Quei giochi di una volta: nizza, nascondarella, figurine e palline di coccio
Di Paola Borghesi
Nell’era del digitale videogiochi, tablet e smartphone hanno soppiantato da anni i passatempi all’aria aperta, le partitelle a pallone, a palla prigioniera o la classica campana. Facciamo un salto indietro, nel passato. E proviamo ad immaginare il lotto 8, quello progettato dall’architetto Plinio Marconi, al tempo della guerra, nei primi anni Quaranta. Tra via Fincati e via Ansaldo non c’erano cancellate ( il ferro serviva alla patria per farne cannoni) nè giardini fioriti. In ogni piccolo appezzamento gli inquilini ricavavano orti di guerra per autoprodurre insalate, zucchine e pomodori. Ma anche in quei minuscoli quadrati di terra i bambini di allora trovavano il modo di divertirsi scavando in mezzo alle verdure piccoli circuiti dove far scorrere a schicchere le palline di coccio. Obiettivo arrivare primi al traguardo individuato nella zucca più grande o vicino alla pianta di cetrioli. E giocavano accucciati fino a che non arrivava qualche adulto urlando: “Disgraziati… se ve pijo” e allora era un fuggi fuggi generale tra grida, risate e confusione. Si perché i bambini del lotto 8 negli anni Quaranta erano parecchi, una trentina circa tra le 100 famiglie che abitavano nelle sette scale. C’erano Bruno, Gastone e Robertino – ricorda un vecchio abitante del lotto-un trio inseparabile. Scorrazzavano tutto il giorno dentro e fuori lo stabile alla ricerca di cibo da mangiare, cose semplici tipo i cardi, di cui divoravano l’interno come se fosse una leccornia, tanta era la fame. Con la tessera avevano diritto a una “ciriola” al giorno, mentre quella che ricevevano a scuola, insieme alla minestra, dovevano portarla a casa per dividerla con il resto della famiglia. Ma giocando riuscivano anche a dimenticarsi della fame almeno per un po’, e allora via a fare gare di “nizza” , dei piccoli pezzi di legno lanciati con dei bastoni ricavati dai rami più bassi. “A chi lancia più lontano !” E che goduria prendere di mira quello che chiamavano “er federale” sempre rigidamente in divisa, che abitava al secondo piano della scala D. E quando qualcuno riusciva a colpirlo, al furente “Chi è stato?” rispondeva un coro di trenta pernacchie dai vari nascondigli in mezzo al lotto.

La prima magnolia, quella di fronte alla scala E, all’epoca era ancora bassa e per quanto fosse vietatissimo, qualcuno ogni tanto riusciva ad arrampicarsi almeno sui primi rami, finché una delle madri dalla finestra urlava : “Scenni giù che se te fai male te ce meno sopra”. A calcio non si poteva giocare, ma i maschietti non resistevano, il pallone se lo facevano da soli con gli stracci che rubavano in casa, e ogni tanto una partitella era assicurata. Certo, arrivava il portiere che sequestrava quella povera palla e cacciava via tutti. Le bambine invece si mettevano a giocare tra la scala B e la scala C , ognuna portava la sua bambola e non l’abbandonava nemmeno quando si decideva di giocare a campana sui lastroni, che sembravano proprio messi lì per quel gioco.
A nascondino poi partecipavano tutti senza distinzioni di età e di sesso. Si poteva andare avanti per ore prima di sentir gridare “tana libera tutti”, tanti erano i nascondigli possibili. E quando suonava la sirena e si sentiva il rombo degli aerei i ragazzini si chiamavano tra loro a raccolta e si precipitavano sotto alla scala D, alle fontane, che diventavano il rifugio antiaereo per gli abitanti dello stabile Icp. Intorno al lotto 8 all’epoca non c’era niente, nessun’altra abitazione. Ogni tanto si usciva a frotte per andare a vedere la locomotiva a vapore che trainava i vagoni verso i mercati generali, sull’Ostiense, fino a via Pellegrino Matteucci, dove c’era il vigile che bloccava i pedoni per far passare il treno. Che gioia quando il macchinista, per far contenti i ragazzini tirava la corda che faceva partire un fiotto di vapore con un fortissimo fischio.
