All’epoca dei fatti / 26 novembre 1966
Furto di strumenti al “Bar dei Gratta”
Colpo grosso quarant’anni fa ai danni del complesso dei Jaguar davanti all’ex Bar delle catene.
di Claudio D’Aquanno
Bar delle catene. Oggi c’è scritto Tabacchi …..
All’epoca dei fatti / 26 novembre 1966
Furto di strumenti al “Bar dei Gratta”
Colpo grosso quarant’anni fa ai danni del complesso dei Jaguar davanti all’ex Bar delle catene.
di Claudio D’Aquanno
Bar delle catene. Oggi c’è scritto Tabacchi …..
Tabacchi ma, nella nomina di quartiere, quel baretto che, ancora un po’ d’anni fa, adornava la punta tonda del lotto 51 alla confluenza di Via Vettor Fausto con Via Caffaro era battezzato appunto Bar delle catene. Il nome derivava, per ovvia assonanza descrittiva, dalle catenelle di ferro che legavano le colonnine poste ai bordi della proprietà Iacp e, forse, come dicono i più smaliziati, anche per la fama poco raccomandabile del posto.
Del resto pure il titolare della strada, l’architetto navale Vettor Fausto in forza all’Arsenale di Venezia, era uomo di gran cultura rinascimentale ma specializzato in Galere e, tanto per scantonare su temi letterari, proprio Bar dei Gratta è chiamato il posto nel romanzo “Una vita violenta”.
Pasolini lo identifica così e ne fa il capolinea d’una delle scarrozzate di Tommasino che, partito da Pietralata col Paino e Zimmio e gli altri, passata Porta San Paolo e i Mercati, entra in una Garbatella d’inizio anni 50 alquanto buia, isolata in mezzo a prati nudi con cantieri aperti un po’ ovunque.”All’angolo – scrive il poeta – con tante cappe e punte e piena d’abbaini, c’era una pizzeria e un baretto con un ingressetto a pergolato … Nel baretto dei Gratta era radunata tutta la gioventù che abitava in quei caseggiati.
Come Tommaso e i soci imboccarono la Garbante videro per prima cosa la luce al neon del baretto, sola in mezzo a tutto quel nero della notte”. La pizzeria citata è quella di Nati che occupava il 10 di Via Caffaro, oggi sede dell’ Associazione Culturale Altrevie, ed era tra le più note del quartiere. Se la batteva, per traffico di fagottari e prezzi da Circolo San Pietro, con tutte le altre della zona.
Era la preferita anche dalla truppa di pallonari che bazzicavano il campo di calcio Mario Sonzini, un rettangolo di gioco questo, tutto polvere e furia pischella, che si trovava lì davanti e dove Pasolini buttava spesso un’occhiata indugiando, con la sua memoria a cinepresa, tra campi lunghi e primi piani di volti coatti. Al Bar dei Gratta nel romanzo è ambientato il primo scontro tra la batteria di Tommasino e il gruppo dello Shangaino, uno con la divisa da fattorino e “la risata sifilitica”, che sfocerà poi in rissa con tanto di coltellata.
Un repentino salto dalla finzione alla realtà ce lo offre allora qualche ritaglio di giornale datato 26 novembre 1966 dove è raccontata una vicenda che coinvolse il complesso dei Jaguars. I titoli del “Paese Sera” e de “L’Unità” strillano a tutta pagina sul tentativo di fuga dal Policlinico d’un detenuto arrestato per “un singolare furto di trombe, chitarre elettriche e tamburi ai danni di un complesso ye ye”.
Più d’effetto il titolo di “Big”, il settimanale giovane, che sul numero di dicembre parla de “Il
nemico dei Giaguari”. Il luogo del misfatto, pur nella cronaca alquanto arronzata, è individuato con precisione ed è il bar di Via Caffaro. Lì davanti, all’una di notte, dopo una giornata passata in sala d’incisione, avevano parcheggiato l’auto con tutti gli attrezzi del mestiere i quattro capelloni prima di andare a farsi una spaghettata a casa di Silvio Settimi, voce solista della band.
Al ritorno l’inevitabile sorpresa: porte aperte, macchina svuotata, strumenti spariti e buonanotte ai suonatori.
“Quel giorno – ricorda ancora Silvio – avevamo registrato “Il treno della morte” e “Il tempo passerà” ed eravamo belli carichi.
Cominciavamo a raffinare la nostra produzione e dopo le cover dei Beach Boys sperimentavamo pezzi più inglesi o addirittura con influenze soul o blues. Ma finita la cena Pino, Giovanni e Luigi se ne andarono e trovarono la macchina alleggerita. Eravamo rovinati. Tutti i programmi pensati, tutti gli impegni di lavoro, s’andavano a farsi benedire”.
La vicenda sa un po’ di Ladri di biciclette ma il finale, almeno per i Jaguars, è alquanto diverso da quello del film di De Sica. “Beh – riprende Silvio – alla fine i ladri furono beccati e noi riuscimmo a recuperare quasi tutto. E comunque il punto di partenza di tutta l’avventura fu appunto il famoso .Bar delle Catene.
Alla fine degli anni 50 il posto era diventato un macello. Lì davanti si radunavano frotte di Motom 48 truccati che si sfidavano in corse notturne pericolose e piene di caciara. Qualche volta si fermava Maurizio Arena, comprava una stecca di sigarette, poi saliva su una Cadillac lunghissima e se ne andava. Dopo andò sempre peggio con certi soggetti, magari rubagalline o altri meno malavitosi, che si chiamavano Sayonara, Saulle, Ragnetto, er Niccio eccetera. Insomma fu proprio in questa situazione che, a noi Jaguars, quella sera di novembre del 66 grattarono, è il caso di dire, la macchina con tutto l’armamentario.
Compreso pure il mio Fender Bandmaster nuovo nuovo …”.
Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 5 -Dicembre 2008