Alla Villetta una targa ai patrioti comunisti
Un’iniziativa del Municipio. Inaugurata il 4 giugno, anniversario della Liberazione di Roma, alla presenza dei familiari e di un folto pubblico di antifascisti
di Gianni Rivolta
Ifamiliari chiedevano da tempo che si raccogliessero in un unico ricordo tutti i partigiani e i patrioti comunisti della Garbatella. Così, il 4 giugno scorso, nella ricorrenza della Liberazione di Roma, alla Villetta è stata scoperta una targa con un lungo elenco di nomi incisi sul marmo, All’iniziativa del Municipio e del suo presidente Andrea Catarci hanno risposto in tanti. Tra i cittadini non potevano mancare i figli e i nipoti di quegli antifascisti che, nella notte tra il 3 e il 4 giugno, prima che le colonne alleate arrivassero in città, con le armi in pugno diedero l’assalto alla sede del Fascio della Garbatella in Via Passino 26. Da quel giorno la Villetta è stata la casa dei comunisti del quartiere ed ancora oggi rappresenta un luogo d’incontro e di riflessione della Sinistra romana.
In quel lungo elenco dei partigiani comunisti c’erano tutti i componenti del nucleo di Garbatella della VII Zona del Pci, che si era costituita nei giorni seguenti l’8 settembre 1943. In ordine Armando Bartolucci detto “il Manciola”, Mario Bernardi, Elio Brini, Giuseppe Cinelli (martire alle Fosse Ardeatine), Andrea Coltellacci, Silvio Coltellacci, Lamberto Cristiani, Garibaldi Dobici, Giuseppe Lombardi, Orlando Lombardi, Gastone Mazzoni, Maceo Moretti, Libero Natalini, Alberto Polimanti, Mario Polimanti, Spartaco Proietti, Maria Teresa Regard (componente dei Gap centrali che continuò la sua militanza politica nella sezione comunista della Garbatella), Reval Romani, Amleto Rossi e Filippo Veneri.
La VII Zona era costituita, secondo le carte lasciate da Roberto Forti, comandante romano dei Gap insieme a Trombadori, da 278 unità di Ostiense, Garbatella, San Paolo, San Saba, Testaccio e Acilia. I patrioti e i partigiani combattenti erano organizzati in due battaglioni guidati da un direttivo politico-militare formato da Giuseppe Regis (comandante militare), dal commissario politico Giovanni Valdarchi (che sostituì Salvatore Petronari arrestato l’8 ottobre 1943 e fucilato a Forte Bravetta il 20 gennaio del ’44), dal suo vice Giuseppe Lombardi e dal leader degli operai delle Officine del gas Virgilio Bologna.
In coda a quel lungo elenco di resistenti si è voluto ricordare anche gli antifascisti che operarono nella rete clandestina del partito comunista negli anni Trenta, che sfidarono la repressione fascista del Tribunale speciale e subirono il carcere e il confino: Giuseppe Menenti, Alberto Pallone e Renato Pini.
Nell’autunno del 1928, in seguito all’arresto di Giuseppe Amoretti e di Anna Bessone (quest’ultima arrestata in un appartamento di Via Panisperna con due valigie piene di documenti, tra cui le istruzioni della Centrale, materiale di propaganda e i fondi del III ufficio del Pci), furono fermati tutti i membri del Comitato federale di Roma: Daniele Bellanti, Fernando Nuccitelli, Enrico Ciarniello del Comitato giovani comunisti, Renato Pini, un muratore originario di Bologna che abitava al lotto 32 della Garbatella, Ariosto Gabrielli Caposettore di Testaccio e altri militanti.
Renato Pini fu condannato al confino all’isola di Ponza. Quando tornò alla Garbatella nel 1931 continuò l’attività sovversiva e un anno dopo decise di espatriare. Da Zurigo passò in Francia e poi nel 1938 attraversò l’oceano e andò a risiedere a New York nel quartiere del Bronx. E’ rimasta di Renato una folta corrispondenza con la madre Teresa, alla Garbatella, con cui ebbe uno strettissimo rapporto.
Giuseppe Menenti abitava in via Francesco Saverio Cabrini al lotto 32. Già nel 1928 faceva parte della quinta cellula territoriale comunista del VII Settore (Garbatella-Testaccio), quella delle Officine del Gas, di cui divenne segretario. Giuseppe era in contatto con Fernando Nuccitelli, uno dei maggiori organizzatori del partito a Roma. Lo incontrava spesso nella bottiglieria di Via Macerata dove Giuseppe ritirava il materiale di propaganda e veniva istruito sul nuovo metodo clandestino di organizzazione, “a catena “.
Alberto Pallone venne ad abitare all’Albergo rosso della Garbatella solo dopo la guerra. La sua vita fu un’avventura. Per sfuggire alla repressione fascista nel suo paese (Sgurgola) nel 1925, con il fratello Elio, fuggì in Francia e poi in Canada. Le note della polizia politica fino al 1936 lo seguono negli Stati Uniti, dove fu attivo nell’organizzazione di cellule comuniste tra Detroit, Cleveland e nel Bronx a New York. Ma un comunista come lui, come tanti altri da ogni parte del mondo, non seppe resistere al richiamo della Spagna rossa. Così nel 1937 Alberto è ad Albacete e nei mesi seguenti a
combattere nelle Brigate internazionali.
Dopo la sconfitta della Repubblica democratica spagnola rientrò in Francia, dove fu imprigionato nel campo di concentramento di Vernet fino al 1942. Riconsegnato alla gendarmeria italiana al confine con la Francia, venne portato in carcere a Frosinone. Lo aspettavano cinque anni di confino a Ventotene, dove rimase fino al 28 agosto del 1943, quando fu liberato un mese dopo la caduta di Mussolini. Finalmente fece ritorno a casa e dopo il matrimonio si trasferì con la moglie agli Alberghi suburbani della Garbatella.
Nel dopoguerra fece una instancabile opera di organizzazione e di diffusione della stampa comunista nel quartiere popolare dell’Icp, guadagnandosi la stima dei dirigenti della sezione Garbatella e di tutti i compagni della Villetta.





