Nascita borgata Tor Marancia – Festeggia 89 anni il quartiere Tor Marancia, era il 6 maggio 1933 quando il Governatorato fascista di Roma, con la delibera numero 2631, assegnò i lavori alla ditta Fratelli Giovannetti per la «costruzione di un gruppo di ricoveri per i baraccati in località Tor Marancio».
Nel periodo compreso tra l’avvento del fascismo e la seconda guerra mondiale, Roma conobbe una fase di grandissime trasformazioni di carattere urbano e urbanistico, che mutarono profondamente il volto del centro storico e consentirono alla città di espandersi a tal punto da rendere inevitabile la nascita di nuovi quartieri periferici.
Dal suburbio fino all’agro, si estendevano le dodici borgate ufficiali, costruite con l’intento di raccogliere gli abitanti della vecchia Roma medievale e rinascimentale in parte demolita dal piccone di Mussolini. Così si dava spazio alla grandezza e alla magnificenza dell’Impero, rievocato dal fascismo. Con questa vasta operazione urbanistica e demografica si allontanavano definitivamente dal centro città gli strati più poveri della popolazione per relegarli in luoghi lontani e nascosti dalle grandi arterie della circolazione urbana.

La Borgata in una foto area del 1936.

Tor Marancia nel 1952.
Un anniversario poco felice
La borgata Tor Marancia venne collocata all’interno di un avvallamento conosciuto come la Buca, a ogni pioggia si allagava proprio come al passaggio di un monsone asiatico. Da qui il soprannome Shanghai, nomignolo esotico che ancora oggi è in uso tra gli abitanti. Nella borgata vennero a viverci circa tremila persone, prive di ogni minimo servizio. Le casette costruite in fretta e con materiali scadenti non avevano i bagni ed erano coabitate da più famiglie, molte non avevano neanche la pavimentazione ma la terra battuta. Inizialmente non vi era un presidio medico, una scuola, mezzi pubblici, la difficoltà di comunicazione rendeva impossibile alla popolazione della borgata dialogare con la città e di partecipare attivamente alla vita urbana. Veniva a mancare anche la possibilità di lavorare saltuariamente, con la conseguenza della formazione di una schiera di disoccupati, così ben presto la borgata si tramutò in un luogo insalubre, segnato da miseria sociale e disperazione.
Non mancavano piccoli ladri, criminali e confinati dissidenti al regime. Uno stralcio di relazione, riportata dallo storico Luciano Villani, redatta dal fascio dell’Appia Antica nel marzo del 1935, fornisce il quadro drammatico: «La situazione sanitaria è tutt’altro che buona, specie fra i bambini dei quali moltissimi sono affetti da t.b.c., e molti casi sospetti. Il servizio sanitario è disimpegnato da un medico condotto presente soltanto il giorno, ed è insufficiente per le esigenze della zona. Sarebbe necessaria l’istituzione di un pronto soccorso permanente. Vi è molta disoccupazione (attualmente circa 350 capi famiglia). Si impone una maggiore vigilanza da parte della PS perché nella borgata risiedono una decina di vigilati speciali, nonché un altro centinaio di avanzi di galera».
Il risanamento delle borgate
Quelle che dovevano essere sistemazioni provvisorie durarono quasi vent’anni. Il malcontento della popolazione portò ad episodi di protesta, occupazioni di istituti e fabbricati, scontri con la p.s., la lotta per una casa e una vita dignitosa passò soprattutto attraverso l’Unione Donne Italiane; bisognerà attendere il 1947, a seguito della legge De Gasperi sul risanamento delle borgate. Grazie all’intercessione dei due senatori del Pci Edoardo D’Onofrio ed Emilio Sereni iniziarono i lavori che cambiarono il volto di Tor Marancia, mutandola in un quartiere con case popolari, strade nuove e servizi.
Di Giuliano MAROTTA
Vedi anche:
Tormarancio: due murales per il bar Gigi
Cosa vedere: i murales di Tormarancia





