Intervista ad Antonio Rezza e Flavia Mastrella protagonisti al Palladium con “7-14-21-28”

Antonio Rezza e Flavia Mastrella, due artisti inimitabili, premiati con il Leone d’oro alla carriera alla biennale di Venezia 2018, tornano a Garbatella con “7-14-21-28”, uno spettacolo originale che nasce dall’idea di un ideogramma che si fa materia. Due sole date, 11 e 12 marzo 2023

Antonio Rezza – foto Giulio Mazzi

Intervista ad Antonio Rezza

Io vivo ad Anzio e sono una delle vittime illustri della provincia terminale italiana, che poi è provincia in tutto il mondo. Senza enfatizzarne i mali, ho conoscenza maggiore della realtà di questo paese, dove involontariamente sono nato.

Per me il confine è una restrizione del pensiero, uno nasce dove non ha deciso, e non dovrebbe conservare un’idea di patria, di confine, di famiglia, ideali cari tradizionalmente alla destra, ma concetti non scardinati dall’altra destra, quella camuffata da finta sinistra, che si millanta progressista senza esserlo. Guardo a Roma come a una città per una possibile salvezza, anche se non ho mai voluto abitarci perché, sebbene non abbia cinema e teatri, la provincia ha di positivo che ti corrompe meno.

Mi piacerebbe però avere una casa a Garbatella, che ha una dimensione più verace, una piccola città a misura più raccolta. Ne ammiro le parti più antiche, la Garbatella storica: è così che si dovrebbero realizzare case e quartieri.

Vivevo a Nettuno ma non nomino più questa città dove ci hanno cacciati poco dopo aver ricevuto il Leone d’oro e ora dico che abito ad Anzio. Qui la presenza del mare ci basta e sopperisce all’assenza di altre attività culturali che troviamo in città.

Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Non saprei dire, se hai la fortuna di avere un’ossessione lavori in base a quella. Io coltivo l’ignoranza come pratica ascetica e non conosco tanto di ciò che dovrei conoscere, forse è stata una predestinazione. Il mio sogno era diventare pilota di Formula Uno.

Il giorno dopo il diploma liceale telefonai all’autodromo di Vallelunga per sapere il costo del corso di pilotaggio; mi risposero un milione e mezzo di lire, soldi che a quei tempi non potevo spendere. Ripiegai quindi sulla carriera di attore, pensando ingenuamente che con i proventi avrei potuto pagarmi le corse.

Avevo 18 anni, allora non sapevo che con il teatro non puoi finanziare certi sogni. Paul Newman e Steve McQueen, i miei riferimenti dell’epoca che coltivavano la stessa passione per le auto veloci e le corse, potevano permettersela con i guadagni del cinema, non con il teatro. Quel sogno quindi andò in malora.

E ora vivi un’altra realtà?

Sì, insieme a Flavia. Lei inventa gli habitat, spazi teatrali abitativi su cui poi lavoro, anche per un paio d’anni, alla ricerca della forma. Io non recito, chi recita lo fa apposta, lo fa per finta, mentre uno è come è. Noi siamo ribelli dentro, contro ogni forma di istituzione gerarchica. Abbiamo una nostra macchina comunicativa indipendente basata sui social per pubblicizzare i nostri spettacoli, non vogliamo denaro dallo Stato per convincimento ideologico e politico.

Non c’è ruffianeria o interesse nei confronti degli spettatori. Possiamo essere così spavaldi proprio per il rapporto strettissimo che abbiamo con chi ci viene a vedere, che non finiremo mai di ringraziare. Il rispetto nei loro confronti si manifesta nell’assoluta indipendenza in ciò che facciamo. E non lo chiamiamo “il pubblico” perché questa è una parola semi offensiva: nessuno è pubblico, ognuno è privato di se stesso.

Sei più te stesso quando sei sul palcoscenico oppure nella vita di tutti i giorni?

Mi piacerebbe essere sempre come quando sono sul palcoscenico, però non è possibile vivere tutta la vita così, sia per lo sforzo fisico sia per l’allucinazione. Nessuno di noi può essere sempre ciò che rappresenta, che è parte di quello che si è. Allo stesso tempo deve essere esteticamente diverso, altrimenti non si crea il miracolo di qualcosa di irripetibile. È proprio quello il gioco performativo.

Non c’è bisogno di mettersi a patteggiare con un personaggio, perché non esiste un personaggio da servire. Ognuno dovrebbe vivere almeno un giorno della propria vita come lo viviamo noi. Chi non lo fa non saprà mai ciò che si perde.

Vivere così è difficile, ogni volta devi conquistare lo spazio che vuoi.

Puoi raccontare un episodio della tua carriera?

Venni invitato al Maurizio Costanzo Show. Ero giovane, avevo trent’anni e già rilasciavo interviste in cui manifestavo l’assoluta assenza di allineamento con la mentalità corrente.  Arrivato in teatro scoprii che sul palcoscenico non c’era la sedia per me. Mi spiegarono allora che dovevo entrare in scena, fare il pezzo e poi uscire. Lì per lì ci rimasi male. Poi però entrai e, dopo l’esibizione, Costanzo mi intervistò per ben 10 minuti, io in piedi e lui seduto, regalandomi grande visibilità. Apprezzai molto e mi dissi che alla fine era andata meglio così. La seconda volta che mi invitarono trovai la sedia sul palcoscenico, ma io declinai l’offerta dicendo, “no grazie, resto in piedi, farò come la volta scorsa, mi chiamate, entro, faccio il mio pezzo e poi esco”. Gli organizzatori non la presero bene, non riuscivano inoltre a capire come potevo rinunciare a due ore di visibilità statica. Inoltre avrebbero dovuto trovare un ospite seduto aggiunto! Costanzo non si espresse mai su questo fatto, però probabilmente nemmeno lui gradì questa mia scelta.

