Enzo Stajola, l’indimenticabile ex ragazzino del capolavoro di De Sica
Il figlio di “Ladri di biciclette” pensionato alla Garbatella
di Cosmo Barbato
Nel film si chiamava Bruno, nella vita si chiama Enzo.
Parliamo di Enzo Stajola, il ragazzino dagli occhioni grandi e il volto un po’ triste che sessant’anni fa Vittorio De Sica scelse come protagonista del suo celebre “Ladri di biciclette”, da affiancare al coprotagonista, un altro attore scelto dalla strada, l’operaio Lamberto Maggiorani. …..
Enzo Stajola, l’indimenticabile ex ragazzino del capolavoro di De Sica
Il figlio di “Ladri di biciclette” pensionato alla Garbatella
di Cosmo Barbato
Nel film si chiamava Bruno, nella vita si chiama Enzo.
Parliamo di Enzo Stajola, il ragazzino dagli occhioni grandi e il volto un po’ triste che sessant’anni fa Vittorio De Sica scelse come protagonista del suo celebre “Ladri di biciclette”, da affiancare al coprotagonista, un altro attore scelto dalla strada, l’operaio Lamberto Maggiorani.
Erano gli anni del dopoguerra e del trionfo del cinema realistico. Ma quel film indimenticabile rappresenta un capolavoro di tutti i tempi. Incontrammo Enzo un po’ di tempo fa. Ci raccontò che, quando interpretò la parte di Bruno (1948), abitava col padre, operaio alla Breda, con la madre e altri quattro fratelli in una casa popolare di due stanze tra il Colosseo e San Giovanni.
Troppo piccola per sette persone: così, mentre esplodeva il successo di quel film, glie ne assegnarono una più grande alla Garbatella al Lotto 9 di Via Luigi Fincati. Oggi, alla soglia dei 70 anni, abita lì vicino, a Piazza Albini. Se avete in mente il suo volto nel film e lo incontraste per strada lo riconoscereste proprio dallo sguardo, con gli occhi vispi ravvicinati e l’aria a volte mite e a volte impertinente, per niente smorzata dagli anni e dalla routine di pensionato dello Stato. In quegli anni, sull’onda del successo di “Ladri di biciclette”, gli restò poco tempo per frequentare i suoi coetanei.
Agli impegni del cinema alternava irregolarmente la scuola e talvolta l’oratorio di San Filippo Neri, dove sono passati quasi tutti i nostri ragazzi.
De Sica lo aveva scovato davvero per strada. Dopo la guerra il regista aveva girato “Sciuscià” con un altro ragazzino prodigio, Franco Interlenghi. Poi Zavattini gli aveva preparato una sceneggiatura ricavata da un romanzo del 1945 di Luigi Bartolini: il film doveva costare pochissimo, perché il finanziamento che era stato rimediato rischiava di non coprire le spese.
Il protagonista adulto fu trovato con relativa facilità: Lamberto Maggiorani, un operaio vero. Più difficile fu trovare il bambino coprotagonista. Stajola racconta che un giorno, mentre tornava da scuola, si accorse che un’automobile lo seguiva a passo d’uomo.
Si spaventò e filò di corsa a casa dove raccontò la sua “avventura” alla mamma, che lo rassicurò raccomandandosi però di non dare confidenze a nessuno.
Nell’auto c’era De Sica che setacciava i quartieri popolari alla ricerca del personaggio giusto.
Aveva individuato il portone di Stajola, sicché poi si presentò di persona a proporre ai genitori di Enzo il contratto, ma solo per effettuare un provino. Papà Stajola fiutò odore di quattrini e non si fece pregare.
“Alle selezioni, racconta Enzo, eravamo un’infinità (sembra di rivivere le scene del film di Visconti “Bellissima” dove un regista – in quella circostanza, Blasetti regista vero ma in quella circostanza attore) – doveva selezionare una bambina per un suo film).
Poi, dopo infiniti esami, restammo a contenderci quel ruolo io e Enzo Cerusico, figlio di un uomo di cinema. Alla fine De Sica scelse me, più adatto al ruolo di un figlio del popolo. E cominciò l’avventura che sconvolse la mia vita”.
Subito fu firmato il contratto.
Mai in casa Stajola si erano visti tanti soldi. Lo stato maggiore del film era acquartierato all’hotel Excelsior, dove ogni giorno un autista mandato a bella posta accompagnava il piccolo Enzo da una maestra che gli dava lezioni di recitazione, gli insegnava i movimenti e gli faceva apprendere la parte. Ben presto si cominciò a girare. Per Enzo non fu facile abituarsi al nervosismo di De Sica, tant’è che un giorno il piccolo sbottò: “E nu’ strillà co’ me, si no’ m’arzo e me ne vado”.
A un giornalista che, tempo dopo, aveva chiesto a De Sica come era riuscito in una scena a far piangere così naturalmente il ragazzino, il regista raccontò che gli aveva infilato in tasca dei mozziconi di sigaretta fingendo poi di trovarglieli e chiamandolo “ciccarolo” e bugiardo; il bambino allora sarebbe scoppiato a piangere giusto in tempo per girare la scena.
Stajola commenta: “Non è niente vero, quella storia fu una trovata pubblicitaria. In realtà mi mettevano sotto gli occhi una cartina impregnata di una sostanza lacrimogena. Le lacrime uscivano come quando si affetta una cipolla”.
Parlando di De Sica, sembra di capire che Stajola, pur serbandone un buon ricordo, lo abbia giudicato un po’ cinico.
“Aveva creduto in quel suo film – dice – ma non era affatto sicuro del successo.
Affrontò con grande trepidazione la prima al Metropolitan, e noi con lui. Temeva il silenzio della sala e invece venne giù il finimondo: quasi un’ora di applausi al regista e agli attori”.
Era nato un capolavoro della cinematografia mondiale. “Dapprima – continua Stajola – in America non lo vollero, lo giudicarono troppo impegnato.
Ma poi, quando non potettero più boicottarlo, arrivarono altri successi. Il paragone tra il protagonista di “Ladri di biciclette” e Jackie Coogan, l’indimenticabile bimbetto del “Monello” di Chaplin, fu immediato. La vita di Enzo intanto era cambiata.
Venuto ad abitare alla Garbatella, fu scaraventato dal padre verso il cinema. Lo stessa papà Stajola smise di fare l’operaio: a Cinecittà si guadagnava meglio indrappellando le comparse.
Chi scrive ebbe occasione di conoscerlo nell’estate del 1950, quando si girava il colossal “Quo Vadis?”: ero una delle migliaia di comparse che, come tanti altri disoccupati e molti giovani studenti al verde, si arrostivano sotto il sole d’agosto vestito da antico romano.
Ma torniamo a Enzo. Il successo di quel primo film alimentò ovviamente molte speranze. Seguirono diciotto film. Si trattò di parti via via minori, che gli diedero però occasione di lavorare con Mastroianni, la Lollo, la Pampanini, Massimo Serato e poi Vallone, la Magnani, Brazzi, la Podestà, Spadaro, Cervi, Fernandel, Coolen Gray, Gorge Raft, la Gardner, Bogart. Poi le scritture divennero sempre più difficili.
Il grande Eduardo lo avrebbe voluto come attore, ma Enzo non riuscì a familiarizzarsi col dialetto napoletano. “Con Maggiorani – racconta – dovevamo firmare un contratto già praticamente concluso. Nel frattempo Lamberto partecipò ad un festival dell’ “Unità” a Milano. Affissero tanti manifesti con la sua foto per annunciare la serata.
La faccenda irritò il produttore, evidentemente di ben altre idee, e il contratto sfumò, per lui e anche per me”. De Sica lo richiamò nel ’60 per un ruolo nel “Giudizio universale”: gli serviva un ragazzo di 12 anni, ma il figlio del “ladro di biciclette” era ormai un giovanottone. Non senza travaglio, Stajola capì che il cinema lo stava “bruciando” e si ritirò in tempo. Di questa sua concretezza gli va dato atto. Gli si offrì l’occasione di un impiego in un ministero: la sua vita sarebbe stata sconvolta di nuovo.
Ma egli accettò e oggi, che si ritrova pensionato dello Stato, è contento di quella scelta. Si rammarica solo di non avere un nipotino cui badare: il suo unico figlio, Andrea, ha scelto di rimanere scapolo.
Nella storia del cinema egli è stato e resta una figura quasi simbolica non solo di un fecondissimo filone artistico ma anche di un’epoca. Stajola, a parlarci, sembra quasi non rendersene conto: “Non è stato merito mio, non è stato merito di nessuno, è stato il caso”. Troppa modestia. Gli sembra perfino assurdo che anni fa le poste abbiano dedicato a lui, a Maggiorani, a De Sica e al film un francobollo.
Noi diciamo che sì, la fortuna giocò pure un suo ruolo, ma che la sua parte di gloria Enzo se l’è guadagnata.
Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 6 – Novembre 2009





