Le miscele segrete del caffè della Garbatella

Le miscele segrete del caffè della Garbatella

Molti non sanno che alla Garbatella quasi nascosta nel retrobottega di un piccolo alimentari, lavora instancabile ogni giorno la torrefazione artigianale San Salvador della famiglia Pinci, che fin dal 1901 custodisce e tramanda di generazione in generazione l’antica arte della tostatura del caffè. Siamo andati a trovare il signor Luigi Pinci per farci raccontare la sua storia e per scoprire come si lavora il caffè

intervista di Romina Marani

Le miscele segrete del caffè della Garbatella

Molti non sanno che alla Garbatella quasi nascosta nel retrobottega di un piccolo alimentari, lavora instancabile ogni giorno la torrefazione artigianale San Salvador della famiglia Pinci, che fin dal 1901 custodisce e tramanda di generazione in generazione l’antica arte della tostatura del caffè. Siamo andati a trovare il signor Luigi Pinci per farci raccontare la sua storia e per scoprire come si lavora il caffè

intervista di Romina Marani

“Ho cominciato a lavorare il caffè da ragazzo”, dice il signor Luigi.
“Ho imparato da mio padre, che lavorava presso una grande torrefazione che oggi non esiste più, la Pallavicini, in via Benzoni. Sempre qui a Garbatella”,  acconta. “Era la più bella torrefazione di Roma. Io sono nato lì, praticamente sui sacchi di caffè. Perché mio padre era guardiano e noi vivevamo lì. E mio nonno
lo aveva fatto prima di lui. Fu assunto nel 1901.
Poi nel ’51 mio padre ha comprato una piccola macchina per tostare il caffè che tenevamo nella nostra drogheria in via Pigafetta. Quando nel ’70 siamo stati costretti a trasferirci, siamo venuti a Piazza Pecile dove siamo ora. Qui abbiamo comprato una macchina più grande, ma sempre per la tostatura a legna. In questo modo il caffè viene prodotto naturalmente, passando attraverso tutte le fasi di cottura”.

Di tanto in tanto arrivano, dalla porta di accesso al laboratorio, sbuffi fragranti di caffè appena tostato, che sovrastano il profumo dei salumi e dei formaggi disposti sul bancone.
Parlando ci spostiamo dal negozio alla stanza in cui si trovano i sacchi di caffè e le macchine.
Cos’è la torrefazione? “E’ la tostatura dei chicchi. Il caffè crudo è di colore chiaro, duro e insapore. Invece una volta tostato diventa scuro e odoroso, perde di peso e aumenta di volume. Il caffè si cuoce senza un contatto diretto con il fuoco. Dentro alla macchina ci sono 2 cilindri, il primo è quello che sta a contatto con il fuoco e che, essendo bucherellato, trasmette il calore a quello che si trova al suo interno e che contiene il caffè. Una volta cotti, i chicchi finiscono ancora bollenti in questa vasca dove poi si raffreddano. La cottura artigianale fatta con macchine a legna come la nostra dura 22-24 minuti a 220 gradi, a differenza di quelle industriali che sono solo di pochi minuti, circa 3. Le varie fasi vanno controllate a mano con il provino, questo cilindretto. Lo inseriamo nella macchina, così si riempie di chicchi, e quando lo estraiamo possiamo seguire a occhio la cottura”.
Qual è il segreto di un buon caffè?
“La preparazione sul fornello di casa con la moka è solo l’ultimo anello di una lunga catena. Per fare il caffè buono ci vuole innanzitutto un caffè buono, una materia prima buona, e una buona miscela. Poi serve una macinatura esatta. Ad esempio, se è macinato troppo fino, dalla macchinetta non esce bene e il caffè non viene buono”.
Sui sacchi pieni di caffè crudo accumulati contro le pareti del laboratorio si leggono parole esotiche e nomi di paesi lontani. Da dove viene questo caffè? “Compriamo le migliori  qualità dalla Colombia, dall’Etiopia, da Santo Domingo, dal Costa Rica, dal Brasile. La base per fare una buona miscela è una varietà che viene dal Brasile”.
Come si compone una buona miscela? “Questa è la domanda d’oro. Le percentuali sono il segreto di ogni torrefazione. Ogni torrefattore ha la propria miscela. Ogni varietà di caffè ha delle proprietà che la caratterizzano.
C’è quello più dolce, quello più forte, quello più acido. Anche l’acidità, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, è un pregio e serve a fare una buona miscela. Ogni torrefattore compone la propria. Ci sono due tipi di piante: l’arabica e la robusta. Il caffè di arabica contiene meno caffeina, è più aromatico e fa meno male, è più dolce, meno legnoso.
Quello di robusta invece è più forte, più amaro”.
La sua miscela è un eredità di suo padre? “Sì, poi pian piano negli anni ho aggiunto qualche variazione per cercare di migliorare sempre. Mio padre mi ha trasmesso il caffè e l’onestà.
Spero di poter passare lo stesso lascito a mio figlio”.

 

Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 6 – Novembre 2009

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