“I miei primi vent’anni” nella storia del quartiere

Il libro di Adelio Canali “La terrazza sulla Garbatella”

“I miei primi vent’anni” nella storia del quartiere

di Cosmo Barbato

In una sorta di lucido diario ricostruito a posteriori, un cittadino doc della Garbatella rievoca in un bel libro la vita quotidiana nell’ex borgata negli anni in cui essa si andò formando, poi in quelli tumultuosi della guerra e nei successivi del riscatto del dopoguerra, coincidenti con i primi vent’anni e oltre del suo autore: Adelio Canali, “La terrazza sulla Garbatella”, prefazione di Giulio Andreotti, …..

Il libro di Adelio Canali “La terrazza sulla Garbatella”

“I miei primi vent’anni” nella storia del quartiere

di Cosmo Barbato

In una sorta di lucido diario ricostruito a posteriori, un cittadino doc della Garbatella rievoca in un bel libro la vita quotidiana nell’ex borgata negli anni in cui essa si andò formando, poi in quelli tumultuosi della guerra e nei successivi del riscatto del dopoguerra, coincidenti con i primi vent’anni e oltre del suo autore: Adelio Canali, “La terrazza sulla Garbatella”, prefazione di Giulio Andreotti, Edup editore, euro 14. Al contrario degli altri due bei libri sul quartiere e sulla sua storia, pubblicati recentemente uno nel 2003 (Gianni Rivolta e Enzo Gori,”Garbatella mia”) e l’altro nel 2006 (Monica Sinatra,”La Garbatella a Roma”), questo di Adelio Canali è uno spaccato sui suoi abitanti, su quella melange di culture, di etnie, di dialetti che si sono fusi fino al punto di creare un’ identità distinta e unitaria della Garbatella, che in origine ebbe come fattore coagulante lo spirito popolare della solidarietà.
Canali proviene da una famiglia originaria di Ronciglione, nel Viterbese. Suo nonno, libertario mazziniano, aprì agli inizi del ‘900 un’orologeria a Piazza Montanara, nel quartiere che si trovava alle falde del Campidoglio e che verrà demolito tra gli anni Venti e i Trenta. Anche i Canali furono travolti dalle demolizioni e, dopo un provvisorio trasferimento all’Ostiense, agli inizi degli anni Trenta approdarono alla Garbatella: il Governatorato aveva assegnato loro un’abitazione al Lotto 44, il Quarto Albergo, in Via Francesco Orazio da Pennabilli, l’edificio che sulla facciata opposta ospita il commissariato.Adelio è una miniera di ricordi, un testimone attento di storie in parte dimenticate e che il suo libro rievoca con la vivezza e la semplicità di un racconto verbale. Storie piccole e grandi, di bagni nella marrana dell’Almone più tardi incanalata sotto la Circonvallazione Ostiense; di avventure e di discussioni col suo inseparabile amico Giorgio, ultimo dei numerosi figli di una famiglia storica di comunisti, i Cecilia; di fame e di paure negli anni della guerra, dei bombardamenti, dell’occupazione tedesca.
Un giorno, racconta, prima della guerra, mi trovai al passaggio di un corteo fascista che si recava alla Basilica di Massenzio ad ascoltare un discorso del duce. “Mi fermai sul marciapiede all’angolo con la Roma-Ostia, vicino a un signore con gli occhiali scuri, accompagnato da un giovane. Quando il corteo arrivò alla nostra altezza, dalla colonna in marcia si staccò un tipaccio in camicia nera che venne verso di noi e dette un forte ceffone all’uomo, colpevole di non aver salutato il gagliardetto. Gli occhiali caddero a terra rompendosi e il giovane si mise a piangere: il poveruomo ero un cieco della prima guerra mondiale!”. Dai suoi racconti apprendiamo di un dramma tra i tanti che si consumarono col bombardamento del 7 marzo ’44, quando fu colpito l’ Albergo Bianco, il Lotto 41 che ospitava anche la maternità: Giovanni Mattia si calò nelle rovine dell’asilo nido senza sapere che Valeria, la sua neonata, e la moglie, che lì lavorava, erano già state tratte in salvo, quando cadde un pezzo di ala del fabbricato e il poveretto rimase sepolto; i vigili fecero l’impossibile per salvarlo ma era difficile evitare altri crolli: Giovanni diede segni di vita ancora per alcuni giorni, poi venne estratto cadavere.
