Individuata la posizione dello stabile ritratto nel dipinto di Odoacre Ferretti pubblicato sul libro “Garbatella mia”.La tragica storia di Ermenegildo Lombardi.
di Giorgio Guidoni
Camminare è un’arte. Osservare il mondo che ci circonda, alla ricerca di storie del passato, può essere un’avventura da vivere anche nelle strade di Garbatella, di cui, apparentemente, conosciamo tutto. Ma solo apparentemente. Oggi vedremo quali segreti si celano nel tratto iniziale della via delle Sette Chiese.
C’è un’importante pubblicazione dedicata al nostro quartiere, una monografia ricca di storie e fotografie d’epoca: parliamo del volume Garbatella Mia, edito da La Campanella nel 2003, oggi fuori catalogo e difficilmente reperibile sul mercato. All’interno di questo libro, precisamente a pagina 31, sulla traccia di un dipinto di Odoardo Ferretti che risale approssimativamente all’anno 1925 (vedi fig.1), si formula un’ipotesi sull’identità della Garbatella.
La tecnica pittorica dell’artista è volutamente poco definita, ricorda i tratti tipici dell’Impressionismo: i dettagli rimangono sfocati e lasciati all’immaginazione dell’osservatore. Il dipinto ritrae una costruzione a due piani su una strada in leggera salita, alle spalle una collinetta con una parete verticale di natura tufacea. Dai comignoli della costruzione esce del fumo e c’è una scritta sopra la porta in basso a destra su cui si legge “Osteria dalla Maria”. Di fronte alla casa si osservano una strada con una staccionata in salita e un traliccio in legno, probabile supporto per la linea elettrica; sul retro una spalletta in muratura che si attesta sulla collinetta; infine, sulla destra del dipinto, l’impronta di una stradina sterrata. Nel libro citato si ipotizza che la Maria di questa osteria fosse la donna che tutti chiamavano Garbatella, che avrebbe dato il nome alla zona e poi al Quartiere. Studi e pubblicazioni successive riveleranno non solo l’esatta identità della donna, di nome Clementina Eusebi, morta nel 1861, ma anche la posizione della famosa osteria, situata al bivio tra via Ostiense e l’attuale via degli Argonauti, e la genesi del nome Garbatella (vedi le pubblicazioni di Jacobelli Editore “Garbatella tra Storia e Leggenda” di Gianni Rivolta e il recente “Garbatella 100” a cura di Gianni Rivolta).
Il quadro del pittore Ferretti ha stuzzicato la nostra fantasia e ci ha indotti ad esplorare la zona, lasciandoci guidare dalle sensazioni che ci regala una camminata per le strade di Garbatella. Cercando di immaginare come potesse essere il luogo un secolo fa, abbiamo cercato l’esatta collocazione dell’edificio in via delle Sette Chiese, confrontando il paesaggio attuale con quello ritratto nel dipinto. La casa con osteria in questione, che si trovava dove oggi è il bivio tra via delle Sette Chiese e via Alessandro Cialdi, non esiste più: fu abbattuta e sostituita da due case adiacenti, alle quali si è in seguito aggiunta la piccola officina di un fabbro che oggi si è trasferito in altra sede. Nell’immagine sottostante, una recente vista da Google Maps, è possibile apprezzare il gruppo delle due case e dell’officina (foto 2).
Lo stesso gruppo di case è ripreso nelle prossime due foto (figura 3 e figura 4) scattate dal balcone di un appartamento sito proprio di fronte alla collinetta: vi si notano chiaramente la spalletta in muratura e la stradina che gira intorno alla collinetta presenti nel quadro. Questa stradina, già esistente nelle mappe della zona del 1800, era via dei Serafini, che prende il nome da una famiglia che all’inizio del secolo scorso era proprietaria di una importante vaccheria e di diversi terreni coltivati a vite. Sulla sommità della collinetta troviamo le case colorate dei lotti 6 e 7, raggiungibili percorrendo via Adautto.
All’inizio della nostra ricerca credevamo che la costruzione con la sua osteria si trovasse all’inizio di via delle Sette Chiese, subito dopo il bivio cha lascia la via Ostiense sotto la rocca di San Paolo, sulla cui sommità si trova oggi la Scuola Principe di Piemonte, cosicché, lo confessiamo, proprio da lì abbiamo iniziato la ricerca. Questo tratto, oggi transennato e di difficile esplorazione, mostra una conformazione orografica simile alla collinetta del dipinto, con una parete verticale tufacea e una folta vegetazione naturale. Osservando attentamente le porzioni visibili di questa parete abbiamo fatto un paio di scoperte molto interessanti. All’interno degli arbusti selvatici sono evidenti un paio di anfratti che rivelano l’esistenza di grotte naturali (foto 5).
Sulla parete di tufo sono ancora evidenti tracce di alloggiamenti a sezione quadrata che probabilmente accoglievano una struttura in legno che fungeva da tettoia. Al centro, sotto i fori a sezione quadrata, è chiaramente visibile una colata di cemento o altro materiale edile che chiude l’ampio ingresso di una grotta (foto 6).
