La storia di Cicci passero trovatello

La storia di Cicci passero trovatello

di Francesca Vitalini

La storia che sto per raccontare si svolge a Roma nella prima metà degli anni ’40. Vi precedo avvertendovi che non si tratta di un racconto di guerra, anche se è ambientata in quegli anni, ma di una storia semplice e quotidiana, narratami da Uccio (al quale dico grazie), che vede in primo piano il rapporto tra uomo ed animale. Vediamo di cosa si tratta… In un giorno di tarda primavera, …..

La storia di Cicci passero trovatello

di Francesca Vitalini

La storia che sto per raccontare si svolge a Roma nella prima metà degli anni ’40. Vi precedo avvertendovi che non si tratta di un racconto di guerra, anche se è ambientata in quegli anni, ma di una storia semplice e quotidiana, narratami da Uccio (al quale dico grazie), che vede in primo piano il rapporto tra uomo ed animale. Vediamo di cosa si tratta… In un giorno di tarda primavera, però, fece uno strano incontro: dall’alto dell’eucalipto cadde tra le sue mani un piccolo passero che non aveva ancora imparato a volare. I tentativi di ricongiungerlo alla madre fallirono e, così, la signora Anna decise di adottarlo. Da brava mamma escogitò un metodo sicuro per nutrirlo. Ogni volta che l’uccellino cinguettava, la nostra protagonista preparava una pappa di latte e mollica. Dopo aver amalgamato bene gli ingredienti, s’infilava una piccola porzione del preparato in bocca per alimentarlo. Come se si fosse trovato con la sua vera mamma, l’uccellino sfilava la pappa dalle labbra della signora Anna finché non era sazio.
La nostra protagonista provvide anche alla preparazione di un riparo per quell’esserino: cucì insieme vari pezzi di stoffa e di lana e formò con questi tessuti un piccolo nido, che il passerotto sembrò gradire. I giorni passavano e non soltanto l’uccellino si era ambientato perfettamente alla nuova situazione, ma anche Anna e la sua famiglia gradirono sempre di più la presenza di quell’ospite inaspettato. L’affezione per il passerotto li spinse anche a trovargli un nome: Cicci.Luchino Visconti
Il passerotto non rimase un uccellino implume. Dopo qualche tempo che si trovava nella sua nuova famiglia imparò a svolazzare per la casa. La conquista dell’aria di Cicci preoccupò un pochino Anna e i suoi figli che cominciarono a domandarsi per quanto tempo ancora l’amato passerotto sarebbe rimasto con loro. Durante i primi tentativi di volo, però, il timore sembrò vano perché Cicci, anche con la finestra aperta, preferiva l’interno delle mura domestiche all’esterno. Solo in un secondo tempo l’uccellino guadagnò il cielo aperto, ma anche in questo caso non abbandonò la famiglia che l’aveva curato così attentamente. Una volta, infatti, volò fuori dalla finestra e nell’apprensione generale, compì un primo giro intorno al vecchio albero del giardino, ne fece un altro eeee…ed ecco che tornò sulla spalla della signora Anna!
Il tempo passava e Cicci divenne un vero componente della famiglia. Tutte le mattine, infatti, si alzava molto presto (capitò anche che accompagnò il marito della signora Anna a lavoro, rimanendo accoccolato in una tasca della sua giacca per gran parte della giornata!) ed usciva dalla finestra portando con sé alcuni fili di lana colorata del suo nido e ogni tardo pomeriggio ritornava a casa con il suo ” giocattolo”, entrando da dove era uscito. Se la finestra era chiusa non si dava per vinto: beccava il vetro finché qualcuno non apriva.
La vita quotidiana della famiglia, così, trascorreva tranquillamente con un componente in più. Un giorno, però, mentre la signora Anna versava la minestra bollente nei piatti dei suoi cari, Cicci perse l’equilibrio mentre volava e… pluff , cadde dentro il pentolone. La caduta non fu senza conseguenze perché all’uccellino caddero molte delle penne che aveva e si ritrovò ustionato per gran parte del corpo. La signora Anna, atterrita, non perse tempo. Arrivò con i mezzi pubblici fino ai Monti di Creta per farsi prescrivere dagli stupefatti medici di quell’ospedale dermatologico una cura adeguata. Cicci se la cavò e, così come terminano le favole, visse felice e contento con la sua famiglia. Le storie semplici procurano un sottile piacere all’ascoltatore e al narratore, soprattutto se raccontano fatti quotidiani felici ai quali non danno grande peso gli strumenti tradizionali d’informazione. Esse aprono un piccolo spiraglio di serenità negli eventi di doloroso orrore che giornalmente si verificano e fanno riscoprire che lo spirito di solidarietà dell’uomo può emergere anche in situazioni difficili, così come lo erano gli anni del secondo conflitto mondiale in Italia.

 

Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 1 – Ottobre 2004

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