Archeologia industriale nel quartiere Ostiense Smantellata la tramoggia Italgas
Caricava il carbone nei forni
di Flavio Conia
Quando pensiamo ad un bene culturale solitamente ci viene in mente qualcosa di bello, esteticamente rilevante, qualcosa che abbia un valore artistico.
Raramente riusciamo ad andare aldilà della natura estetizzata del bene culturale, difficilmente consideriamo (o conosciamo) la vera definizione di “bene culturale” che va ad includere i beni che siano «testimonianze aventi valore di civiltà» (Dlgs 22/01/2004, n. 42 art. 2 comma 2).
Riportando questa definizione alla nostra vita quotidiana, al nostro vivere la città, possiamo spiegare queste semplici parole andando a prendere come esempio l’archeologia industriale dell’area Italgas nel quartiere Ostiense. Un’area ed un quartiere di grande fascino, sotto i riflettori del cinema, delle arti visive, della movida: ciò che ha smosso l’attenzione di tanti verso questo quartiere di Roma è sicuramente in modo primario la presenza del complesso di archeologia industriale che è composto dai gasometri e dal resto degli impianti presenti tra Via del Commercio e Via di Riva Ostiense. Orami simboli, elementi inconfondibili del paesaggio urbano, presenze importanti nello skyline cittadino, le tramogge, i forni e le strutture ad essi connesse segnano il passato ed il presente di una delle aree urbane più affascinanti di Roma. Passato e presente dunque, ma sul futuro chi può dirlo.
L’abbattimento di una tramoggia oramai pericolante presente nell’area limitrofa al fiume avvenuto nel mese di novembre deve riportare l’attenzione sul perché è un dovere di tutti vigilare perché l’archeologia industriale vada conservata e tutelata al meglio: una tramoggia non è bella, non è un quadro di Sironi, non è un Tiziano, ma è lo strumento più semplice che abbiamo per raccontare ai più giovani cosa voleva dire agli inizi del Novecento far nascere la Roma contemporanea, è il mezzo più diretto a nostra disposizione per dimostrare l’ingegno dell’uomo e la sua idea di sviluppo economico ed urbano.
Questi vecchi edifici parlano, raccontano storie che aprono a racconti antropologicamente fondamentali per comprendere la crescita sociale della popolazione di Roma, descrivono unitariamente, nel loro complesso, la manifestazione di una cittadella industriale (l’area Ostiense – Portuense) che stenta ad oggi a dimostrarsi unitariamente agli occhi dei cittadini.
Italgas ha in mano un patrimonio unico, che va valorizzato e messo a disposizione di tutti i cittadini e le cittadine, perché possa essere palese la passata vocazione di quest’area in modo da restituire il passato al futuro.
La ex Centrale elettrica Montemartini è l’esempio lampante della buona politica applicata agli spazi ex industriali: riunire in un unico sito, anche virtuale, anche attraverso politiche di corretta valorizzazione, l’attuale museo con l’area Italgas, i Mercati Generali, il complesso dell’Istituto Superiore Antincendi (splendidamente conservato), l’ex Miralanza, il Ponte di Ferro, il Teatro India sarebbe il modo corretto di ridare a Roma la dimensione di ciò che è stato questo territorio e come si è trasformato.
Ricostruire un legame, un filo rosso che sia guidato dalla valorizzazione dell’esistente, mirando ad informare, a potenziare il turismo locale, nazionale ed estero, andando a dare nuova anima ai luoghi, lasciandoli però liberi di raccontarci ciò che erano.
Difendere l’archeologia industriale significa parlare di lavoratori, di storie di fabbrica che non conosciamo abbastanza, racconti di Resistenza che rimangono taciuti. Il Gasometro è un bellissimo simbolo per Roma, ma prima di essere illuminato per la Notte Bianca è stato ben altro. Questa storia forse ci resta da raccontarla al meglio, finché siamo in tempo, fino a che non sarà tutto troppo pericolante, fino a quando non sarà tutto irrimediabilmente compromesso, com’è stato per la tramoggia di Riva Ostiense. Era testimonianza di civiltà, ma forse non abbastanza.
Copyright tutti i diritti riservati – Cara Garbatella Anno 11 – Dicembre 2015





