Quando ci “armavamo” con la mazzafionda

Quando ci “armavamo” con la mazzafionda

Giochi di strada dei ragazzi di una volta. Il “prestigio” di chi se ne confezionava una

di Enrico Recchi

La fionda o meglio la mazzafionda, come è conosciuta alla Garbatella, nasce nella notte dei tempi come strumento di caccia dell’uomo preistorico.
Qui non vogliamo fare la storia di questa antica “arma” ma parlare invece della fionda come uno dei giochi di una volta, praticati dalle generazioni passate. Giochi che si svolgevano tutti per strada, all’aperto, tutt’al più in cortile o in oratorio. …..

Quando ci “armavamo” con la mazzafionda

Giochi di strada dei ragazzi di una volta. Il “prestigio” di chi se ne confezionava una

di Enrico Recchi

La fionda o meglio la mazzafionda, come è conosciuta alla Garbatella, nasce nella notte dei tempi come strumento di caccia dell’uomo preistorico.
Qui non vogliamo fare la storia di questa antica “arma” ma parlare invece della fionda come uno dei giochi di una volta, praticati dalle generazioni passate. Giochi che si svolgevano tutti per strada, all’aperto, tutt’al più in cortile o in oratorio.
La fionda ha sempre suscitato un fascino particolare tra i ragazzi per vari motivi: innanzitutto non si comperava bella e fatta ma bisognava costruirsela e quindi come tutte le cose che si fanno da se c’era una grande soddisfazione; secondo rendeva “pericolosi”, cioè chi andava in giro con la fionda acquistava prestigio ed era temuto (altra cosa era poi saperla usare e centrare i bersagli…), ed infine metteva in condizione di colpire passerotti o barattoli vuoti ma nelle fantasiose menti dei ragazzi evocava le gesta degli eroi studiati a scuola o dei fumetti e quindi la possibilità per ognuno di ottenere giustizia e farsi rispettare.
La grande diffusione della fionda nel dopoguerra fu dovuta all’introduzione sul mercato delle camere d’aria di cicli, moto e auto. I pneumatici hanno fornito a generazioni di bambini la materia prima, ovvero gli elastici da applicare alla forcella. Non era facile procurarsi una camera d’aria usata, tutti infatti tendevano a rattopparla fin che possibile, e spesso bisognava fare la corte dal ciclista/gommista per ottenerne una. Avere per parente o amico un artigiano era una “svolta” per un ragazzino che voleva costruirsi dei giochi: per esempio i meccanici di auto fornivano i cuscinetti a sfera grippati, utili per costruire i carrettini; i falegnami i pezzi di legno e la colla.
Il lavoro più lungo e difficile era quello della ricerca della forcella. I legni migliori, ovvero i più adatti, erano quelli di bosso e frassino, inesistenti in città. Perciò ci si doveva adattare a fare le forcelle con il legno disponibile, ovvero quello degli alberi sotto casa o che si potevano trovare nei campi ancora non costruiti verso la Circonvallazione Ostiense o verso la Colombo.

Per fare una buona fionda era necessario procurarsi anche un pezzo di cuoio. Il migliore di tutti era quello della linguetta delle scarpe e poteva capitare di vedere un ragazzino con la scarpa “slinguellata”. C’era chi si accontentava di una normale forcella a forma di “V”, ma i più esigenti e creativi possedevano la fionda con la forcella a forma di “U”. In questo caso era necessario mettere “in forma” per qualche tempo il ramo. Era questo il momento della verità, nel quale si verificava la “bontà” e resistenza del pezzo di legno. Il più delle volte, non resistendo alla curvatura imposta, la fionda si spezzava e bisognava iniziare di nuovo con la ricerca del pezzo di legno giusto. Tolta la corteccia si iniziava la decorazione, c’era chi lo incideva, chi lo colorava, chi lo ungeva di olio in modo che sembrasse di osso. I più fortunati, che avevano un parente o un amico fabbro, potevano ambire ad una fionda a tondini di ferro con l’impugnatura saldata e con la forcella a forma di “U”. La fortuna di rimediare gli elastici migliori (quelli a “quadrelli”) e un esercizio costante (poveri passerotti!) permettevano una notevole precisione. In genere si tiravano “breccole” (sassi) il più possibilmente sferici, riempiendosi le tasche di munizioni perché un buon bersaglio o un “nemico” inatteso era sempre dietro l’angolo della strada.

 

Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 7 – Giugno 2010

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