Quello che rimane del tempo di guerra

Una ricerca sui simboli del periodo bellico. Le indicazioni dei rifugi antiaerei alla Garbatella.

di Giorgio Guidoni

Per quanto possano sembrare lontani gli orrori dell’ultima guerra mondiale, siamo circondati ancora da tante impronte che ce li ricordano bisbigliando in maniera assordante. Molte ne sono rimaste sui muri delle città a ricordare quel momento storico così tragico che vide Roma pagare un prezzo altissimo in termini di vite umane civili. La Garbatella non fu immune da sofferenze e distruzioni, sono tristemente noti i bombardamenti avvenuti tra il 3 e il 7 marzo 1944, i cui obiettivi principali erano la Stazione Ostiense, la Centrale Elettrica e il Gazometro; malauguratamente alcuni ordigni caddero proprio sul Lotto 41, meglio noto come l’Albergo Bianco, distruggendolo e causando oltre 50 vittime. Durante l’ultimo conflitto esisteva un’organizzazione, paragonabile alla Protezione Civile odierna, che si occupava della protezione della popolazione durante le incursioni aeree: l’UNPA, Unione Nazionale Protezione Antiaerea. Uno dei compiti dell’UNPA era l’organizzazione dei rifugi nelle città, basata principalmente sull’utilizzo delle cantine e sottoscala delle abitazioni. Per facilitarne l’uso e per l’eventuale soccorso delle persone che si trovavano nei rifugi, si dipingevano sui muri (con una speciale vernice particolarmente resistente agli agenti atmosferici, la membranite) indicazioni tramite scritte, lettere, numeri e simboli: tali indicazioni individuavano la posizione di ingressi e uscite di sicurezza dei rifugi, idranti, pozzi, cisterne, serbatoi.

Esiste anche un interessante riferimento letterario di Italo Calvino, un racconto breve dal titolo Le notti dell’UNPA, ambientato nel 1940 all’inizio del conflitto mondiale, raccontato in prima persona da un ragazzo che conosce ancora poco se stesso e nulla della guerra che sta giungendo brutale di lì a poco. Anche se non ci sono riferimenti diretti ed espliciti, nel racconto si tratteggiano atmosfere e visioni che fanno pensare alla scuola elementare Cesare Battisti e al mondo rurale che a quei tempi circondava il quartiere Icp. Anche sui muri della Garbatella sono presenti alcune di queste scritte, benché sbiadite e ormai dimenticate. Al Lotto 32, in via Giustino de Jacobis, si trova ben visibile una scritta con una freccia che indica un Rifugio Antiaereo adiacente a uno scantinato, recentemente restaurata (foto rifugio antiaereo).

Una Galleria Antiaereo Pubblica più strutturata era presente alle pendici della collinetta della Villa del 9 Maggio, che doveva servire principalmente da ricovero per gli abitanti degli Alberghi. Nella foto 2, scattata nel 1944, si riconosce la porta di ingresso del locale; nella figura 3 riportiamo la planimetria della struttura sotterranea.

Foto 2
Figura 3

A 50 metri di distanza da questo Rifugio ce n’era un secondo privato, di pertinenza della famiglia del Senatore Roberto De Vito, sottosegretario al Ministero delle Poste durante il ventennio. Il De Vito, proprietario del terreno della zona, donò una parte della sua tenuta allo Stato affinché ci costruisse un convitto dove educare e istruire le figlie orfane dei dipendenti del Ministero. Alla fine degli anni settanta questo edificio divenne scuola pubblica affittata dall’Istituto Postelegrafonici al Comune di Roma, quella che è oggi il complesso scolastico Alonzi.

Una scritta Rifugio Antiaereo estremamente sbiadita si trova in via Roberto De Nobili che necessiterebbe di un degno restauro.

Anche nella vicina Piazza Eugenio Biffi 1 si trova la stessa scritta, questa volta leggermente più visibile (foto 4 a sinistra), anch’essa meriterebbe un’opera di restauro.

Un discorso a parte merita il simbolo impresso in piazza Damiano Sauli, immortalato anche nel film Caro Diario del 1995, nella famosa scena di Nanni Moretti in sella alla sua vespa per le vie della Garbatella. Anche il quotidiano La Repubblica si è occupato a più riprese di questa scritta, ipotizzando che la scritta fosse una P o forse un 2 (vedi figura 5), senza poter dare una risposta.

figura 5 da Caro diario

In realtà c’è una foto che risale presumibilmente agli anni Cinquanta (pubblicata a pag.183 del libro Garbatella tra storia e leggenda di Gianni Rivolta) in cui si vede abbastanza chiaramente che il simbolo dipinto era una S (vedi figura 6). Anche questo simbolo è andato deteriorandosi nel tempo, sia per gli agenti atmosferici, sia perché ancora oggi il muro è usato per pubblicistica varia, vi si attaccano e staccano manifesti di vario genere, che hanno via via abraso la parte verniciata.

Mentre ci sono indicazioni univoche per il significato di vari simboli presenti con più frequenza nelle città (I per Idrante, P per Pozzo, R per Rifugio o Ricovero, F per Fontana), per la lettera S ancora oggi ci sono più ipotesi: poteva indicare la presenza nei paraggi di un Serbatoio, o poteva significare anche presenza di Sabbia, materiale richiesto in ogni vano sottotetto e in ciascun appartamento insieme ad attrezzi per spanderla da specifiche norme UNPA. Questo perché sino ad ora non è stata trovata una documentazione di riferimento univoca, e probabilmente molti segnali furono realizzati su iniziativa locale.

È difficile reperire testimonianze dirette dell’epoca, le uniche voci disponibili sono quelle dei figli e dei nipoti che ricordano i racconti dei loro genitori e nonni. Nel tempo della guerra gli abitanti della Garbatella non si preoccupavano molto di questi simboli, conoscevano a memoria i luoghi in cui si trovavano i rifugi antiaerei e anche in assenza di indicazioni sui muri, appena udivano i sei suoni di sirena di 15 secondi intervallati da altrettante pause della stessa durata che indicavano l’allarme aereo, si recavano velocemente nei locali fontane e lavatoi situati nei sottoscala, in attesa che il suono prolungato per due minuti della sirena annunciasse il cessato allarme. E i ricordi parlano di notti trascorse in totale oscurità, di lampadine a luce blu, del buio di quel tempo che sembrava senza fine, e del desiderio di pace affidato a una stella intravista dal sottoscala.

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