Alla Garbatella abitavano e abitano numerose famiglie ebree che erano state qui trasferite a seguito delle demolizioni nel centro storico.
La maggior parte si salvarono dalle razzie tedesche grazie alla solidarietà espressa dalla gente del quartiere. Dai racconti di Canali apprendiamo di un episodio di cui egli fu testimone diretto, riguardante Angelo Di Nepi, un coinquilino, figlio di Cesare già deportato in Germania, fermato da un collaborazionista che lo costrinse a dirigersi verso casa nella speranza di acciuffare qualche altro familiare. In casa però non c’era nessuno, i vicini avevano già provveduto a porli in salvo. Il collaborazionista, consegnando l’ebreo, avrebbe riscosso un premio di cinquemila lire dai tedeschi; ne pretendeva diecimila da Angelo Di Nepi per lasciarlo libero.
Fu subito organizzata una colletta tra gli inquilini, che però non fruttò abbastanza: la somma era troppo alta. Mentre Angelo veniva portato via, la madre di Canali ebbe l’idea di rivolgersi al maresciallo Romeo del vicino commissariato, coinquilino anche lui. Questi intervenne prontamente, arrestando il collaborazionista per estorsione e dando così tempo ad Angelo di squagliarsela. Il maresciallo ebbe poi noie con i tedeschi per essersi lasciato sfuggire l’ebreo. Ancora una testimonianza. 4 giugno 1944: i tedeschi in rotta, quasi a contatto con gli americani della V Armata che li inseguono. Da una colonna che scendeva giù da Via Guglielmo Massaia si staccarono due soldati tedeschi che si fermarono esausti a bere a una fontanella. Un colpo di fucile sparato da un resistente colpì uno dei due.
Il ferito fu trasportato all’interno del commissariato e poi in ospedale, mentre l’altro, catturato dagli abitanti, fu portato nel cortile antistante l’Albergo Rosso.
Era il nemico, l’odiato nemico dei nove mesi di feroce occupazione. Ma le donne ebbero pietà di quel poveretto che fu salvato dalla fucilazione. E ancora, sempre il giorno della liberazione: “Dalla parte di Via Percoto notammo che un gruppo di giovani col fazzoletto tricolore al collo aveva assaltato il commissariato, liberando l’ebreo Leone dalla camera di sicurezza. Costui uscì di corsa e nel cortile iniziò a saltare per la gioia, gridando ‘Viva l’Italia’, ma i pantaloni senza cintura calarono giù e dall’Albergo Rosso risuonarono risate e sfottò”. Canali nel dopoguerra divenne un dirigente locale della Democrazia Cristiana della corrente andreottiana ricoprendo anche cariche elettive: il “Divo Giulio” glie ne fu grato, gli fu testimone di nozze e gli ha dedicato una breve presentazione del libro.
Rimase sempre in fraterni rapporti con l’amico comunista: “Recentemente ho appreso della morte di Giorgio dal periodico Cara Garbatella”. Parla dei comunisti della Villetta, che tanta parte hanno avuto nella storia del quartiere, con ammirazione e rispetto.
Il suo libro di ricordi, puntualmente frammezzato con la rievocazione delle tappe salienti delle vicende degli ultimi settant’anni, è una documentazione sulla storia degli abitanti del quartiere. Gli episodi che racconta danno un’idea dell’atmosfera che si viveva nell’ex borgata, nella quale confluivano a ondate i poveri scacciati dalle demolizioni del centro storico, i “sovversivi” allontanati dai quartieri, gli immigrati che dalle province venivano a sbarcare il lunario a Roma. Insomma, è una lettura che agli anziani rinverdisce la memoria e ai giovani porge un’occasione di riflessione su come si sia formata la società dei loro nonni e dei loro padri, a prezzo di quali sacrifici e con quale spirito di solidarietà.

 

Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 5 -Novembre 2008

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