni alla ferrovia, che peraltro a quei tempi appariva abbastanza isolata e quindi ben individuabile dagli aerei anche da alta quota. Le cronache dei giornali si soffermarono dettagliatamente soprattutto sulle devastazioni provocate ai margini della Via Ostiense: nelle incursioni del 3 e del 7 marzo furono bersagliate Via Giuseppe Giulietti, Via del Campo Boario, Via Francesco Carletti, Via Bartolomeo Bossi, Via Vittorio Bòttego, Via Giovanni da Empoli (colpita la fabbrica Ugo Locatelli e C.), Via del Gazometro (qui furono distrutte la parrocchia di San Benedetto, la Casa Editrice Atena e la Tipografia Airone), Via delle Conce, Via dei Conciatori (centrata tra l’altro la delegazione comunale), Via dei Magazzini Generali (bombe sugli stabilimenti Taburet e Mercatelli e sul Deposito di viveri Fiorini), Via dei Mercati Generali, Via del Porto Fluviale (dove fu colpito anche l’ufficio postale e danneggiato il sacchettificio Sonnino, a quel tempo confiscato perchè i proprietari erano ebrei; colpiti anche i depositi della Ferramenta Cantini e i Magazzini dell’Eternit). Bombe caddero provocando danni sul Cimitero acattolico, sulle Mura Aureliane presso la Piramide, sui Mercati Generali, sulla centrale della Società Elettrica Romana di Via Ostiense. Su questa stessa via furono distrutti o gravemente danneggiati numerosi edifici, tra i quali il palazzo d’angolo con Via Pellegrino Matteucci (dove oggi c’è l’Unipolbanca) e l’attiguo fabbricato della Tipografia Salomone (adesso c’è l’Abitarthotel).
Al numero 24 di Via Matteucci ventidue persone morirono in un rifugio invaso da esalazioni sprigionatesi da bombole stipate in un magazzino. Cinque pompieri accorsi per prestare soccorso dopo la prima ondata del giorno 7 rimasero feriti dalle bombe della seconda ondata che centrarono il loro automezzo. Pesantissimi i danni alle case dei ferrovieri di Via Benzoni e di Via Pigafetta, dove fu colpita anche la Vetreria Casagrande e i magazzini dello spedizioniere Pietro Sicco. Il doloroso elenco di distruzioni, di vite spezzate, di corpi dilaniati potrebbe continuare. “Il Giornale d’Italia” e “Il Messaggero” uscirono il giorno 8 con lo stesso titolo: “Centinaia di morti e di feriti”.
Una drammatica cronaca dei bombardamenti del 7 marzo alla Garbatella ce l’ha lasciata don Teocle Bianchi, primo parroco della chiesa di Santa Galla, appena costruita e ultimata nel 1941 ereditando il Titolo di quella antica che si trovava, con l’annesso ospizio per vecchi, dove oggi c’è l’Anagrafe, tra Via Petroselli e il Lungotevere dei Pierleoni. L’ edificio storico era stato demolito durante gli “sventramenti” operati dal fascismo nel centro storico (a Roma, ancora oggi, nel ricordo di quell’antico ospizio, nominare “Santa Galla” equivale a dire “vecchio”). Don Bianchi, dopo aver tenuto un diario in cui aveva registrato le sue testimonianze dirette sulle drammatiche giornate seguite all’Armistizio dell’8 settembre del ’43, aveva in seguito ricostruito anche i suoi ricordi sui bombardamenti del marzo ’44. Nel suo scritto fa un breve accenno alle incursioni del giorno 3 e poi prosegue: “Più funesto fu il bombardamento del martedì successivo 7 marzo. Stavo per recarmi in città, quando verso le 10 suonò la sirena. Tutti corsero al ricovero. Mi ricordo che era affollatissimo quello del Lotto 41 (il cosiddetto Albergo Bianco). C’era presente un po’ tutta la parrocchia. Con viva commozione recitammo il Santo Rosario. Al termine, avevo appena dato l’assoluzione, quando un enorme fragore e lo spostamento d’aria ci spinsero verso l’uscita. Le prime bombe caddero poco distanti da noi. Che spavento! La mia veste talare diventò più bianca della neve. Dopo circa un’ora la seconda ondata. Le bombe caddero anche nella zona vicina a Piazza Pantera. Mi trovavo con il padre Alfredo Melani, dei Filippini di Sant’Eurosia. Ci assolvemmo reciprocamente. Tragico il bilancio, circa 50 morti, molti del Lotto 41. Tanti i feriti. Provvidenzialmente si salvarono ben 50 bambini, forse anche di più, dell’asilo nido della Maternità del Lotto 41. Nella febbrile opera di soccorso si distinsero i sacerdoti di San Francesco Saverio e di Sant’Eurosia”.
