Il noto urbanista ex assessore della giunta Raggi espone in una intervista a Cara Garbatella la sua visione per Roma

Paolo Berdini in corsa per il Campidoglio? “Se tutto va bene, sì”

di Ilaria Proietti Mercuri

Il giorno che l’ho contattato per l’intervista mi ha risposto che non poteva parlare. <<Sono ad un seminario via web, la richiamo io appena posso>>. A quel punto ho pensato, non lo farà mai. Finirò, come spesso accade, ore dietro ad un telefono senza ricevere risposta. Mi sbagliavo. Quella stessa sera il telefono ha squillato. Era lui, Paolo Berdini: urbanista, saggista, collaboratore di Italo Insolera nell’ultima stesura di “Roma moderna”, membro di Italia Nostra e del consiglio nazionale del WWF dal 2009 al 2012. Consulente dell’assessore all’Urbanistica della Regione Lazio dal 1995 al 2000. Nel giugno 2016 poi, era stato nominato da Virginia Raggi assessore all’urbanistica della città di Roma. Ma lui è uno che, se qualcosa non gli sta bene, non se la fa di certo scivolare addosso. Così nel febbraio 2017 si è dimesso dalla carica.

Perché intervistarlo? Si vocifera che voglia candidarsi Sindaco di Roma. Sarà vero? <<Se tutto va bene, sì>> ha risposto. E allora via con le altre domande.

– Roma sembra una città ingovernabile. Perchè? E quali caratteristiche dovrebbe avere un sindaco?

La classe economica dirigente di Roma ha fondato lo sviluppo della città nella direzione più facile, quella della speculazione immobiliare. Invece di pensare a costruire occasioni di lavoro qualificato, l’attività prevalente è stata l’espansione urbana. Oggi raccogliamo i frutti amari di quel modello di sviluppo: il debito comunale supera i 13 miliardi. L’Atac e l’Ama non riescono a funzionare perché la città è troppo grande da raggiungere e accumulano debito. 

Questo fardello toglie inevitabilmente risorse agli investimenti produttivi o alla costruzione di infrastrutture di trasporto come tutte le città del mondo. Nasce da qui l’ingovernabilità della città. Ed è da qui che ogni sindaco dovrebbe partire: dalla consapevolezza che occorre chiudere la fase di un modello di sviluppo sbagliato e investire ogni risorsa per diminuire le distanze tra centro e periferie.  La principale caratteristica del nuovo sindaco sarà dunque quella di avere un’idea chiara di città.

– Una proposta per Roma che attuerebbe da domani?

Avviare la realizzazione di almeno tre nuove linee tramviarie, che sollevino la periferia dalle difficoltà della vita quotidiana. La priorità andrebbe data alla linea della Palmiro Togliatti da troppi anni attesa da tanti quartieri molto popolosi, ma si può pensare ad Ostia o alla tramvia sul viale Marconi, che farebbe respirare un quartiere perennemente bloccato dal traffico.

– Roma è centro, ma anche tanti quartieri di periferia. Come farebbe a bilanciare gli interventi senza lasciare nessuno indietro?

L’idea di città di cui parlavamo in precedenza deve farsi carico in primo luogo dei diritti delle periferie. La Caritas ha denunciato che il reddito delle famiglie che abitano nel centro è di trentotto mila euro. Quello delle periferie lontane scende a diciassette mila. “Mappa Roma”, ci dice inoltre che i laureati del centro sono il 40% del totale mentre in periferia superano a stento il 10%.

E’ uno squilibrio intollerabile. Delinea una città che ha due volti, quello qualificato e quello dell’abbandono. Questo squilibrio grave è stato misurato negli anni passati ed oggi è certamente aumentato a causa della pandemia. Ogni intervento comunale deve dunque tentare  di attenuare le distanze e tendere all’inclusione sociale. Questa può essere raggiunta con le nuove linee tramviarie e costruendo qualità e occasioni di lavoro. Si dovrebbe ad esempio concludere il percorso della linea metropolitana “C” (oggi previsto a Prati) a Corviale, e cioè in una delle periferie più difficili. Le città vivono anche di eventi simbolici e sarebbe importante dare un segnale di attenzione alle periferie.

Sulle qualità è ora di ripensare l’offerta scolastica periferica, spesso ricavata in edifici impropri e la realizzazione di parchi che creino delle pause urbane tra una parte e l’altra dell’immensa periferia romana.

E poi c’è il lavoro da incrementare con l’attivazione di incubatori d’impresa, che favoriscano l’imprenditoria giovanile.

– Lei era stato nominato da Virginia Raggi assessore all’urbanistica, ma poi nel febbraio 2017 si è dimesso. Come mai?

La questione dello stadio della Roma a Tor di Valle è stata decisiva per chiudere un rapporto che già iniziava a incrinarsi a causa di profonde differenze culturali. I 5stelle avevano vinto le elezioni comunali dichiarandosi contrari alla grande speculazione immobiliare. Nel gennaio 2017, Ferdinando Imposimato, uno dei più importanti magistrati italiani che collaborava (gratuitamente!) con il mio assessorato fu improvvisamente messo da parte per far posto all’avvocato Luca Lanzalone, che nel 2018 fu arrestato nel grande scandalo dello stadio della Roma. Evidentemente non c’era più posto per la competenza e l’onestà. Meglio prendere il largo.

Paolo Berdini in corsa per il Campidoglio? “Se tutto va bene, sì”

– Ha un politico “modello” di riferimento?

Due grandi esempi di politici e amministratori, che mi hanno sempre interessato,  sono i sindaci Ernesto Nathan e Luigi Petroselli.

Il primo, all’inizio del novecento, nei quattro brevi anni di vita della sua amministrazione ha saputo costruire i servizi di una città moderna, ha pubblicizzato il servizio di trasporto pubblico prima lasciato nelle mani dei privati, ha creato una rete di scuole nelle periferie urbane e nell’agro anche grazie all’azione di Sibilla Aleramo. Quattro anni che hanno cambiato profondamente lo stato della città.

Luigi Petroselli primo sindaco comunista, 70 anni più tardi, ha dato ampio spazio alla questione delle periferie, ha chiuso la vicenda delle baracche dei senza tetto costruendo l’ultimo quartiere pubblico, Tor Bella Monaca. Ha infine dato il via al progetto di pedonalizzazione dei Fori Imperiali e dell’Appia Antica, ideato da Antonio Cederna e Italo Insolera.

Due amministratori che giganteggiano nel panorama della vita della città.

– Ultima domanda. C’è qualche considerazione che vuole fare?

Tornerei all’idea di città che può a mio giudizio deve caratterizzare gli anni futuri.  E’ quello dell’ecologia integrale, concetto come noto ideato da Papa Francesco. Si tratta di avviare la riconversione ecologica della città accompagnandola con il rispetto delle persone e con l’inclusione sociale. Costruendo case per le famiglie che vivono nelle cento occupazioni romane e riattivando i servizi alle persone tagliati nei decenni del neoliberismo. E’ un’idea affascinate e lungimirante, la sola che può dare una speranza ad una città smarrita.

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