E quando alla Garbatella arrivarono gli americani, da una jeep fermatasi davanti alla farmacia lanciarono una manciata di gomme da masticare ai bambini del lotto accorsi a curiosare. “Ma quale masticare…noi se le semo magnate tutte…erano così dolci…”
Facciamo un salto di una ventina d’anni. Siamo ora nella metà degli anni ’60, in pieno baby boom. E infatti i ragazzini dello stabile di via Luigi Fincati sono diventati 70 ! Ne citiamo solo alcuni : Bibi, Wilma, Plinio, Maria Grazia, Roberto, Nicola, Massimiliano, Laura, Cristina, Francesca, Roberta, Bruno, Antonella e le sue sorelle, Pierpaolo, Gianluca e infine Giorgio che nel lotto 8 ci è nato e che con entusiasmo ci racconta dei giochi della sua infanzia:
Immaginiamo che cosa può diventare la “nasconnarella” quando si è così tanti ! La “tana” era una pietra rettangolare che stava tra la scala B e la “Teti” il portone di legno, sempre chiuso, punto di riferimento per tutti (“se vedemo alla Teti”). Sulla tana si faceva la conta, con Ponte Ponente e ponte pi, tappe tapperugia… E chi “s’accecava” contava fino a 10 per ogni ragazzino, più 10 per la tana…avoja a contà….. Le scale ancora non avevano portoni, era tutto aperto; gli scantinati erano accessibili e ottimi come nascondigli, che erano bui e misteriosi. Chi, dopo ore, faceva “tana libera tutti” era l’eroe del giorno.
Si continuava a non poter giocare a pallone, ma i vari portieri il Sor Alfredo, il Sor Giulio, ecc. che si sono avvicendati, continuavano a sequestrare palloni di carta e scotch, che regolarmente ricomparivano dopo pochi giorni. Il Sor Giulio era particolarmente inflessibile con i ragazzini perché era un ottimo giardiniere orgoglioso delle sue piante, e mai il lotto 8 è stato così fiorente come durante il suo portierato. Però chiudeva un occhio se la palla veniva usata per giocare a “palla prigioniera”.
Alle 19, massimo 19,30 il fischietto del portiere era il segnale della fine dei giochi, ognuno doveva salutare gli amici e rientrare a casa propria.
Mentre a campana si giocava sulle piattaforme di marmo ai lati della scala D e davanti alla scala B, dall’altra parte del cortile, davanti al gradino della “Teti”, si giocava a “lecco”, con le figurine. Ogni ragazzino metteva 10 figurine con sopra un lecco (un pezzo di mattonella) : 4 ragazzini, un pacchetto di 40 figurine; poi con una piastrella ognuno a turno tirava per spostare il lecco, e chi si avvicinava di più con la sua piastrella al lecco vinceva le figurine. Sempre con le figurine si giocava a PAH!! : consisteva in un’alitata sulle figurine al grido di “Pha!” appunto; se le figurine si rigiravano erano tue.
Ai tempi del Sor Giulio il gioco della nizza era stato bandito perché troppe erano state le finestre rotte dai pezzi di legno battuti con forza “a chi tira più lontano”. Ma altri giochi fervevano, e in tutto lo stabile riecheggiava: “Regina reginella quanti passi devo fare per arrivare al tuo castello con la fede e con l’anello?” Oppure, un po’ più in là c’era il gruppetto che giocava a “uno , due, tre…stella!”.
E nelle giornate di primavera ci si organizzava a squadre e si facevano “le olimpiadi” che consistevano in gare di corsa e di salto in lungo. Nei pomeriggi d’estate invece ogni tanto si organizzava “il pranzetto”, che era in realtà una merenda a cui ognuno partecipava portando qualcosa : un pugno di olive, i pescetti di liquirizia, un cartoccio di fusaje. Le fusaje si compravano dal tizio che ogni tanto passava e le vendeva a 10 lire al cartoccio, una schedina di totocalcio usata (erano tempi in cui l’igiene aveva un significato diverso). Quando il tizio si affacciava al portone gridando “Fusajeeee!!”, un coro di ragazzini rispondeva “Màgnatele!”, ma poi correvano dalle madri a farsi dare 10 lire per un cartoccio e partecipare al “pranzetto”.
Ed eccoci ai mondiali di calcio del 1970. La gara è farsi comprare dalle madri una maglietta azzurra e cucirci sopra ognuno per sé il numero del calciatore preferito, usando rimasugli si stoffa e similpelle. E che gioia sfoggiare le magliette per il lotto e gridare tutti insieme “Forza Italia!!”
Ormai sono tutti un po’ più grandi, hanno fatto amicizia con quelli del lotto 9 con i quali si vedono alla fontanella davanti a Foschi, al grido: “Annamo da nasone, pago da bere a tutti”
Nella foto 1 due “regazzini” al tempo di guerra posano davanti alla farmacia (datata 1944) Nella foto 2 la famiglia Guidoni della scala D è in posa sulla terrazza del lotto 8 (datata tra il 1935 e il 1937). Le bambole sono di diritto nella foto di famiglia, e anche le racchette da ping pong, impugnate dai due bambini in prima fila.





