Quel 13 dicembre del 1931 in un cinegiornale d’attualità Il “Mahatma” Gandhi venne alla Garbatella
di Gianni Rivolta
Quando uscì dal portone della Maternità in piazza Biffi con quel codazzo di notabili e cappelloni, la gente della Garbatella pensò all’arrivo di qualche rappresentante della Casa reale o a qualche capo di Stato. Non era così.
In quel 13 dicembre del 1931 quell’ometto esile, vestito con un lenzuolo bianco e un paio di sandali ai piedi completamente nudi, era nientedimeno che il Mahatma Gandhi, il grande condottiero del popolo indiano, …..
Quel 13 dicembre del 1931 in un cinegiornale d’attualità Il “Mahatma” Gandhi venne alla Garbatella
di Gianni Rivolta
Quando uscì dal portone della Maternità in piazza Biffi con quel codazzo di notabili e cappelloni, la gente della Garbatella pensò all’arrivo di qualche rappresentante della Casa reale o a qualche capo di Stato. Non era così.
In quel 13 dicembre del 1931 quell’ometto esile, vestito con un lenzuolo bianco e un paio di sandali ai piedi completamente nudi, era nientedimeno che il Mahatma Gandhi, il grande condottiero del popolo indiano, la bandiera della non violenza e della battaglia per l’indipendenza dall’Impero britannico.
E che ci faceva Gandhi all’Albergo Bianco della Garbatella? Durante la sua permanenza a Roma, che durò solo due giorni, “la grande anima”, infatti, visitò anche gli Alberghi dei poveri, il Nido e la Maternità dell’Onmi.
C’è da ritenere che l’appuntamento nel quartiere popolare fosse stato programmato, considerando il comitato di accoglienza composto dalle massime autorità dell’Opera Nazionale Maternità ed Infanzia e dello Icp. Forse Gandhi, di ritorno dall’Inghilterra dove, su invito dei Sindacati, aveva visitato alcune città giardino e molte scuole e servizi per l’infanzia della classe operaia, ritenne interessante vedere gli Alberghi suburbani della Garbatella e il servizio della Maternità: uno dei fiori all’occhiello del regime fascista nel campo dell’assistenza alle partorienti e alle famiglie. O forse, ma ciò è veramente improbabile, durante gli spostamenti a Roma, potrebbe essere stato impressionato da quei grandi edifici ai confini della campagna, e quindi potrebbe aver espresso il desiderio di saperne di più. In questo senso le cronache dei giornali dell’epoca non sono molto precise.
D’altra parte anche la visita stessa di Gandhi a Roma non era stata prevista. Tornando dall’Inghilterra, dove il leader del Partito del Congresso, aveva partecipato alla Conferenza di Londra sull’India, conclusasi con un nulla di fatto, decise di prendersi qualche giorno di riposo in Svizzera, tra una conferenza e l’altra a Losanna. L’anno precedente l’India era stata scossa dalla marcia del sale: una disubbidienza di massa contro la tassa imposta dagli inglesi, che penalizzava le famiglie più povere.
A seguito di numerose manifestazioni che sconvolsero il paese, Gandhi fu arrestato insieme alla moglie e a 50 mila indiani. Il 25 gennaio del 1931 fu liberato in seguito ad un accordo: il governo inglese avrebbe modificato le leggi sul monopolio del sale e avrebbe liberato tutti i detenuti politici; il Partito del Congresso, invece, si sarebbe impegnato a partecipare alla Conferenza della Tavola Rotonda a Londra. Cosa che Gandhi fece. E nell’occasione ritenne di visitare la Svizzera e la città di Roma, prima di fare ritorno in patria.
In un primo momento dalla Svizzera avrebbe dovuto raggiungere Venezia per imbarcarsi per l’India sul piroscafo “Pilsna”, sul quale aveva già fatto prenotare alcuni posti ponte per se stesso e i suoi familiari e cabine di terza classe per il seguito. Anche in quell’occasione Gandhi non si smentiva. Il posto ponte non gli dava diritto ad alcun conforto, a nessun giaciglio né vitto. Il Mahatma, infatti, coerentemente con i propri principi, viveva con una grande sobrietà e una dignitosa povertà, si alimentava esclusivamente con latte di capra, verdure crude, datteri e uva. A Venezia, però Gandhi non ci andò.
Alle 20,35 di venerdì 11 dicembre il treno proveniente da Losanna con a bordo Gandhi entrò, invece, alla stazione Centrale di Milano. Qui il vagone fu attaccato al direttissimo Domodossola, che l’avrebbe portato nella Capitale su un convoglio di prima classe messo a disposizione dal governo italiano. In un primo momento, Gandhi, avrebbe voluto salire sul vagone di terza classe che aveva prenotato. Solo dopo le insistenze del personale delle ferrovie accettò l’offerta della carrozza con cuscini e divani di velluto rosso e merletti bianchi.
La variazione del programma di viaggio fece inorgoglire i “gandhisti” che abitavano a Roma e che si affrettarono la mattina presto sui binari della stazione. Ad attenderlo alle 8,30 non c’erano, tuttavia, solo i suoi seguaci. Il barone Fassini si era proposto di ospitarlo nella sua villa sulla Tiburtina, ma Gandhi aveva già preso un impegno col generale italiano Moris (Morris?) che era stato per tanti anni in India. Quindi ringraziò ed attese l’automobile del generale. Insieme al figlio Revadas e alla fedele segretaria, la signora Mirabal Slade, attraversarono Roma per raggiungere una villa a Monte Mario. Le nove persone del seguito con 42 colli di bagaglio alloggiarono all’Albergo Ginevra nei pressi della stazione.
La giornata rigida convinse il leader indiano a rimanere in casa dove fece una colazione a base di latte di capra, verdure crude senza condimento, limoni col sale e finocchi, una prelibatezza che non aveva mai mangiato. Solo nel primo pomeriggio, dopo aver filato all’arcolaio, con un paio di mutandine bianche addosso e il classico lenzuolo a mo’ di vestito visitò la scuola Montessori e i Musei Vaticani. In giornata fu ricevuto a Palazzo Vidoni da Mussolini, che gli concesse appena 20 minuti. Qui fu accolto anche dal segretario del Partito nazionale fascista Starace e dal segretario amministrativo Marinelli.
Il giorno dopo, insieme all’ex console italiano in India commendator Scarpa, si recò in visita alla palestra di via Sannio e alla “Caio Duilio” dell’Opera Nazionale Balilla a Trastevere, e infine all’Orto Botanico. È rimasta famosa sulle riviste dell’epoca una sua foto con i giovani fascisti di Trastevere, mentre in un documentario dell’Istituto Luce è testimoniata la sua visita alla Maternità della Garbatella.
Ma Gandhi aveva anche la grande curiosità di ammirare le vestigia dei monumenti della Roma Imperiale. Così nel pomeriggio si recò al Palatino, al Colosseo, al Foro Romano e alle Terme di Caracalla e non disdegnò di partecipare allo stadio della Rondinella alla partita di rugby tra Roma e Napoli.
Tornato a casa per l’ora della preghiera serale, ricevette la visita della principessa Maria di Savoia e quindi ritornò alla stazione Termini, dove alle 22.40 sarebbe partito per Brindisi. La mattina dopo alle 11 arrivò nella città pugliese in tempo per imbarcarsi sul piroscafo “Pilsna”, che in 17 giorni l’avrebbe riportato in India.
Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 1 – Dicembre 2004