Confrontando la dislocazione di queste tracce con la guida ai bunker di Roma della Seconda guerra mondiale di Lorenzo Grassi (disponibile sul suo bel sito web www.lorenzograssi.it) scopriamo che in effetti questi anfratti naturali erano usati durante il periodo bellico come rifugi antiaerei, contrassegnati con il numero 5-16. La stessa guida segnala un secondo bunker posizionato proprio al bivio con la via Ostiense, marcato con il numero 5-18. (vedi foto 7 in basso a destra).
In effetti poco in basso, arrivando quasi in prossimità del bivio con la via Ostiense, si rileva un’altra grotta, ora chiusa da una colata di cemento, sulla cui parete è ancora presente la scritta in azzurro “LOMBARDI ERMENEGIRDI XX DELLE XEX CHIXX”, nella quale abbiamo sostituito con X le lettere non leggibili. Dalla ricerca che è seguita è emerso che al nome di Ermenegildo Lombardi è associata una storia che vale la pena raccontare. (vedi figura 8).
Chi era questo carneade e cosa accadde? Le notizie che siamo riusciti a recuperare ci parlano di un episodio registrato nel settembre 1953, cui diedero rilievo diversi quotidiani nazionali, tra cui Il Messaggero, il Corriere della Sera, L’Unità, La Stampa, L’Avanti. Nel primo dopoguerra la grotta in questione risultava di proprietà del Comune di Roma ed era abitata da un bottaio che aveva ceduto, dietro regolare pagamento, una parte del locale a un pensionato della Previdenza Sociale, tale Ermenegildo Lombardi di anni 63. Nel 1951 il bottaio muore, il Lombardi continua ad abitare la grotta riconoscendo la quota di affitto pattuita agli eredi, i quali tuttavia, vista l’esigua quota riscossa, decidono di trasformare il locale in una officina meccanica. Richiedono e ottengono l’autorizzazione comunale ed iniziano le pratiche per lo sfratto del pensionato. Ermenegildo Lombardi, conosciuto in tutta la zona come uomo mite, puntuale nei pagamenti, onesto, che non aveva mai creato problemi, con ottimi rapporti con il vicinato, viene a sapere delle intenzioni degli eredi. Il pensionato non si perde d’animo, convinto che si possa trovare una soluzione. Riesce a contattare l’avvocato che rappresenta gli eredi e tramite costui tenta di raggiungere un accordo per continuare ad abitare nella grotta, fiducioso che la questione possa risolversi in maniera positiva. Nel pomeriggio del 3 settembre l’avvocato, Francesco Pirugino di 43 anni, si reca dal Lombardi per comunicargli che gli eredi non accettano soluzione diversa dallo sfratto. Il Lombardi a quel punto si sente perso: sarà sfrattato, ha solo due giorni per raccogliere le sue cose, lasciare la grotta e ritrovarsi sul lastrico. Il mondo gli crolla addosso, non vede prospettive, perde la testa, inizia ad inveire contro l’incolpevole avvocato. Alcuni testimoni riporteranno che inizia a gridare “Sono solo un povero vecchio! Se mi sfrattate adesso mi rovinate!”. Poi entra nella grotta, brandisce un fucile da caccia da cui parte un colpo che raggiunge l’avvocato ferendolo a una gamba e scaraventandolo a terra. Il legale, prontamente soccorso, viene trasferito al Policlinico dove i medici lo giudicano guaribile in dieci giorni, mentre il Lombardi è arrestato dagli agenti di zona, prontamente allertati dalla piccola folla di curiosi e vicini che hanno assistito al fatto, Sarà tradotto al carcere di Regina Coeli, la sua nuova casa che lo ospiterà per qualche tempo. Un istante di follia che fortunatamente non ha causato vittime, ma ha stravolto la vita del povero pensionato fino ad allora conosciuto come uomo solo, mite e benvoluto dai vicini e conoscenti. La grotta sarà poi trasformata in officina, ma successivamente sarà chiusa per inagibilità, insieme alle altre grotte vicine, oggi inibite al transito, visibili soltanto oltre le transenne.
Nella figura 9 i ritagli di giornale dell’epoca che riportano l’evento.
In poche centinaia di metri, lungo la via delle Sette Chiese, abbiamo scoperto dove si situava l’Osteria dalla Maria alla Garbatella dipinta da Odoardo Ferretti, ritrovato tracce di rifugi antiaerei naturali utilizzati durante il periodo bellico, scoperto una storia che ci parla di miseria, precarietà e disperazione. Ermenegildo Lombardi, con quella sua scritta sul muro che ancora oggi ci parla sommessamente, voleva comunicare al mondo che anche lui aveva una casa. E la storia ci ricorda che soltanto 70 anni fa vivere in una grotta poteva essere un sogno, un’ambizione.