Oggi però, appena scomparso, vorrei ricordarlo non solo per il suo smisurato talento, ma anche per la sua responsabilità per i contenuti dei programmi televisivi attuali. Costanzo è stato un antesignano dell’estetica infausta. È stato lui che ha sdoganato l’idea che uno vale per quello che è, non per quello che fa. E così, anche chi non ha talento può diventare un personaggio televisivo famoso. A mio avviso la fama non serve a niente, una persona deve valere ed essere apprezzata per la sua opera, per quello che fa.

Quali sono i tuoi autori preferiti?

Leggo molto poco perché cerco di non inquinare la mia ignoranza. Ora sto leggendo Robert Walser del quale non capisco quasi niente, e lo apprezzo molto, perché se capisco mi sento un imbecille che scende a patti con chi ha scritto una cosa bella. Mi piacciono anche Emil Cioran, un irriducibile, e il drammaturgo Thomas Bernhard. Non a caso tutti gli scrittori che preferisco non riconoscono l’Istituzione.

Sei di ispirazione anarchica?

Non sono anarchico: semplicemente non nutro interesse verso i fenomeni di corruzione del pensiero. Ciò non toglie che, entrando in un discorso più politico, Alfredo Cospito andrebbe tirato fuori subito dal regime carcerario duro. Si sta facendo morire una persona solo perché rivendica il diritto di essere trattata meno duramente. Lo Stato risulta più accondiscendente con uno stupratore che non con un dissidente politico che merita la vita, così come il potere merita sempre di essere in pericolo.

Quando mai il potere si è interessato a chi subisce il potere? È giusto che il potere sia instabile, bisogna accettare chi manifesta dissenso.

Flavia Mastrella – foto Annalisa Gonnella

Intervista a Flavia Mastrella

Con la Garbatella vivo un legame estetico. È uno dei quartieri più belli di Roma, un esempio di realtà abitativa che gli architetti non hanno poi più seguito. Vivere in un ambiente armonioso rende migliori le persone che vi abitano: hanno un rapporto sano con la realtà che le circonda e diventano anche più creative.

Cerco di mettere in pratica questo gusto estetico negli habitat che creo, dove poi Antonio si esibisce. Quello di “7-14-21-28” è un ideogramma fatto materia, un lavoro che a livello estetico e formale parla dell’abbandono dell’infanzia. Credo molto in questo rapporto tra l’uomo e il suo spazio, con Antonio lavoriamo in questo senso: io compongo gli spazi e lui li vive, cosa molto rara per il teatro. Il nostro somiglia più a un rituale selvaggio che a uno spettacolo teatrale classico.

Come nascono i tuoi habitat?

Mi occupo di linguaggio estetico, comunico attraverso l’immagine, mentre Antonio usa le parole e i suoni per comunicare cose più materiali, più umane. Sono due metodi di comunicazione diversi e complementari con cui otteniamo un risultato dirompente, sia attraverso il visivo che attraverso la mente.

In pratica dove prendi i tuoi spunti creativi?

Faccio ricerche nel campo dell’arte figurativa che durano molto, anche anni. Nel caso di “7-14-21-28” ho studiato l’essenza estetica e comunicativa dell’ideogramma. Per altri spettacoli, per esempio per Fratto-X (già presentato al Palladium nel 2019, ndr), ho fotografato per anni le luci delle autostrade. Ogni lavoro richiede una ricerca figurativa. La mia preparazione è di tipo artistico, ho un amore particolare per lo spazio, per la manipolazione degli oggetti usati, non faccio altro che questo nella mia vita, una vita buttata via (ride).

Quali sono gli autori che ti ispirano?

Principalmente scultori quali Carlo Fontana, Alberto Burri, Robert Morris, il movimento Fluxus, lo scrittore e filosofo francese Guy Debord. mi interesso anche di fotografia. Mi sono nutrita di arte diversa dal teatro, di cui non conosco nulla.

Come hai incontrato Antonio?

Abitiamo nella stessa provincia, io ad Anzio, lui a Nettuno. Andai a vederlo, lui mi chiese una collaborazione, da allora non ci siamo più divisi. Siamo prima di tutto una coppia artistica: sul palco c’è Antonio in veste di attore ma anche io, con i miei habitat, comunico e mi esprimo.

Una lettura che consigli?

Alfred Kubin, un incisore, pittore e scrittore austriaco dei primi del Novecento, un grande rappresentante del Simbolismo e dell’Espressionismo che è praticamente sconosciuto. Nel suo strepitoso libro “L’altra parte” racconta di una estetica della guerra, una storia fantastica molto attinente al presente momento storico. Un racconto leggero, non drammatico, un testo fondamentale che tutti dovrebbero leggere, un autore a cui avvicinarsi.

Vorrei concludere segnalando tra i protagonisti di “7-14-21-28” la presenza di Ivan Bellavista, uno dei nostri interpreti fondamentali, incontrato quando aveva 22 anni, diventato oggi attore di grande talento.

 

Al momento della stesura di questo articolo lo spettacolo dell’11 marzo è tutto esaurito.

Di seguito i link per la replica straordinaria del 12 marzo alle ore 18.00

https://www.boxol.it/TeatroPalladium/it/advertise/7-14-21-28-rezza-mastrella/440977

https://www.rezzamastrella.com/2023/03/01/7-14-21-28-a-roma-replica-straordinaria-12-marzo/

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail