Visite guidate alle catacombe di Commodilla

 

Di Anna Di Cesare

Il 15 aprile, nonostante il maltempo, è stata aperta al pubblico la catacomba di Commodilla, un vero tesoro di arte e storia nel cuore della Garbatella. Situato nell’omonimo parco tra via Giovannipoli e via delle Sette Chiese, il sito si apre tra il quartiere Ostiense e quello Ardeatino, altro snodo importante per le prime comunità cristiane con catacombe meravigliose come quelle di Santa Domitilla e San Callisto.

I lavori di restauro sono stati finanziati dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra e si sono protratti dal 2018 al 2022, permettendo l’apertura al pubblico delle gallerie più antiche e della cosiddetta “basilichetta”, area circolare destinata alla celebrazione della messa e realizzata nel VI secolo durante il pontificato di Giovanni I.

Le prossime visite guidate sono in programma per sabato 20 maggio e 17 giugno dalle ore 10:00 alle ore 13:00, con turni della durata di 45 minuti ognuno; costo del biglietto di otto euro e prenotazione obbligatoria presso l’indirizzo email dell’assessorato alla cultura del municipio VIII.

Le tombe dei martiri Felice e Adautto

Un luogo destinato alla sepoltura che si colora di vita: paradossale. Ma è ciò che accade durante la visita dell’antico cimitero, grazie alle spiegazioni della guida. La catacomba prende nome dalla matrona romana Commodilla, probabilmente la ricca possidente che mise a disposizione di una comunità cristiana il terreno su cui sorge l’area cimiteriale.

Nato come cimitero privato nella cavità di un’antica cava di arenaria, il nucleo originario si ampliò fino a ospitare centinaia di sepolture collettive a partire dal IV-V secolo.  e anche tombe note e venerate come quelle dei martiri Felice e Adautto, un giovane dal nome sconosciuto. “Adautto”, infatti, è un soprannome che vuol dire “aggiunto” perché – narra la leggenda – assistendo al martirio del vecchio presbitero Felice, si commosse a tal punto che uscì dalla folla chiedendo di essere aggiunto al supplizio.

Grazie alla presenza di queste tombe sacre, in età tardo antica il sito ha attirato pellegrini dai quattro angoli dell’Europa cristiana, come testimoniano le iscrizioni sui muri lasciate dagli antichi visitatori. La varietà di lingue attestate è sorprendente: il latino, il greco, il runico – antica lingua d’oltremanica – oltre a una frase in volgare italiano che intima il silenzio durante la celebrazione, e che potrebbe risultare la prima attestazione scritta della nostra lingua.

L’affresco di Turtura

Le sepolture sono in buono stato di conservazione, alcune mantengono addirittura la muratura originaria. Lo stesso non si può dire degli affreschi e dei mosaici, i quali hanno subito sia il deterioramento del tempo sia il danneggiamento da parte degli uomini, soprattutto a partire dal diciassettesimo secolo, quando il sito fu riscoperto ed esplorato.

Gli archeologi hanno dovuto ricostruire pezzo pezzo le raffigurazioni, come è accaduto nel caso dell’affresco di Turtura, una vedova romana ritratta per volontà del figlio ai piedi dei santi Felice e Adautto e della Vergine in trono col bambino.

Le immagini dei due santi figurano in un altro affresco, che rappresenta la scena della cosiddetta “traditio clavium” in cui San Pietro è raffigurato nell’atto tipico di ricevere le chiavi del paradiso da Dio, e che conserva anche l’unica raffigurazione integra della matrona Merita, una figura centrale nella vita di questa comunità cristiana ma di cui non rimane pressappoco nulla.

L’immagine di Felice e Adautto campeggia anche al centro della cosiddetta “basilichetta”, un’area ampia che non può non restare impressa nella memoria del visitatore per la ricchezza delle raffigurazioni. Costruita durante il pontificato di Giovanni I per omaggiare le due tombe meta di pellegrinaggio, la “basilichetta” ospitava in passato una cappella destinata alla celebrazione della messa, e conserva tuttora un affresco raffigurante Cristo in trono.

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