Un’integrazione ai ricordi di don Bianchi viene dalle cronache dei giornali. Apprendiamo così che 12 persone furono salvate dai pompieri dalle macerie dell’Albergo Bianco. Particolarmente drammatico fu il salvataggio di Andreina Proietti, una bimba di 2 anni. Qui rimase ferita Giuseppina Cochetti, una popolare suora addetta alle cucine dell’Ente di assistenza. Ai feriti si dedicò generosamente il dott. Landone, medico di zona. All’occhio dei cronisti la zona apparve costellata dai crateri delle bombe, compresi, nei quattro Alberghi, i cortili che ben presto si colmarono d’acqua. Ma torniamo ai ricordi del parroco di Santa Galla. Nella confusione, scrive, “Avvenne che i bambini furono battezzati più volte e i feriti ricevettero ripetutamente l’olio santo. Un vecchio totalmente sordo, non avendo sentito nulla, non voleva essere portato in salvo. Un uomo si salvò provvidenzialmente essendosi spostato più volte: dove era prima caddero le bombe. La domenica precedente un parrocchiano era venuto per il battesimo del figlio. Nel lasciare Santa Galla, mi augurò di rivederci presto. Purtroppo lo attendeva la morte il martedì appresso con tutta la famiglia. Un sacerdote, non ricordo chi fosse, riuscì a salvare una diecina di ricoverati nel rifugio del Lotto 42, l’Albergo Rosso”. “L’opera di soccorso durò intensamente tutta la giornata, fino alla sera. Nel pomeriggio – continua don Bianchi – venne il cardinal Traglia,…ci promise che da parte del Santo Padre ci avrebbe mandato del pane…Intanto a Santa Galla non era più possibile dormire: vetri rotti, dappertutto calcinacci, tutto pericolante. La sera fui ospite di un parrocchiano, Pietro Sannitu, al Lotto 43, il Terzo Albergo. Quando ebbi un po’ di quiete dopo una giornata tanto agitata non potetti trattenere il pianto…Al mattino celebrai a San Francesco Saverio. Arrivò il pane del Santo Padre. Ben 250 kg di pane bianco: che fragranza! Tanti i sinistrati venuti a ritirarlo. A ciascuno potetti dare soltanto uno sfilatino, di più non si poteva. Era ricevuto come un tesoro! A ciascuno poi diedi il certificato del sinistro. E così trascorsi tutta la giornata nel distribuire sfilatini e certificati”.
Il racconto prosegue. “Nei giorni successivi continuò febbrile l’opera di rimozione delle macerie e di diseppellimento delle salme. Varie vennero alla luce. Io ero chiamato per la benedizione. Che scene strazianti! Specialmente i giovani commuovevano tanto. Ammirevole un parrocchiano: per una settimana e oltre scavò tra le macerie per ritrovare la salma della vecchia madre. Quando la trovò, mi chiamò per benedirla… Incominciai ad abitare a San Francesco Saverio e rimasi presso quella parrocchia per oltre 3 anni. Ero sempre parroco a Santa Galla, ma la chiesa era chiusa perchè pericolante… (Fu riaperta nel Natale dell’Anno Santo 1950). Ogni mattina dicevo la Santa Messa in via della Moletta, nella cappella tanto piccola delle suore benedettine… Ma i parrocchiani li incontravo a San Francesco Saverio, dove esercitavo il ministero sacerdotale…”.
Don Teocle Bianchi nel 1947 divenne parroco di una delle più prestigiose basiliche romane, Santa Maria in Trastevere, ma conservò sempre un forte legame con la Garbatella, dove aveva lasciato di sè un appassionato ricordo. Anziano, ritiratosi in una casa di riposo, è morto tre anni fa alla venerabile età di 93 anni.
Nell’archivio parrocchiale si conservano alcuni suoi appunti manoscritti: contengono un elenco delle vittime del bombardamento del 7 marzo, quelle cui aveva potuto impartire la benedizione: una lista incompleta dunque e inoltre di difficile lettura, scritta con un inchiostro in parte svanito. Comincia con sei membri della famiglia Micalizzi: Antonio, sua madre Maria Pinelli, sua moglie Aquilina Consolino e i figli Anna Maria, Mirella e Gabriella, rispettivamente di 4 anni, di 2 anni e di 20 giorni. Seguono Chicca D’Ettore in Fortunato, Carmela Fortunato, Flora Fortunato (anni 8), Milena Cardelletti, Amalia Cardelletti, Angela Torderchi ved. Bartolucci, Amedeo Troiani (giorni 7), Mariella Limiti, Luciano Troiani (anni 9), Romana Limiti, Ersilia Beni, Arduina Begattini Minutello, Giulio Ravioli, Roberto Giovagnoli (anni 4), …? Cicolini, Gina Pizzolito (anni 9), Giovanna Pizzolito (anni 6), Bruno Pizzolito (anni 4), Antoniettra Venturini, Adalgisa Venturini, Marcella Venturini (mesi 14), Antonia Di Castro, Emilia Filacchioni, Ersilia Provetti, un cognato di Ersilia, Lucio Gennarini, Maria Albertini, Giovanni Mattia, Antonietta Veneri, Marcella Veneri. Seguono i nomi di due persone decedute durante le incursioni del giorno 3: Gino Vendittelli e …? Antonucci.
Alla Garbatella, quell’orologio dell’Albergo Rosso con le lancette ferme alle 11,25 ha rappresentato per più di mezzo secolo il simbolo delle sofferenze della guerra. Nel 1953 in cima alla torre temerariamente si arrampicò un giovane studente-operaio, si chiamava Alfredo Bartoli, nipote di Silvio Barbieri, uno dei martiri delle Ardeatine, per issarvi una bandiera della pace che restò per mesi a diffondere il suo simbolico messaggio. Alle finestre degli Alberghi e nella parrocchia di Santa Galla, come in tutta la Garbatella, l’anno scorso, di questi giorni, prima e dopo l’attacco all’Iraq, tante altre bandiere iridate hanno pacificamente riaffermato, “senza se e senza ma”, il più assoluto rifiuto della guerra.
Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 1 – Aprile 2004





