Intervista a Enzo Foschi vicesegretario regionale del Pd e candidato al collegio uninominale 2 per la Camera dei Deputati

Enzo Foschi, classe 1966, una vita spesa a sinistra, prima nel PCI ora nel Partito Democratico. È stato consigliere circoscrizionale alla Garbatella, nell’aula Giulio Cesare con Rutelli e Veltroni, quindi sette anni come consigliere Regionale alla Pisana. Ora è candidato per il collegio uninominale 2 (Pietralata, Tiburtino, Nuovo Salario, Monte Sacro) per la Camera dei Deputati.

Lei è una persona molto conosciuta a Roma per il suo ruolo nel PD, ma è conosciuta  soprattutto nel territorio dove ha fatto politica per una vita. Come mai la coalizione l’ha candidata in un altro collegio?

Siamo davanti a elezioni politiche, non si tratta di elezioni amministrative. In quanto vice segretario del Partito Democratico del Lazio ho una funzione politica generale, e quindi la scelta è stata politica. Vorrei anche ricordare che non c’è corrispondenza tra il territorio del nostro municipio e il collegio, perché Garbatella, Ostiense e San Paolo fanno parte del 1°. Tutta la parte di Tor Marancia, Montagnola, Roma 70, Ottavo Colle sono comprese nel 4° collegio. È improprio interpretare le elezioni politiche come se fossero elezioni comunali o municipali.

Non sempre però i candidati accettano di buon grado i collegi loro assegnati, la sua collega Patrizia Prestipino, ma soprattutto Monica Cirinnà, in un primo momento ha puntato i piedi in maniera decisa…

Io sono onorato di essere stato scelto, perché ho incontrato nel corso di tanti anni di attività politica persone  che senz’altro avrebbero meritato di essere candidati . Ciò mi riempie di responsabilità, ma al tempo stesso, a prescindere dall’esito elettorale, soltanto l’essere stato candidato rappresenta un riconoscimento e un onore.

Perché nel centrosinistra quando vola qualche straccio non si fa quadrato? A destra e negli altri partiti sembra tutto così rose e fiori…

Questa è la malattia del centrosinistra, non siamo capaci di fare quadrato nei momenti di bisogno, capendo che ci sono molte più istanze che ci tengono insieme di quelle che ci dividono. C’è un altro punto: il PD è l’unico partito vero che esiste. Quindi noi per approvare una lista alle politiche abbiamo dovuto riunire gli organismi regionali e nazionali. Dentro quegli organismi si è sviluppato un dibattito, un confronto, che spesso sui giornali si traduce come spaccature, liti, confusione, in realtà si tratta di dialettica democratica. In realtà dovremmo chiederci perché Berlusconi, Salvini e Meloni fanno le liste a casa propria. Perché gli altri partiti non hanno riunito nessun organismo democratico per decidere il percorso delle liste. Ciò mette al riparo questi partiti dalle polemiche pubbliche, ma in realtà è una restrizione della democrazia, sono “partiti persona”.

Anche in questa tornata elettorale il partito degli astensionisti sarà probabilmente quello che prenderà più voti. Il coinvolgimento di cittadini non professionisti della politica voluto da Grillo e Casaleggio è stato un mezzo fallimento, ma ha riportato molti di essi ad interessarsi nuovamente alla cosa pubblica.
Come può la politica tornare ad avere, non diciamo un ruolo totalizzante, ma una funzione che torni ad interessare i cittadini?

L’esperienza del Movimento 5 stelle è stato un grande fallimento. Noi romani in particolare ce ne siamo accorti di fronte al governo cittadino di Virginia Raggi. Dopodiché la domanda che bisogna porsi è perché molte persone, rifiutando la politica e i partiti tradizionali, hanno scelto il movimento di Beppe Grillo. Questo avviene perché spesso le classi dirigenti dei partiti tradizionali hanno perso la capacità di mantenere un rapporto stretto con il territorio, perdendo credibilità. Io considero il Movimento 5 stelle nella prima fase, cioè nel periodo antecedente Giuseppe Conte, il sintomo di una malattia di una democrazia che esclude e non include.

La riduzione del numero dei parlamentari non può creare una frattura ancora più grave con i cittadini? 

Senz’altro, perché se riduci il numero dei parlamentari devi rafforzare le autonomie locali. Noi siamo l’unica democrazia al mondo che ha ridotto i parlamentari e indebolito le autonomie locali. Ciò ha ridotto la rappresentanza e il radicamento delle istituzioni sul territorio. L’antipolitica è un serio danno per la democrazia.

