Edificazione I60 Grottaperfetta: dal “peccato originale”all’oggi

Edificazione I60 Grottaperfetta: dal “peccato originale”all’oggi

Il Municipio per la tutela del territorio, dell’interesse collettivo e della legalità

Cos’è l’ “I60”?

Il Programma di Trasformazione Urbanistica denominato I60 ha un valore economico superiore al miliardo di euro e prevede la costruzione di 32 edifici con altezze fino a sette piani, per complessivi 400.000 metri cubi, concentrati in circa 23 ettari di terreno, tra Via di Grottaperfetta, Viale Ballarin e Via Berto. Tale imponente operazione, affidata a quel Consorzio Grottaperfetta composto da 28 medi e grandi costruttori romani, proviene dal Piano Regolatore Generale degli anni ’60, che consentiva la realizzazione di 180.000 mc.
A questi si sono poi aggiunti ulteriori 220.000 mc provenienti dall’istituto delle ‘compensazioni’, voluto ed applicato dall’ex Giunta Veltroni, al tempo della vittoria ambientalista che ha impedito di sommergere di cemento la Tenuta di Tormarancia.

Il ‘peccato originale’ e la tutela del territorio

Il peccato originale, ineludibile, sta proprio qui: nell’intenzione di realizzare un’edificazione enorme, oltre il doppio di quella originaria, all’interno di un’area evidentemente inadeguata.
Da ciò deriva la necessità di ottenere uno sfruttamento oltremodo intensivo dell’area che, viste le limitazioni d’altezza imposte agli edifici, si traduce nella propensione ad estendere le superfici edificabili ignorando la tutela esistente. Oggetto della tutela sono i Beni Ambientali (il Fosso delle Tre Fontane) e quelli Storici e Paesaggistici (i sei antichi Casali vincolati e gli imponenti ritrovamenti archeologici) compresa una villa romana ora ricoperta, sulla quale è prevista, tra l’altro, la realizzazione di strade e parcheggi, per il reperimento degli standard urbanistici previsti per legge. In breve, per consentire la costruzione della sproporzionata volumetria e quindi di tutti e 32 i palazzi si tende a superare (distruggendo) i vincoli naturali.

Le stranezze e l’intervento del Municipio

Così si susseguono le stranezze: del Fosso si nega persino l’esistenza, con tanto di dichiarazioni ufficiali di dirigenti comunali che ne attestano il presunto seppellimento, fatto di cui non c’è traccia documentale, anzi smentito completamente da tanti e in particolare dall’Aeronautica Militare.
I Casali si ‘suicidano’, decidendo di venir giù tutti insieme in una calda estate romana; i ritrovamenti archeologici vengono derubricati con poche risibili prescrizioni. Tutto sembra filare come da copione, con i primi palazzi a vedere la luce e le proteste isolate di Municipio e cittadini a sottolineare l’eccessivo impatto di quello che è il più grande cantiere aperto dentro il Gra. Poi, a febbraio 2014, l’intervento di sequestro dell’area (con cui il Municipio blocca, in flagranza, l’azione illegale di cancellazione del Fosso), muta rapidamente il contesto. A stretto giro si susseguono: l’apertura di un’indagine della Corte dei Conti e della Procura di Roma, ancora in corso, con indagati in quest’ultima tre dirigenti comunali e tre esponenti del Consorzio; l’apposizione del divieto di edificare per 50 metri dalle preesistenze dei Casali ‘sgretolati’, da parte della Soprintendenza comunale; l’azione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, che sul patrimonio archeologico ha imposto tutele più significative di quelle primitivamente adottate e sul Fosso ha ribadito a più riprese – e definitivamente il 14 luglio 2015 – l’esistenza di una serie di vincoli, tra cui quello paesaggistico, che comporta una fascia di assoluta inedificabilità di 150 metri.
Relativamente al Fosso delle Tre Fontane, quello del Mibact (il Ministero dei Beni e le Attività culturali e il Turismo) è solo l’ultimo dei pronunciamenti scritti e inequivocabili di autorevoli soggetti. Se il Fosso fosse stato davvero seppellito nel 1980 sotto Viale Ballarin, come sostengono il Consorzio Grottaperfetta e l’Assessore comunale alla Trasformazione Urbana, Giovanni Caudo, avrebbero scritto il falso, nell’ordine, l’Autorità di Bacino del Tevere, l’Area Difesa Suolo della Regione Lazio, la Giunta Regionale del Lazio, l’Aeronautica Militare e la Polizia Giudizia: ovvero tutti gli Enti che hanno sottoscritto, documentato e ribadito l’esistenza ininterrotta dello storico Fosso delle Tre Fontane.
Non solo. Avrebbe mentito anche il tecnico incaricato di individuare con professionale strumentazione topograficale parti di proprietà demaniale del corso d’acqua, che nella relazione giurata in Tribunale, ne ha evidenziato il passaggio nell’area di cantiere e non al suo esterno. Inoltre, qualora il Fosso non esistesse più da 35 anni, perché mai il Consorzio Grottaperfetta intendeva pagare quasi 300.000 euro per ‘sdemanializzarlo’.
Perché il Demanio ha rifiutato l’offerta, riaffermando la propria autorità sul Fosso?

