Presentato all’Arcipelago “Sulla riva sinistra del Tevere”, racconti di Fabio Giardinetti

Di Anna Di Cesare

“Una città rimane un organismo vivente, anche quando invecchia male […] Una Roma affaticata, difficile, scura, abitata da violenza occasionale”: con queste parole Massimiliano Smeriglio introduce il libro “Sulla riva sinistra del Tevere” dell’esordiente Fabio Giardinetti. La presentazione si è tenuta ieri 18 maggio all’interno della biblioteca “Arcipelago”, nel quartiere Montagnola. Il luogo non è casuale: con la sua storia e la sua identità, questo sembra il quartiere ideale per presentare un libro che affonda così tanto nella realtà che l’ha prodotto.

Le dichiarazioni dell’autore

Già il titolo, oltre che a un’area geografica di Roma, fa riferimento anche a un’appartenenza politica e sociale: riva sinistra “come sinonimo di riva popolare, proletaria e impiegatizia, in contrapposizione alla riva destra, che tradizionalmente è quella dove sono concentrati i poteri della città” – spiega l’autore Fabio Giardinetti, che approda alla scrittura dopo una lunga esperienza di militanza politica e volontariato. “Il mio intento” – ha spiegato alla presentazione– “è quello di inserire la mia individualità all’interno di un particolare contesto comunitario e geografico.” Insomma un’identificazione quasi completa con i luoghi in cui vive e che ama.

 

Il libro è una raccolta di quindici racconti pubblicati lo scorso marzo dalla casa editrice l’Inedito. L’ambientazione ridotta però non deve far pensare a vicende scontate. Le storie afferiscono ai contesti più disparati e toccano i generi più diversi – dal noir realistico al fiabesco, al distopico.

Tanto che “questi racconti sono come una finestra aperta”, come li ha definiti Francesca Micacchi, conduttrice dell’evento. La crudezza della realtà emerge attraverso una scrittura leggera e personale, che si stempera “sempre in un inaspettato lieto fine, anche laddove sembra meno evidente, quasi fosse la ricerca di una sicurezza” – ha affermato l’autore.

Il legame con l’attualità della cronaca è costante. Vicende da giornale raccontate da una prospettiva personale e poetica. L’autore intende proporre una visione degli eventi diversa da quella “ufficiale”, offerta quotidianamente dalla stampa e dalla televisione. Perché, come lamenta il protagonista del racconto “La mia prima nota”, le narrazioni mediatiche rischiano di appiattire la percezione individuale del mondo che ci circonda.

“Viviamo in una società piena di incognite date dai social, senza riuscire a decodificare le fonti – per cui o è tutto vero o tutto falso” – ha riflettuto Massimiliano Smeriglio durante la presentazione. “È evidente che in un contesto del genere un qualsiasi stimolo di riflessione permette di fare un lavoro di resistenza, lavorare sulla complessità in un mondo di esemplificazioni continue tra bianco e nero, dove tutto si riduce a un mi piace o non mi piace.”

 

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