Adelio Canali, "Serve gente!, prefazione di Paolo Franchi e presentazione di Franco D'Emilio, Ed.Booklab, pagg.131, 12 Euro.
di Cosmo Barbato
Sulle doti di scrittore di Adelio Canali non avevamo dubbio alcuno. Il suo “La terrazza sulla Garbatella” pubblicato nel 2008 – il bel libro che racconta la sua scoperta del mondo tumultuoso dei suoi primi vent’anni (oggi ha superato gli 80) – ce ne ha fornito una prova.
La sua famiglia proveniva dalla demolita Piazza Montanara sotto il Campidoglio ed era stata “deportata” in uno dei quattro “alberghi” allestiti dal fascismo per portare lontano dalla città, in periferia, alla Garbatella, la gente povera sfrattata per le opere del regime, gli sbaraccati, gli sbandati, i sovversivi, i pregiudicati, i primi immigrati dalle altre regioni che avevano trovato asili precari ai margini o al centro degradato della Capitale. Tra di loro veri romani erano soltanto gli ebrei, anch’essi “deportati” dai quartieri sorti intorno al demolito ghetto. Una popolazione dunque quanto mai disomogenea, culture (spesso inculture), etnie, parlate diverse. Quella gente aveva soltanto in comune la solidarietà che nasceva dalla generale indigenza. Così la Garbatella plasmava una nuova unità demografica, come aveva fatto Roma tanti secoli prima. E gli abitanti degli Alberghi e dei Lotti diventavano tutti romani, pur con qualche residua specificità “garbatellese”.
Il secondo libro di Canali, “Serve gente!”, riguarda la seconda parte delle vita dell’autore, quando diventa dirigente della locale sezione della Democrazia Cristiana fino al crollo di Tangentopoli, in un quartiere in maggioranza orientato a sinistra come la Garbatella. E’ costituito da flash che non hanno un consequenzialità temporale. Sono ricordi, spesso pieni di ironia e di autoironia, molti divertenti, sempre godibilissimi, che non nascondono il “raccomandificio” del partito allora di maggioranza. Non sono riuscito a capire se Canali critica quel mondo di favori, di spintarelle, di aiutini, di promesse che non sempre potevano essere mantenute ma che comunque servivano a ispirare speranze. Egli ne parla senza veli, come un comportamento naturale di chi, con spirito generoso, fa volontariamente del bene a qualcuno. Ma Canali nel contempo non si nasconde che tutta quell’attività ha un fine: “Serve gente!”, cioè simpatie, consensi, voti. Tant’è che ci intitola il libro. Al di là di ogni considerazione di carattere morale, il libro, come al solito ben scritto, ci sembra un documento, una testimonianza dall’interno di un mondo che, pur nello spazio ristretto di un’esperienza di quartiere, ci racconta uno squarcio di quella che è stata la vita politica in Italia, al tempo della “balena bianca”.
Copyrighttutti i diritti riservati –Cara Garbatella Anno 9 – Marzo 2012