Lo scontro con il Campidoglio

L’intervento in argomento, benché datato nel tempo, si sta concretizzando attualmente, sotto la responsabilità della Giunta Marino, con l’inizio dei lavori per le opere di urbanizzazione risalente al 2013 e con il rilascio dei primi Permessi a Costruire nel 2014. Sul ruolo dell’attuale compagine alla guida del Campidoglio si sono dovute registrare altre note spiacevoli e dolenti. Nel merito, ai rilievi ed alle azioni intraprese dal Municipio nella sua attività di vigilanza sul corretto sviluppo del territorio, l’Assessore comunale Caudo ha sempre replicato, negando qualunque irregolarità e rassicurando i costruttori.
Allo stesso modo le richieste mirate ad ottenere una riduzione dei palazzi, al fine di garantire la tutela dei Beni ed a ricondurre il Programma nella legalità, si sono scontrate con un atteggiamento di ferma ostilità del Campidoglio. Si ricordano, al proposito, due episodi significativi. Il primo risale a febbraio 2014, quando Caudo convoca i tecnici municipali, all’indomani del loro accertamento di opere abusive di reinterro, interferendo con l’attività di vigilanza. Il secondo è di inizio settembre 2015 quando, dinanzi al Tar chiamato a pronunciarsi per la terza volta – dopo aver rigettato le prime due – sulla richiesta di sospendere il provvedimento municipale di ripristino dell’alveo del Fosso e della vegetazione circostante, il Consorzio Grottaperfetta utilizza come ‘motivi aggiunti’ alla base del nuovo appello proprio alcune dichiarazioni pubbliche  dell’Assessore, circa la surreale inesistenza del Fosso. La sospensione non è stata concessa neanche stavolta, ma l’Avvocatura comunale si è trovata in estremo imbarazzo a difendere la posizione schizofrenica dell’Amministrazione: Municipio impegnato nella tutela del territorio e Assessore comunale palesemente dall’altra parte! In mezzo ai due fatti, appunto, parole, scritti e prese di posizione ripetute sulla regolarità dell’edificazione in corso e sull’inesistenza di un Fosso su cui un po’ tutti (ripeto, Mibact, Autorità di Bacino del Tevere, Area Difesa Suolo della Regione Lazio, Giunta Regionale del Lazio, Aeronautica Militare, Polizia Giudiziaria, Tecnico incaricato della perizia, Demanio, Municipio) per Caudo avrebbero preso abbagli.

Un epilogo ancora da scrivere

L’epilogo della vicenda è ancora tutto da scrivere, con un Municipio tenace che non si arrende a vedere maltrattato il territorio, calpestato l’interesse collettivo, infranta la legalità nel modo peggiore, cioè esonerando da essa i potenti. Un Municipio che, pur restando interdetto a fronte del silenzio del Sindaco Marino e delle posizioni dell’Assessore Caudo, non si ferma nella sua azione.
Un Municipio che non si piega a veder accreditata una realtà ‘di plastica’ come vera, in beffa a documenti lampanti ed incontestabili. Un Municipio che non si spaventa di fronte alle diffide minacciose delle decine di avvocati impiegati a difesa
dell’interesse imprenditoriale. Per giocare la partita fino in fondo, però, oltre alla ragione che già c’è, serve che si manifesti, ancora in dosi maggiori che non nel passato, la vicinanza e l’impegno costante e competente di quel mondo di comitati e cittadini che già tanta iniziativa hanno prodotto sulla questione ‘I60?. Insieme si può.

Andrea Catarci

www.stop-i60.org

Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 11 – Ottobre 2015

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