Di Anna Di Cesare
L’8 marzo di dieci anni fa Padre Guido Chiaravalli compiva 87 anni. Una vita durata quasi un secolo dedicata ai ragazzi, soprattutto nel cinquantennio trascorso alla Garbatella. Al momento della scomparsa, Padre Guido era un uomo debilitato da una lunga malattia che lo costringeva a percorrere in sedia a rotelle lo spiazzo polveroso e assolato dell’oratorio, gli ambienti angusti e freddi della Chiesoletta. Ma lo sguardo restava tenace, gli occhi di chi si è sempre rimboccato le maniche senza sfuggire alla realtà. “Era un uomo straordinario” ricorda Paolo Moccia, veterano dell’oratorio, suo vecchio amico e collaboratore, “a volte mi diceva: pensaci tu all’oratorio, io vado in sacrestia. Ecco, per me Padre Guido non è morto, è ancora lì: in sacrestia.”
Ma cosa rende il ricordo di un uomo così duraturo? Molte iniziative da lui promosse sono morte nel tempo (i concerti rock nello scantinato della Baronio, le misurazioni meteorologiche nel cortile della scuola, le gite estive a Torvajanica), i suoi ragazzi sono cresciuti, i bambini che adesso varcano la porta verde del San Filippo Neri per fare una partita a calcio o a biliardino non l’hanno conosciuto. Eppure “Garbatella ti ricorda sempre” recita uno striscione appeso sul muro esterno dell’edificio.
Giunto a Roma nel 1957, Guido Chiaravalli apprezzava dei romani la cordialità, la capacità di accontentarsi e il buonsenso pratico. Si definì “garbatellese tra i garbatellesi”, laddove “i romani de Roma” lo chiamavano semplicemente “er prete”, appellativo bonario e confidenziale, vagamente caustico come caustico è l’affetto dei romani. I fedeli lo apprezzavano per la semplicità e la concretezza, i ragazzi per la generosità e l’entusiasmo. Capace di raccogliersi in preghiera così come di correre dietro a un pallone, Padre Guido sapeva andare incontro alle esigenze dei luoghi, dei tempi, delle persone. Non obbligava i ragazzi a partecipare alla messa, pur cercando di coinvolgerli; considerava l’oratorio un’opera di carità gratuita rivolta soprattutto alle famiglie in difficoltà che – nella Garbatella anni ’50 – sicuramente non mancavano. Continuatore di Padre Melani, introdusse importanti novità: aprì l’oratorio e la scuola media alle ragazze, incoraggiò i giovani a viaggiare, a vedere il mondo, autorizzò concertini di rock e blues nei locali ipogei della Baronio.
Ma Padre Guido amava anche il silenzio e la natura. “Insegnava ai bambini a osservare le piante. Era cent’anni avanti” ci ha raccontato Paolo, mostrando le cisterne per la raccolta dell’acqua piovana che Padre Guido fece istallare ai due capi del campetto da calcio. “E questo è niente. Si era fatto arrivare da fuori una compostiera, che aveva piazzato nel cortile della scuola media. Era un uomo pratico, concreto, geniale.” Non tutti sanno che a Padre Guido risale anche il caminetto nella sala da pingpong. “Un giorno ci ha visto cuocere delle castagne in fondo al campetto” ha proseguito Paolo. “Ma che belle queste castagne, ci ha detto, e ci ha costruito il caminetto.”
Un uomo generoso e presente, di profonda cultura ma anche grande semplicità, rigoroso ma senza pretese, serio in chiesa e alla mano tra la gente. “A Padre Guido piaceva molto fare scherzi” raccontano all’oratorio. La sua vittima preferita, a quanto pare, era Gabriele, il sacrestano detto Er faciolo a cui, scherzi a parte, Padre Guido voleva molto bene: nel 2007 per i cinquant’anni di sacerdozio, fu proprio Gabriele a servire la messa.
Proveniente da un ambiente distante anni luce dalla Borgata Giardino (città del nord, famiglia facoltosa), riusciva a parlare con tutti e comprendere tutto. “A giugno partivamo con tre pulmini in gita per Torvajanica” ha proseguito Paolo. “Eravamo tre ragazzini per sedile, e una volta arrivati a chi mancava una cosa, a chi un’altra. Ma Padre Guido lo sapeva, pagava tutto di tasca sua.” Per l’iscrizione alla colonia estiva sostituì la retta obbligatoria con un’offerta volontaria a busta chiusa. All’inizio furono in molti a mostrare perplessità, gli stessi ragazzi consideravano la bella iniziativa destinata a morire. Ma poi le gite si ripeterono per anni e il tempo diede ragione a Padre Guido.
Di queste sfide e di queste vittorie sono costellati i 57 anni che il prete meneghino trascorse alla Garbatella. Cinquantasette anni che rivivono nei quaderni che ha continuamente riempito di annotazioni. Certo, come ogni cosa, anche questo ricordo è destinato a sbiadire. Arriverà un giorno in cui la sua ombra smetterà di aleggiare sul quartiere come una specie di angelo custode. Eppure, per ora è ancora tra noi. “Padre Guido non si può raccontare” ha continuato Paolo Moccia. E chissà cosa dirà il vescovo Apicella, che il 20 aprile alle 18:30 celebrerà una messa in suffragio. Se la chiesa sarà piena, com’è stato il giorno del funerale, Padre Guido vivrà ancora a lungo, vivrà in chi lo ricorda.