Garbatella su la testa!

Un Natale di solidarietà e rigore morale, il nostro patrimonio più grande

di Paola Angelucci

“Il quartiere che mi piace più di tutti è la Garbatella…” ci dice Nanni Moretti nel suo film del 1993 Caro Diario ed eccola Garbatella nostra, piace sempre, piace a tutti.
Poco più di tre chilometri quadrati di territorio a metà tra il centro storico e l’agro romano, quasi cinquantamila persone e quasi cento anni di vita passati per le sue strade fatte di terra e polvere in principio, poi lastricate per far scorrere la modernità di automobili e tram ed ora nuovamente da rifare; tanti anni scivolati nelle sue case più uniche che rare, all’insegna dell’eclettismo, del barocchetto, del razionalismo e poi, via via, fino ai palazzi frutto più recente del mattone romano lievitato a dismisura negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, ingombranti cugini degli storici lotti, che ormai cingono con affetto tutto il perimetro del quartiere. Tanta roba, tanta bellezza che fa innamorare sempre più il turista attento, gli studenti
e i tanti romani che scelgono Garbatella come meta delle loro passeggiate in città.


Eccola Garbatella bella, in questo periodo tutta sbrilluccicante per le luci del Natale che si affacciano festose dalle vetrine, da portoni e finestre, ammiccando provano ad attrarci, donne ed uomini sempre più distratti, così presi dai nostri problemi quotidiani: il lavoro che non c’è, le scuole dei figli, una persona cara da accudire, le preoccupazioni dei ragazzi per il loro futuro e così non alziamo più la testa, sembra non ci bastino più le nostre piazzette, stradine, giardini, tiriamo avanti talmente appesantiti dai nostri problemi che camminiamo chiusi nei paltò, nascondendo oltre ai nostri corpi, anche la natura di una comunità resistente, affossando il carattere socievole ed accogliente ereditato dai primi abitanti operai, ex braccianti in cerca di lavoro nella capitale e gli espulsi dal centro di Roma, sfollati a causa degli sventramenti subiti dalla città per le velleità del regime fascista.
Sembra quasi che la solidità di un quartiere come questo si stia facendo minare da un corso sbagliato delle cose, come se il democratico ponentino che leggero accarezza il rosso e l’ocra delle case di Garbatella, stia lasciando il passo ad un vento irritante che ci fa chiudere gli occhi per proteggerci, ma ci fa perdere di vista gli uni con gli altri. Certamente anche qui si respira un’ariaccia da un po’ di tempo, sarà per la puzza che dagli stracolmi cassonetti ci assale le narici salendo su fino agli ultimi piani, sarà perché i marciapiedi con sempre più alberi abbattuti ci fanno una tristezza infinita o perché dalle televisioni e dai giornali arrivano solo messaggi di odio sociale che, fomentando intolleranza e incomprensioni, ci spingono alla disgregazione. Sarà per tutto questo, ma il terreno su cui i nostri hanno fondato le radici della Garbatella è diventato scivoloso e, come le buche sui marciapiedi, pericoloso; allora bisogna essere forti, ricominciare ad essere ribelli di fronte all’incompetenza di chi ci fa vivere così, quasi senza dignità, resistendo alle generalizzazioni e affermando forte che la disumanità non abita qui!
Una finestra rotta e non riparata, così come teorizzato nei primi ani ’80 dai sociologi Wilson e Kelling, potrebbe generare fenomeni di emulazione dando inizio ad una spirale di degrado urbano e sociale, la finestra è solo una metafora che ci spinge a riflettere sul senso di comunità che sappiamo essere forte a Garbatella. il nostro fitto tessuto associativo e politico è linfa per il quartiere e aiuta a tenere accesa la scintilla dell’orgoglio di un territorio combattente, esigente e critico da sempre.
Ricominciamo dalla solidarietà, ormai praticamente estranea alla società contemporanea, ma che a Garbatella non è mai mancata e non ha mai lasciato spazio all’intolleranza e dove il controllo sociale, esercitato nelle piazze e nei lotti, ha permesso anche alle tante anime fragili e diverse di vivere accolti nella vita pulsante del quartiere: Pasquale, Evandro, il Marinaro solo per citarne alcuni che ci hanno lasciato, fino ai clochard, più efficienti del Comune di Roma, che hanno reso i giardini della Circonvallazione Ostiense un luogo curato e pulito, ecco tutti  loro e tanti altri hanno trovato uno spazio protetto nella comunità di quartiere, purtroppo impensabile in altre zone della capitale.
Questo è il nostro patrimonio più grande, fatto di aiuto reciproco, solidarietà e rigore morale, tessuto dai racconti delle storie personali, base della vicenda corale che fa crescere il loro valore collettivo e storico portando la Garbatella ad assumere un ruolo esemplare nella storia di Roma.
Non restiamo chiusi con le teste infilate nei baveri alzati dei nostri cappotti, rinfreschiamoci la gola con l’acqua della dolce Carlotta, riprendiamo a chiedere e a fare per la comunità resistendo all’imbarbarimento, al menefreghismo, all’intolleranza.
Garbatella su la testa!

Copyright  tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 13 – dicembre 2017

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