La Garbatella si visita con gli occhi all’insù

Esce in libreria la Guida sui comignoli di Piero Patacci

di Gianni Rivolta

“Ode al raffreddore”, “Malfidati”, “Non spingete”, “Wanda” sono solo alcuni dei nomi che Piero Patacci, l’autore della Guida ai comignoli della Garbatella, ha affibbiato ai piccoli fumaioli sui tetti delle case popolari.

Nomi di fantasia naturalmente, ma se avete l’occasione di camminare per la Città giardino con questo libricino in mano e sollevate lo sguardo verso il cielo, vi accorgerete che non sono per niente campati per aria. Anzi, della somiglianza c’è. Potete farlo seguendo due percorsi, il rosso e il verde e seguire una mappa dettagliata dei lotti Iacp.

A corredare l’opera, edita dalla casa editrice Luoghi Interiori ( 12,00 euro),c’è anche un utile allegato con una breve scheda sui maggiori architetti, che hanno lasciato un segno a Garbatella e una tabella molto ben strutturata sugli edifici popolari. Sulla Garbatella in questi ultimi quindici anni è stato scritto di tutto, sia dal punto di vista architettonico che da quello sociale e politico.

Ma qualcuno che pensasse di nobilitare questo quartiere, che si avvia a festeggiare il  centenario della sua nascita (18 febbraio 1920), a partire dai fumaioli ancora non si era presentato. La tesi dell’autore è molto ambiziosa: il comignolo è la firma apposta dall’architetto a conclusione della progettazione dell’edificio, siano essi villini con orto annesso o case rapide, semintensivi o case padiglione.

Già è stato più volte scritto che la Garbatella, nella sua costruzione, che si può quasi del tutto attribuire al decennio 1920-1930, è un laboratorio  di stili e tipologie edilizie che hanno risposto alle diverse emergenze abitative. Si è passati dai villini economici della Borgata giardino Concordia a piazza Brin costruiti per ospitare gli operai della zona industriale alle case rapide per gli sfrattati, fino agli alberghi suburbani, sorti  intorno a piazza Michele da Carbonara per dare un alloggio provvisorio (una sola stanza per famiglia), ai baraccati o ai nuclei espulsi dal centro città a seguito degli sventramenti operati dal fascismo.

Insomma  Piero Patacci distingue il comigolo di Innocenzo Sabbatini da quello di Plinio Marconi, quello di Camillo Palmerini da quello di Giovanni Battista Trotta e ci invita a farlo almeno una volta, camminando per le strade di questo meraviglioso quartiere con gli occhi all’insù, lasciando a terra tutti i pensieri e le preoccupazioni quotidiane.

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