Scoperta anche una targa per Alberto Sordi nella vecchia casa di via Vettor Fausto 34

C’era anche la banda della Polizia Locale di Roma Capitale ad impreziosire con la musica, tratta  dalle colonne sonore dei film più conosciuti del Maestro, una mattinata importante per la Garbatella: l’apposizione di una targa commemorativa nella casa del quartiere dove visse Alberto Sordi fino al 1941, in via Vettor Fausto 34.
Dopo il murales commemorativo dunque, anche una targa per celebrare l’Albertone e il 101esimo dalla nascita, dato che i cent’anni sono caduti in un anno a dir poco difficile, nel pieno della pandemia, quando organizzare cerimonie in pubblico era praticamente impossibile.
La targa ha avuto il nulla osta della Commissione Storica Capitolina, e alla cerimonia erano presenti, oltre al pubblico, la Fondazione Alberto Sordi, la Fondazione Museo Alberto Sordi e l’Associazione Alberto Sordi Onlus, oltre ai testimoni che ancora ricordano lui da bambino e la famiglia.
Sordi a quanto pare non parlò mai della Garbatella, ma il film “Mamma mia che impressione”, del 1951 diretto da Roberto Savarese, era ambientato proprio all’Oratorio San Filippo Neri, dove Don Isido’ altri non era che Padre Daelli della Congregazione omonima, riconosciuto in seguito “Giusto fra le Nazioni”, insieme a Padre Melani, per aver salvato tante famiglie ebraiche del quartiere dai rastrellamenti dei nazifascisti.


La banda ha intonato, oltre al motivetto Tanti Auguri per il compleanno dell’ Albertone nazionale, anche o Rugido do Leao, celebre tema di “Finché c’è guerra c’è speranza” (1974), scritto dal maestro Piero Piccioni e riproposto in seguito come tema musicale della sigla del programma RAI Storia di un italiano, ideato dallo stesso Sordi insieme a Giancarlo Governi, Rodolfo Sonego e Tatiana Morigi. Tra il pubblico non poteva mancare l’illustre cittadino della Garbatella Enzo Staiola, il bambino protagonista di “Ladri di biciclette”, capolavoro neorealista di Vittorio De Sica del 1948, “gli occhi azzurri più belli del cinema insieme a quelli di Sordi”, come ha ribadito la presidente dell’associazione Itaca Simonetta Greco, che è stata la vera artefice dell’intero progetto commemorativo.
Tra il pubblico ha fatto la sua comparsa anche Enrico Montesano, che fino agli anni ’70 ha abitato proprio in via Vettor Fausto, a pochi metri dalla casa della famiglia Sordi. Cappello in testa e sigaro tra le dita, rigorosamente senza mascherina, ha regalato ai presenti una serie di aneddoti e racconti di cinema, vita e calcio.
Tanta la gioia e la soddisfazione di aver potuto celebrare, sia pure con un anno di ritardo dal Centenario, Alberto Sordi e la sua gioventù, le cui strade si sono incrociate anche con quelle del nostro quartiere.

Di Stefano Baiocchi

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