 

Enzo Foschi, candidato alla Camera per il 2° collegio uninominale
Dica la verità, non le manca un po’ la politica che si faceva sul territorio? Gli incontri con gli abitanti del quartiere, le riunioni alla Villetta…

La politica ha un senso soltanto se vi è un rapporto con le persone, se è territoriale. È evidente che non si può ritornare a un modello che non esiste più; oggi esistono molti altri strumenti, quali ad esempio i social, l’idea che la politica si riduce ad un click è un’idea aberrante, che rifiuto totalmente. Tuttavia, nonostante sia consapevole dell’importanza dei social, continuo a pensare che guardare negli occhi le persone sia imprescindibile. È chiaro che ognuno di noi è figlio della propria storia. Io non ho mai rinnegato di provenire dal PCI di Garbatella e il modo in cui i comunisti facevano politica, quella storia, quell’approccio alla politica, la porto dentro con coerenza.

Secondo lei nel PD romano c’è una vera questione morale alla luce dei fatti di questi ultimi giorni che hanno coinvolto il capo di Gabinetto del sindaco Gualtieri? Oppure sono ascrivibili a contesti estremamente marginali?

Più che questione morale si tratta di una questione comportamentale e di coerenza. Io credo che il tema di fondo non è legato ai comportamenti dei singoli, quelli ci sono sempre stati. Il tema di fondo è che il PD ha difficoltà nel rappresentare la società reale, i cittadini che affrontano tutti i giorni i problemi della quotidianità. Il PD romano ha vissuto momenti difficili, soprattutto ai tempi di mafia capitale. Ma il PD romano di allora non è quello di oggi. È cambiato tutto il gruppo dirigente, c’è una nuova generazione. È chiaro che è difficile superare quello stereotipo, ma nel lavoro quotidiano con i cittadini abbiamo intrapreso un nuovo percorso.

La nostra città ha problemi atavici, molti di essi non risolvibili nell’immediato, ma piuttosto urgenti quali ad esempio la necessità di dotarla di un sistema di metropolitane a livello europeo.
Gualtieri, a parte qualche proclama di troppo, sembra che voglia risolvere la questione della spazzatura con il termovalorizzatore,  uno dei motivi che ha portato Giuseppe Conte a far cadere il Governo Draghi. Intanto i cinghiali scorrazzano, l’immondizia è ovunque e l’incuria domina ogni spazio verde…

Roma ha problemi enormi, uno di questi è che è una Capitale non amata dagli italiani. Roma non è come Parigi  per i francesi, non è come Londra  per gli inglesi o Berlino per i tedeschi. Lo dimostrano anche le difficoltà con cui lo Stato e il Parlamento, quando sono chiamati a sostegno della Capitale, non sempre forniscono il loro appoggio. È come se non fosse un patrimonio dell’Italia. Basti pensare che è nato un partito contro Roma, la Lega nord. Roma ha onori, ma soprattutto oneri soltanto per il fatto di essere capitale, ma risolvere alcuni di questi problemi che la affliggono necessita tempo e programmazione. È evidente che se chiudi la più grande discarica d’Europa come Malagrotta devi provare un modello alternativo. E’ impensabile che i rifiuti vengano esportati in tutto il mondo senza porsi il problema di come trasformare l’immondizia in ricchezza, diventando quindi autosufficienti nella gestione del ciclo dei rifiuti. Gualtieri ha la serietà per affrontare questo tipo di problemi, ma sarà in grado di affrontare anche altre sfide quali la candidatura di Roma all’Expo.

Virginia Raggi è stata eletta dopo che avete mandato a casa Marino e, caso unico in Italia, al secondo mandato è arrivata quarta. Non pensate che sia stato un grave errore far dimettere Marino? Anche perché era stato eletto dai romani, non esclusivamente dal PD…

È stato un grande errore mandare a casa Ignazio Marino, se noi non avessimo mandato via Marino, Virginia Raggi non avrebbe mai governato Roma. Fu un errore clamoroso quello di Renzi (allora era segretario del PD); un errore pagato giustamente nelle elezioni successive che furono una debacle per il PD. C’è da dire che gli autori e i responsabili di quella mossa hanno pagato in pieno,  visto che il congresso ha sconfitto Renzi che se ne è andato a costruire un’altra formazione politica.

Conosciamo bene la sua fede per i colori giallorossi.  Chi vincerà quest’anno il campionato di calcio?

Di certo non la Roma.

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