Il racconto di Natale della scrittrice Maria Jatosti
Anche quest’anno la scrittrice e poeta Maria Jatosti, cittadina emerita della Garbatella, ha voluto regalarci un racconto di Natale per i nostri piccoli e grandi lettori. Il personaggio protagonista del racconto è lo stesso degli anni precedenti, Giovannino, però cresciuto negli anni fino a diventare quasi un adolescente pieno di curiosità e di interrogativi spesso senza risposta. Maria è autrice di una serie di romanzi, di scritti per l’infanzia, di racconti, di raccolte di poesie.
L’anno scorso ha rieditato il suo, a nostro avviso, più bel romanzo, Il Confinato, che è la storia della persecuzione fascista del padre. E’ inoltre una delle più apprezzate traduttrici di testi letterari stranieri e un’infaticabile organizzatrice culturale. (C.B.)
Giovannino nella terra degli uomini
E piove e piove e diluvia…
Tutta la notte vento grandine fulmini tuoni e acqua, acqua a rovesci, giù che Dio la manda… Ma perché Dio manda sulla terra tutti questi guai, mamma? Catastrofi, terremoti, cicloni, guerre… Lui che è onnipotente, perché non impedisce tutto questo? perché lascia che in tante parti del mondo la gente si ammazzi, muoia di miseria, di fame, di malattie terribili… Perché? Non bestemmiare, Giovannino, Dio non c’entra.
Quando vedo tutto quello che succede, non posso fare a meno di chiedermelo, mamma … Dio non ha colpa, Giovannino. La colpa è degli uomini, della dissennatezza, dell’avidità, dell’idiozia e della malafede degli uomini. A scuola non te le spiegano queste cose? Non ne parlate?
Sì, sì, qualche volta. Però nessuno risponde alla mia domanda. Se Dio è così buono e giusto e misericordioso, perché non fa qualcosa per fermare i disastri?
Siamo noi che dobbiamo fermarci, Giovannino. Noi tutti in generale e noi nel nostro piccolo. Se gli uomini si uccidono, se le montagne franano, se in una notte d’inferno il fango seppellisce interi paesi, cancellando tutto: case, strade, fabbriche, terreni c’è sempre una ragione, una spiegazione.
Nulla accade per caso. Rifletti, Giovannino, rifletti. Di chi credi sia la colpa se il nostro pianeta è malato?
Queste sono le domande che devi farti e che devi fare ai tuoi professori.
Oggi il prof di italiano ci ha fatto vedere un filmato e ha detto che dobbiamo fare qualcosa per aiutare la gente che ha perso tutto a causa dell’alluvione. In classe pensiamo di aprire una sottoscrizione… Molti compagni della terza si sono offerti volontari per andare a spalare il fango. Io e altri della seconda volevamo unirci a loro ma non ci hanno voluto. Dicono che c’è ancora pericolo di frane e noi siamo troppo piccoli e saremmo solo di impaccio… Non è giusto, io non sono piccolo, ho tredici anni… Quasi. Ad agosto, Giovannino, ad agosto. Però hai ragione, non sei piccolo e sei un bravo ragazzo. Anche i tuoi compagni sono bravi ma, vedi, i problemi non si risolvono con le elemosine e con i volontari. Ci vuole ben altro!
Che cosa ci vuole, mamma? Che cosa, che cosa! Beato te, Giovannino. Te le devo dire io che cosa? Prima di tutto bisogna fare in modo che le disgrazie non accadano, ecco. E poi bisogna muoversi prima, alle prime avvisaglie. Non come all’Aquila. Ai primi segnali. Altro che scavare le macerie con le mani e fare chiacchiere, trovare scuse e bla bla bla. Bisogna fare in modo che le città non crollino, che le montagne restino dove sono sempre state, che i fiumi siano protetti da argini sicuri, non di cartapesta, che le strade non si allaghino per colpa dei tombini intasati, che i ponti e le dighe non cedano, che le baracche della povera gente non si schiantino al primo soffio come le casette dei tre porcellini della favola che ti raccontava la nonna da piccolo, che non basti un po’ di vento e un po’ d’acqua a buttar giù tutto. Bisogna che le cose siano fatte per bene, con onestà prima, invece di correre ai ripari in qualche modo dopo, quando è troppo tardi. Capisci, Giovannino?
Invece ogni volta è lo stesso, ogni volta… Ma cosa si può fare contro la furia della natura, mamma… Già. La natura è infuriata, e si vendica, è vero. Ma la colpa è nostra, delle violenze che le abbiamo fatto e continuiamo a farle, ovunque, in tutto il mondo. La colpa è sempre dell’uomo. L’inquinamento… il surriscaldamento… la desertificazione. l’edilizia selvaggia… Prendi ad esempio quel tratto di costa che vediamo quando andiamo a trovare gli zii al mare. Ce l’hai presenti tutti quei palazzoni bianchi, quegli alberghi di lusso, quelle ville da milionari… ? Be’ una volta non c’erano. Una volta, quand’ero ragazza io, lì c’erano alberi, boschi, vigneti, pascoli… Ora la montagna è scomparsa. Tutto devastato per fare posto a quelle costruzioni inutili. Questo era soltanto un esempio, ma è uguale dappertutto, non solo nel Sud, dappertutto… Dai, mamma, però non sarebbe
figo vivere in una di quelle belle ville? Tu che hai sempre sognato una casetta al mare!
Hai detto bene: una casetta. Un posticino tranquillo, un mare pulito, il sole, la quiete: cose che non esistono più… Be’ almeno una vacanza in uno di quei posti ti piacerebbe, no? Pensa che meraviglia, col mare davanti, la piscina. Quando sarò grande e guadagnerò, ti ci porterò io, mamma Ma va, ma va… Quella non è roba per noi. E non è nemmeno tanto bella, secondo me. E poi, smettiamola di parlare di ville, di piscine, di lussi mentre c’è chi non ha nemmeno un tetto sulla testa… Tempi neri, Giovannino, tempi neri. Piove sul bagnato, come si dice? allo strappato gli mozzica il cane, caro mio… La TV ha detto che domani il tempo migliorerà e le scuole riapriranno.
Quasi quasi mi dispiace. È così bello la mattina starmene a letto, a dormire, poltrire… Non capisco perché a scuola non ci si può andare di pomeriggio. Non parlare così, fannullone. Prendi esempio da tuo padre che si rompe la schiena a tirar su case per gli altri, mattone su mattone. E ringraziamo Dio se ancora rimedia qua e là qualche lavoretto e può portare la settimana a casa, con tutta la gente a spasso che non ha nemmeno un piatto di minestra da mettere in tavola… I cantieri sono tutti fermi. Si pensa solo a costruire opere inutili che servono solo a qualcuno che ha tanti soldi per farne ancora di più… Be’, inutili o no, se qualcuno costruisce, per me va bene. Almeno la gente lavora, il babbo guadagna, porta i soldi a casa e coi soldi possiamo comprarci tutto quello che desideriamo.
Io per Natale il regalo che voglio l’ho già deciso. Ah, si? E sarebbe? Un tablet. Al babbo gliel’ho detto e lui è d’accordo. Un che? Un tablet, mamma, un iPad. Quasi tutti i miei compagni ce l’hanno. È fantastico! Ho già visto quello che voglio: uno con 4 GB di memoria… la fotocamera doppia…un display da otto pollici… Fighissimo! Non vedo l’ora che viene Natale.
Ciò di cui hai bisogno, e subito, non sono queste diavolerie che hai in testa tu. Ti ci vogliono scarpe pesanti, un giubbotto nuovo, altro che storie! Babbo me l’ha promesso. Non è un a diavoleria, è una cosa utile. Ti puoi collegare a Internet, chattare… Non hai idea di quello che ci si può fare.
Non ce l’ho, infatti, e non mi interessa un fico secco. Mi sembri un marziano con tutte quelle sigle, quei numeri… Per conto mio, puoi levartelo dalla testa. Quanto a tuo padre, mi sentirà, vedrai… Cose da pazzi. Tu bada a studiare, piuttosto, che mica mi è piaciuto tanto quel cinque in storia… Proprio in storia, da te non me l’aspettavo! La storia è la cosa più importante, perché parla di noi, ci fa capire chi siamo. Su, su vai a lavarti le mani e datti una pettinata che il babbo sta per tornare e la cena è pronta. Muoviti, Giovannino, non fartelo dire due volte.
***
La pioggia non smise di cadere. I fiumi non cessarono di esondare, le colline continuarono a smottare, città paesi e villaggi finirono sott’acqua. I meteorologi annunciavano altre perturbazioni. I giornali strillavano al cataclisma. Giovannino dormiva un po’ di più la mattina e continuava a fare domande che non trovavano risposta. Il babbo non faceva che andare e venire senza pace: il cantiere era chiuso per il maltempo e occorreva adattarsi a cento lavori diversi per rimediare qualche spicciolo. In casa la mamma era sempre più preoccupata e la mattina lo svegliava borbottando: Piove, diceva. Non ha smesso neanche un minuto. Altri trenta centimetri sono caduti. Alzati, Giovannino, su. Vestiti e scaldati il latte. Io esco a fare un po’ di spesa. Devo sbrigarmi, prima che venga il diluvio.
– Ci vado io a fare la spesa, – disse Giovannino, e, senza neppure lavarsi, si preparò in fretta, prese la lista e uscì di corsa. – Giovannino, l’ombrello, dove avrai la testa! gli gridò dietro la mamma inseguendolo sul pianerottolo.
E fa’ presto: sta per scatenarsi il finimondo! Appena fuori, Giovannino si sentì leggero. C’era, nonostante tutto, un’aria di festa. Il Natale era alle sue prove generali. Avvolti nella plastica trasparente gli alberelli fuori delle botteghe cinesi aspettavano di essere decorati; le vetrine strizzavano l’occhio ai clienti; sotto un ombrellone bianco una bancarella esponeva una miriade di futilità luccicanti: Tutto a un Euro, Tre pezzi due Euro; la pioggia tamburellava sulla selva variopinta di ombrelli facendo una musica allegra. Una signora lo salutò: Ciao Giovannino, fa’ presto, sta per scatenarsi il finimondo!
Le stesse parole della mamma, pensò Giovannino divertito mentre attraversava lo stradone zigzagando tra le macchine. Immerso nella grande giostra del supermercato, tutto adorno e sfavillante di stelline e festoni, muovendosi sicuro tra gli scaffali si sentiva euforico. Gli altoparlanti rovesciavano slogan e canzoni.
Il ritmo e le parole lo dirigevano, gli davano la carica: “Nella terra degli uomini, dove tutto è possibile, dove suona la musica, dove un sogno si popola, dove il sangue si mescola, e ti senti una favola…” Con la sporta pesante, la voce di Jovanotti nella mente leggera, Giovannino riprese la strada di casa.
All’angolo, da un fagotto colorato di stracci, gli sorrise una faccia nera come la liquirizia e il suo cuore si popolò di sogni. ” Nella terra degli uomini, trovi un posto anche per chi, ti sorride da un angolo.” Tutto gli sembrava possibile, anche lo squarcio di luce – un’idea di sole – comparso all’improvviso nel piombo del cielo.
Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 10 – Dicembre 2014





